Viaggio a vuoto di Netanyahu: la Russia fornirà i missili alla Siria. Come da contratti con Urss

di Enrico Oliari

Putin netanyahu grandeÈ caduta nel vuoto la richiesta del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, rivolta al presidente russo, Vladimir Putin, di bloccare la vendita delle batterie missilistiche S-300 al governo siriano di Bashar al-Assad, motivo per cui i due si sono incontrati a Sochi: nonostante il conflitto in atto, la Russia persegue nel vendere armi a Damasco compresi, come già aveva preannunciato il capo del Cremlino, i missili in questione, come da accordi stipulati precedentemente al conflitto.
Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha infatti comunicato in occasione di una conferenza stampa che “La questione dei missili S-300 è stata sollevata e la Russia ha presentato i suoi argomenti, che sono ben noti”. A quanto riferito da Peskov, la parte israeliana ha compreso la posizione di Mosca e il colloquio tra i due leader è andato “bene”.
I timori di Netanyahu riguardano la possibilità che le armi possano venire impiegate, una volta caduto il regime, da parte degli insorti contro Israele, anche perché nella galassia dei gruppi ribelli ve ne sono diversi, fra i quali gli jihadisti di al-Nursa, che non hanno mai fatto mistero del loro antisionismo.
Anche un’eventuale salita al potere dei Fratelli Musulmani potrebbe rappresentate un problema per Tel Aviv, non solo ed le forniture di gas, bensì anche perché lo stato ebraico si troverebbe schiacciato fra il martello siriano e l’incudine egiziana.
Tale minaccia sarebbe alla base di una posizione abbastanza ambigua di Israele nei confronti del conflitto interno della Siria, mentre sullo sfondo rimane, oltre alla questione delle forniture di gas, anche quella del Golan, verso la cui occupazione gli al-Assad si sono da sempre mostrati ‘tiepidi’.
Esattamente un anno fa al largo delle coste scozzesi era stata fermata una nave cargo russa, la ‘Alaed’, la quale aveva l’assicurazione scaduta. Nelle stive vi erano batterie antiaeree ed elicotteri Mi-25′ per cui il mezzo era stato costretto a rientrare a Kalinigrad per poi ripartire, pochi giorni, dopo, alla volta del porto siriano di Tartus.
Intervistato dal quotidiano egiziano al-Ahram, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva spiegato che “attualmente, noi portiamo a compimento i nostri impegni precedenti, relativi principalmente alla fornitura di sistemi di difesa aerea. (…) Tali armi sono di natura difensiva e non in conflitto con gli obblighi internazionali”.
A quanto si era potuto appurare, i “precedenti impegni” a cui alludeva Lavrov sarebbero risaliti addirittura all’epoca dell’Unione Sovietica e quindi a poco era valso l’annuncio, fatto all’inizio del 2012, secondo cui la Russia avrebbe sospeso la vendita di armi al regime di Bashar al-Assad.