Washington revoca alla Birmania alcune sanzioni. Ma continuano gli scontri interetnici

Notizie Geopolitiche
myamarWashington ha revocato alla Birmania alcune sanzioni imposte nel 1996, durante l’amministrazione Clinton, che impedivano  ai membri della ex giunta militare, ai loro soci in affari e ai loro parenti di ottenere il visto d’ingresso negli Strati Uniti. Questi divieti dovevano incoraggiare e rafforzare il processo di riforma in Birmania, nonché essere una protesta simbolica contro una politica che negava le libertà fondamentali ai cittadini birmani che, se in contrasto col regime, erano puniti con la reclusione o peggio. Ora l’amministrazione Obama riconosce gli enormi progressi fatti per invertire decenni di politiche repressive e dal 2011, anno di nomina del nuovo presidente Thein Sein, vi è stata la liberazione di migliaia di prigionieri politici con una maggiore libertà di espressione politica. Nonostante ciò, però, permane da parte della Casa BIianca la preoccupazione che le nascenti riforme siano vulnerabili a elementi interni della Birmania che si oppongono ad una transizione democratica.
Il paese continua a soffrire per la violenza etnica e settaria. I più recenti casi sono avvenuti nella cittadina di Oakkan, a circa 60 km a nord di Yangon, nel centro della Birmania: una donna mussulmana urta un giovane monaco di 11 anni e gli fa cadere la ciotola per le elemosine. Questo è bastato a scatenare una serie di violenze tra buddisti e mussulmani. Le conseguenze sono state un morto, decine di feriti, case bruciate e una moschea rasa al suolo. I testimoni raccontano di numerose persone giunte in moto che hanno distrutto la moschea. Gli abitanti di entrambe le etnie sono fuggiti spaventati, nessuno ha opposto resistenza. Viene denunciata la mancanza delle forze dell’ordine, che si sono presentate parecchio tempo dopo lo scoppio dei tafferugli. Già a marzo vi erano stati almeno 43 morti e molti erano rimasti senza casa nella città di Meiktila.
Questo sembra gettare un’ombra sulle riforme intraprese da un governo civile insediatosi dopo cinque decenni di dittatura militare brutale. Gruppi per i diritti umani denunciano che militari birmani e forze di sicurezza continuano a compiere gravi violazioni delle libertà fondamentali contro le minoranze etniche, bisognerà quindi indagare ulteriormente sul sistema di impunità nel corso della escalation di violenza e di pulizia etnica del governo birmano.