Yemen. Instabilità e ostruzione mondiale

di Carmine Stabile

A seguito dell’attacco di Hamas allo Stato israeliano è ancora tensione altissima in Medio Oriente. Nuovamente risuonano le sirene d’allarme internazionale sul fronte diplomatico-bellico. Questa regione rappresenta una cornice che racchiude un “ostacolo” per le democrazie occidentali in termini di approccio e correlazioni internazionali. Il contesto storico-situazionale ha generato continue tensioni e instabilità di carattere bellico, alimentati da politiche di governo corrotte che hanno logorato ogni sintomatologia di lotta per “Le libertà”. Quest’ultima è stata stroncata dalla proliferazione di gruppi terroristici che hanno assunto il controllo, rendendo ancora più ostica la comprensione e la gestione delle crisi, trasformandosi nel corso dei decenni in un “scoglio internazionale”.
Lo scoppio del conflitto israelo-palestinese dell’ottobre scorso ha risvegliato la rete delle alleanze paramilitari sciite. Quest’alleanza è composta dai seguenti gruppi: Kata’ib Hezbollah (brigate di Dio); Asa’ib Ahl al-Haq (Rete Khazali); Harakat Hezbollah al-Nujaba (Il Movimento Nujaba) e dagli Huthi.
Gli Huthi, anche conosciuti come “partigiani di Dio”, sono un gruppo armato prevalentemente “sciita zaydita”, ossia una variante dello sciismo islamico diffuso in maniera specifica nello Yemen.
Lo Yemen è uno stato della penisola arabica che confina a nord con l’Arabia Saudita, a est con l’Oman, a sud con il Mar Rosso e a ovest con il golfo di Aden.
Il movimento Huthi è guidato da Abdul-Malik Badruldeen al-Houthi, che inseguito all’assassinio di Hussein al-Houthi ha preso le redini del governo. La politica ideologica degli Huthi è chiara: contrasto agli USA e ad Israele. Proprio questa linea di governo li portò ad assumere posizioni ben chiare in seguito allo scoppio del conflitto palestinese. Si prestarono fedeli sin dall’inizio al regime di Hamas, minacciando di bloccare ogni tentativo di aiuti verso lo Stato ebraico. Furono subito protagonisti nel conflitto palestinese. Coordinarono con l’ausilio dei droni nello scorso ottobre, un attacco missilistico sulla città portuale di Eilat ubicata sulle sponde del Mar Rosso, punto strategico per le vie di passaggio del commercio internazionale.
Dunque possiamo notare, come la strategia ideologica degli Huthi a distanza di mesi, resta la stessa: ostacolare lo stato ebraico e controllare i punti strategici del commercio internazionale attraverso l’ostruzione del Mar Rosso.
Negli ultimi giorni gli Usa, appoggiati da Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud hanno bombardato territori strategici nello Yemen controllati dagli Huthi, con l’obiettivo di destabilizzare Hamas e più nello specifico salvaguardare il commercio globale, dai continui attacchi missilistici da parte degli Huthi alle navi commerciali di transito nel Mar Rosso.
L’ostruzione della navigabilità nel Mar Rosso comporta un danneggiamento del traffico commerciale marittimo, il quale deve rimodulare la navigazione circumnavigando l’Africa. Ordinariamente il traffico marittimo si snoda attraverso i choke points, ossia i punti nevralgici attraverso cui le navi commerciali attraversano le rotte di navigazione, per ridurre al minimo i chilometri di percorrenza. Gli Houthi controllano proprio uno di questi accessi sul Mar Rosso: lo stretto di Bab al-Mandeb che collega Sud-est asiatico, Medioriente e Europa, limitando dunque in gran parte le vie di collegamento.
Lo scenario è del tutto chiaro ma ancora in evoluzione. Tutto dipenderà dagli alleati e dalle strategie degli Huthi. Una parte delle prospettive future, dipenderà di certo dal ruolo degli Stati marionetta che interpretano come in ogni equilibrio mondiale l’ago della bilancia.