Zambia. Instabilità politica alle porte?

di Rodolfo Kiran

LunguContinua a preoccupare il quadro macropolitico di Lusaka. Uno dei paesi per tradizione politicamente più stabili del continente africano, sta rischiando di scivolare nel baratro della repressione violenta delle opposizioni, e di uno scontro politico sempre più aspro.
La vittoria sul filo di lana ottenuta dal presidente uscente Edgar Chagwa Lungu (Fronte Patriottico-PF) contro lo sfidante Hakainde Hichilema (Partito Unito per lo Sviluppo Nazionale-UPND) nel corso delle ultime elezioni generali lo scorso 11 agosto, ha contribuito ad esacerbare maggiormente il rapporto maggioranza-opposizione, ben oltre quello lecitamente accettato all’interno della cornice istituzionale nazionale.
Tema del contendere sono circa 300.000 voti che secondo l’opposizioni sarebbero stati dirottati dalla commissione elettorale verso il partito di governo, risultando di fatto determinanti nella rielezione di Lungu, dato che questi ha ottenuto 1.860 mila voti (50,35%) contro 1.760 mila (47,63%) del suo avversario.
Un risultato che, difatti, sembrerebbe portare a compimento un preciso piano politico del FP iniziato a inizio anno, con alcune modifiche alla costituzione del paese, che ha ridisegnato il processo di elezione della più alta carica dello stato. Secondo gli emendamenti approvati a voti di maggioranza, tra le altre cose, il vincitore delle elezioni è il candidato che al primo turno riesce a superare la soglia del 50%+1 delle preferenze, senza dover ricorrere a ballottaggi dall’esito sempre incerto. Quota superata per il rotto della cuffia dal presidente uscente.
La successiva bocciatura della Corte Costituzionale del ricorso presentato dall’UPND, in cui si chiedeva l’annullamento dell’esito elettorale, non ha fatto altro che compattare l’opposizione attorno alla figura di Hichilema,polarizzare lo scontro politico, e far perdere di credibilità alla istituzione repubblicana che per almeno metà della popolazione sarebbe asservita alla volontà del PF.
Hichilema GrandeA gettare maggior benzina sugli animi già bollenti, se mai ce ne fosse stato bisogno, si registra l’arresto sabato 10 settembre di Nevers Mumba, politico di spicco dell’opposizione, leader del Movimento per la Democrazia Multipartitica (MMD) dopo essersi indirizzato ai sostenitori dell’UPND invitandoli a lottare per il loro diritti.
Una esortazione che qualcuno ha voluto leggere come un invito alla ribellione, usato a pretesto per zittire sul nascere la voce del dissenso, riuscendo invece solamente a fomentarlo.
Al netto della contesa tra maggioranza e opposizione, il voto agostano ci ha consegnato un paese spaccato a metà, con il nord compatto a sostenere Lungu, mentre il sud unito attorno a Hichilema. Una divisione che rende difficile, se non impossibile una legittimazione reale della figura presidenziale. Almeno non in tempi brevissimi. Lavorare alla conciliazione nazionale è l’unica strada disponibile, ma ad oggi sembra mancare la volontà politica per arrivare all’obiettivo. Ultimo scoglio alla ricerca di una intesa, la decisione di Hichilema a non voler prendere parte la settimana entrante alla cerimonia di insediamento di Lungu. Una strappo istituzionale che se attuato sarebbe difficilmente recuperabile.
Sullo sfondo della contesa politica rimane la popolazione zambiana. Vittima di una perdurante crisi economica, che sommato al crollo del prezzo del rame sui mercati internazionali (da cui il paese è il secondo produttore del continente africano e da cui dipende per il 70% delle esportazioni), ha accentuato la forte sperequazione sociale tra ricchi e poveri, la corruzione endemica e l’alto tasso di disoccupazione.
Una perdurante crisi politica, e una conseguente inattività dell’esecutivo nell’attuazione di un forte programma di riforma economica-sociale, rappresenterebbe forse il colpo di grazia.

Nella prima foto: Edgar Chagwa Lungu.
Nella seconda foto: Hakainde Hichilema.