Litvinenko – Skripal: storie parallele

di Gianluca Vivacqua

Salisbury, domenica 4 marzo 2018. Ore 16.15. Una ex spia russa, Sergej Skripal, e la figlia Yulia vengono trovati privi di sensi su una panchina, nei pressi di una paninoteca. La sentenza è inappellabile: avvelenamento da gas nervino. Potrebbe essere il VX, l’Attila dei curdi. Oppure il sarin, il killer invisibile della metropolitana di Tokyo nel 2010. In attesa di chiarire questa questione tossicologica, si può legittimamente dire che la vicenda Skripal richiama alla mente quella di Alexander Litvinenko. Dodici anni fa, esattamente nel dicembre del 2006, un altro ex agente dei servizi segreti di Mosca fu avvelenato in Gran Bretagna: in quel caso non si trattava di gas nervino bensì di un isotopo radioattivo del polonio (il polonio-210), ma in fondo questo si può anche considerare un dettaglio. Quel che conta è che sia dietro la tragica sorte di Litvinenko che la vicenda di Skripal (attualmente in gravi condizioni in ospedale, insieme alla figlia), sembra esserci la mano di Mosca. Inoltre entrambi si trovavano in territorio britannico come rifugiati politici, e dunque in qualità di dissidenti del regime putiniano.
Perché Litvinenko era così pericoloso? Per quale motivo qualcuno, ai piani alti del Cremlino, avrebbe voluto eliminarlo? Da quello che abbiamo appreso dal 2006 ad oggi possiamo affermare che la spia di Voronež firmò la sua “condanna a morte” nel 2002. In quell’anno egli mandò alle stampe in Inghilterra Blowing up Russia: Terror From Within, un libro-bomba finanziato dal miliardario Berezovsky, il principale avversario di Putin, anch’egli esule sul suolo inglese. Nel libro accusava i suoi ormai ex colleghi dell’FSB (l’erede del KGB) di avere architettato una serie di attentati esplosivi in Russia tra l’agosto e il settembre del 1999. Lo scopo era quello di far ricadere la colpa sugli indipendentisti ceceni, così da “fabbricare” una giustificazione per il proseguimento del cruento conflitto nella repubblica caucasica. Quel conflitto era non solo cruento, ma anche disumano, come stava documentando in quegli stessi anni l’instancabile reporter Anna Politovskaja.
Sempre nel 2002 Litvinenko alzò ancora di più il tiro con un altro best seller, Gang from Lubyanka, in cui accusava senza giri di parole lo stesso Putin di aver commissionato il gioco sporco ai servizi segreti. Poi accadde che nell’ottobre 2006 la Politovskaja venisse freddata davanti alla porta di casa sua. Litvinenko si disse sicuro di poter provare la responsabilità di Putin anche in questo misfatto, ma non ne ebbe il tempo, perché due mesi dopo anch’egli sarebbe andato incontro alla morte. La resa dei conti con Berezovsky, invece, sarebbe giunta non prima del 2013.
Che cosa sapeva, invece, Skripal? Cosa lo rendeva un personaggio scomodo? Già colonnello del Gru (il servizio segreto militare russo), Mr. Forthwith (“senza indugio”), come veniva chiamato, sin dal 1995 collaborava dietro compenso con i servizi segreti spagnoli e britannici in funzione anti-russa. Aveva rivelato l’identità di decine e decine di colleghi attivi in Europa, ma non si era fermato qui. Aveva anche fornito informazioni riservate sugli armamenti russi, e su alcune unità dell’esercito di Putin. Scoperto il suo doppio gioco, fu arrestato nel 2004 e condannato a 13 anni di carcere. Nel 2010, però, ebbe l’opportunità di venire scambiato con alcune spie russe che erano state catturate in Occidente (probabilmente anche grazie alle sue soffiate). Nuovamente libero, Skripal non ebbe esitazioni: tornò in Inghilterra. E non esitò neppure a riprendere le sue vecchie abitudini. Adesso, mentre lotta fra la vita e la morte, col suo caso potrebbe essere al centro di un conflitto diplomatico tra Londra e Mosca.