Migranti: salta la proposta bulgara di revisione di Dublino

di C. Alessandro Mauceri

Niente accordo sullo scottante tema dei migranti in Europa. L’Italia e altri dieci paesi (Spagna, Germania, Austria, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) hanno presentato parere negativo sulla riforma del trattato di Dublino proposta dalla Bulgaria alla riunione dei ministri dell’Interno dei Ventotto che si è tenuta in Lussemburgo. La Convenzione di Dublino, firmata negli anni Novanta e riformata nel 2012, prevede sostanzialmente che la gestione del richiedente asilo debba essere a carico del paese in cui il migrante arriva, cosa che da sempre penalizza i paesi di frontiera come Italia, Spagna, Cipro, Grecia e Malta.
La proposta che Bruxelles sta portando avanti è quella di arrivare ad un meccanismo che prevede la quota di migranti da gestire da parte del paese di arrivo in base ad un’incidenza sulla popolazione di 50 e al Pil di altri 50, mentre i paesi che rifiutano le quote vengono costretti a pagare 250mila euro per richiedente asilo rifiutato. La Bulgaria ha avanzato oggi l’idea di portare la quota da 100 (50 + 50) a 150 e volontariamente a 160, cosa che avrebbe rappresentato una batosta per l’Italia. Così si è creato un fronte di paesi che per ragioni diverse si sono espressi in modo contrario, dall’Italia ai Visegrad, ed il sottosegretario tedesco Stephan Mayer ha dichiarato che “la Germania è aperta ad una discussione costruttiva. Ma com’è attualmente non la accettiamo”. Immediata la risposta del ministro alla migrazione svedese Helene Fritzon, per il quale “L’Europa ha bisogno di un’intesa sulla riforma di Dublino, ma con le elezioni delle destre in Europa oggi è un problema raggiungere un compromesso. C’è un clima politico più duro. Non si tratta solo dell’Italia, ma anche della Slovenia”. Ed il timore di tutti è che presto toccherà all’Austria la presidenza di turno europea, paese dove il governo di destra ha già fatto sapere la sua politica di chiusura all’accoglienza, per cui difficilmente si potrà arrivare ad una ridiscussione di Dublino in funzione di quote di ridistribuzione.
Tira insomma in Europa un’aria di chiusura sul tema dei migranti, con i vari paesi che stanno eleggendo governi dichiaratamente contrari alle politiche di accoglienza, come l’affermazione in Slovenia domenica scorsa di Janez Jansa o la decisione di pochi giorni fa dell’Ungheria di inserire tra i reati penali ogni aiuto agli immigranti illegali fornito da ong o da qualsiasi organizzazione umanitaria. La norma voluta a tutti i costi dal premier ungherese Viktor Orbán prevede che qualsiasi organizzazione o cittadino aiuti a entrare e restare in Ungheria persone che non hanno i titoli per chiedere asilo politico sia passibile di pene detentive.
Fino ad ora tutti i tentativi degli ultimi anni di trovare un accordo sul modo di gestire i flussi migratori, spesso causati da eventi climatici o penetrazioni commerciali soprattutto nei paesi dell’Africa centrale da parte di multinazionali anche europee, sono miseramente falliti: sono rimasti sempre sulla carta e non hanno mai ottenuto i risultati promessi. E l’ultima non fa differenza: “La riforma del regolamento di Dublino è morta”, ha esclamato il segretario di Stato belga Theo Francken, si va verso “un ribaltamento totale dell’approccio”. Le motivazioni addotte dall’Italia sono state interpretate non come la reazione di un paese che da anni (come la Grecia) è abbandonato al proprio destino di “porta dell’Europa”, ma come leggerezza nel gestire il problema dei flussi migratori. Dal nuovo governo italiano, ha detto Francken, “mi aspetto una stretta sulla migrazione. Penso che sia positivo se l’Italia inizia rifiutare i migranti sulle proprie coste, e non li lascia più entrare in Sicilia”. Francken ha così dimostrato di conoscere poco i regolamenti comunitari introdotti all’inizio degli anni Duemila che prevedono il riconoscimento dello stato di “sfollati”.
Secondo il rappresentante del Belgio bisogna tornare ai “respingimenti” anche se “dal 2012 non possiamo più farli, e finché è così, la situazione continuerà ad essere caotica. Dobbiamo rimandarli indietro. Quindi dobbiamo cercare di aggirare l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani”. Secondo la direttiva sugli “sfollati” questi dovrebbero essere liberi di circolare per l’Ue per sei mesi (rinnovabili per altri sei).
A farsi carico del flusso di migranti finora sono stati soprattutto Italia e Grecia. La Spagna solo in minima parte e la Turchia, nonostante gli accordi bilaterali e i miliardi di euro ricevuti dai paesi dell’Ue, ha mostrato di gestire in modo anomalo (per usare un eufemismo) i flussi di migranti provenienti da paesi in cui sono in corso conflitti, come nel caso della Siria. Anche le promesse di trasferimento da Grecia e Italia si sono rivelate un fallimento.
Francken ha parlato di un “approccio australiano” per “uno stop completo dell’immigrazione illegale”. E di un accordo Ue-Tunisia, sul modello di quello fatto con la Turchia, in modo tale che quando i migranti “partiranno dalla Libia potranno essere intercettati in mare e portati in Tunisia”. Anche in questo caso si è trattato di una visione deformata del problema: in base alle norme internazionali del diritto marittimo, i naufraghi devono essere portati nel primo paese sicuro. Quindi non solo in Tunisia, ma anche a Malta, cosa invece mai avvenuta. Non è un caso se tra i paesi del sud Europa solo Grecia, Malta e Cipro hanno lasciato uno spiraglio ai negoziati. Uno spiraglio invero esiguo: “Non dobbiamo risparmiare gli sforzi per continuare ad avanzare con uno spirito costruttivo, questo mese”, ha detto il commissario Ue alla Migrazione Dimitris Avramopoulos.
Tajani ha rivolto un invito a tutti i paesi a trovare un accordo che eviti di vanificare gli sforzi finora fatti. Lo steso ha fatto il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker che, parlando dell’Italia, ha detto che “merita rispetto e fiducia” perché “ha fatto molto per costruire un’Europa unita”. Grande assente il neoministro dell’interno italiano Matteo Salvini, che non ha partecipato alla riunione che prepara il vertice europeo del 28-29 giugno in cui si dovrebbe prendere una decisione definitiva, perché impegnato per il voto di fiducia al governo. A rappresentare l’Italia l’ambasciatore Maurizio Massari e il prefetto Gerarda Pantaleone.
Alla notizia della bocciatura della proposta bulgara il ministro dell’Interno Salvini ha esultato, “è una vittoria per noi, sono molto soddisfatto”. “Noi – ha aggiunto – avevamo una posizione contraria ed altri Paesi ci sono venuti dietro, abbiamo spaccato il fronte. Significa che non è vero che non si può incidere sulle politiche europee”.
Già ieri aveva dichiarato che “Mi ha telefonato Orban, insieme a lui cambieremo le regole di questa Europa”.