Nucleare iraniano: Netanyahu, ‘Teheran mente’. Ma le sue “prove” sono vecchie di 15 anni

di Enrico Oliari –

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ci è andato giù pesante. In modo plateale, mostrando in tv schemi, disegni e “prove” (ancora tutte da valutare), ha accusato l’Iran di avere mentito per anni sul proprio programma nucleare e di aver continuato nei processi di studio e costruzione di armi nucleari nonostante l’accordo del 2015.
Le “prove” di Netanyahu sarebbero documenti, almeno 55mila su 183 cd, “copia esatta degli originali provenienti dagli archivi segreti di Teheran”, e cioè procurati dal Mossad, che confermerebbero a suo dire l’esistenza di un piano chiamato “Amad” finalizzato al riarmo nucleare della Repubblica Islamica.
Prove che da subito Tel Aviv ha voluto condividere con Washington, ed il Pentagono ne ha riconosciuto a suo dire la veridicità.
Un po’ poco se si pensa al gravissimo caso delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, mai ritrovate perché mai esistite ma del tutto utili per dare il via ad una guerra mai finita, i cui effetti collaterali sono il terrorismo che vediamo nelle capitali europee e la distruzione che regna sovrana nel Medio Oriente.
Tra l’altro Netanyahu ha spiegato che il progetto Amad è stato elaborato negli anni 1999-2003 per “progettare, produrre e poi provare cinque ordigni nucleari molto più potenti di quelli lanciati su Hiroshima”. 1999-2003… 15 anni prima dell’entrata in vigore dell’accordo.
La verità è che per Netanyahu l’Iran rappresenta il nemico numero uno, quello verso il quale muovere l’ennesima guerra della regione, in piena sintonia con quel Donald Trump salito al potere grazie al sostegno delle potenti lobby sioniste statunitensi.
D’altro canto non è da oggi che Trump parla della sua intenzione di ritirarsi dal “5+1”, l’accordo sul nucleare steso tra Teheran e Russia, Cina, Usa, Gb, Francia + Germania, ed ha già fatto di tutto per convincere dell’insufficienza e dell’inefficacia dello stesso il collega francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. I quali, tornati in patria, hanno fatto sapere dell’intenzione i preservare l’accordo così com’è, semplicemente perché funziona, cosa certificata dai numerosi rapporti dei tecnici dell’Aiea. La cartina al tornasole sarà tra dieci giorni, quando Trump dovrà comunicare in modo ufficiale se ritirerà o meno gli Usa dall’accordo.
Accordo che per essere rigettato necessita della firma degli altri partecipanti, e l’ordine mondiale oggi appare come multipolare e non unipolare, come ai tempi dell’attacco all’Iraq di Saddam Hussein. Dei tre paesi europei firmatari dell’accordo quello più vicino agli Usa è la Gran Bretagna, ma la premier Theresa May si è incontrata con Macron e Merkel, due giorni fa proprio per ribadire che il Jpcoa (l’accordo sul nucleare) va bene così com’è, per cui non si tocca. Poi sarà da vedere quali pressioni potrà esercitare il presidente Usa, dal momento che difficilmente verrà evitata l’introduzione di dazi e quindi una guerra commerciale fra le due sponde dell’Atlantico. Gli altri due paesi sono la Russia, che sta lavorando per un proprio ruolo internazionale ed è quindi ai prodromi di una guerra fredda con l’occidente, e la Cina, che alla guerra commerciale con gli Usa ci è già arrivata.
A scanso di equivoci il presidente francese Emmanuel Macron si è sentito al telefono con il russo Vladimir Putin e dal Cremlino si è appreso che “Putin e Macron si sono dichiarati a favore del mantenimento del piano d’azione sul programma nucleare iraniano e della sua tempestiva applicazione”.
L’altra parte firmataria dell’accordo è l’Iran, che con il graduale abbattimento delle sanzioni ha iniziato a rimettersi in moto e a progettare il futuro, anche perché resta pur sempre un paese ricco di risorse energetiche ancora da sfruttare. Il ministro degli Esteri, Mohamed Javad Zarif, ha definito Netanyahu un “imbroglione”, uno che dopo anni grida ancora “al lupo al lupo!”, nonostante “il fiasco dei fumetti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite” (quando nel 2012 aveva disegnato la presunta bomba atomica iraniana con la linea rossa di non superamento).
Al momento, insomma, Netanyahu urla, ma Trump ha in mano una pistola inceppata. Certo è che se si considera una linea orizzontale, gli Usa avevano fino a poco fa basi militari e quindi la propria influenza in quasi tutti i paesi, dal Marocco al Kirghizistan. Ne mancavano 5: l’Afghanistan (guerra), l’Iraq (guerra), la Libia (guerra), la Siria (guerra)… e l’Iran.