Turchia. L’Osce denuncia irregolarità. Ankara, ‘stia al suo posto!’

di Guido Keller

A poche ore dal “sì” al referendum che consacra il presidente turco Recep Tayyp Erdogan a “sultano” del paese, è arrivata come una staffilata la sentenza dell’Osce per il quale il voto “non è stato all’altezza degli standard internazionali“.
Il presidenzialismo in Turchia ha vinto con un risicato 51,41%, ma da subito le opposizioni hanno denunciato brogli e persino 2 milioni di schede non timbrate. Su quest’ultimo punto si è pronunciata con puntualità svizzera la Commissione elettorale turca, per la quale le schede sono valide anche se non timbrate. In pratica bastava portarsene una manciata di già pronte da casa.
Tana de Zulueta, responsabile della missione dell’Osce in Turchia, ha spiegato che “la consultazione si è svolta in un clima politico in cui le essenziali libertà fondamentali per un processo sinceramente democratico sono state ridotte dallo stato d’emergenza e le due parti non hanno avuto le stesse opportunità di presentare le loro ragioni agli elettori”. “La nostra missione di monitoraggio – ha aggiunto – ha dimostrato che la campagna per il “sì” ha dominato la copertura dei media e questo, insieme alle restrizioni dei media, all’arresto dei giornalisti ed alla chiusura dei giornali, ha ridotto l’accesso degli elettori alla pluralità di punti di vista”.
Ma da Ankara si sono levate critiche all’operato dell’Osce, con il ministero degli Esteri che ha parlato di osservazioni “politicamente motivate” e di “approccio di parte e pregiudiziale” degli operatori, i quali dovrebbero “saper stare al loro posto”.
Il partito filo-curdo Hdp, uno dei quattro presenti in parlamento e il cui leader Salhattin Demirtas ha votato dal carcere in quanto accusato come molti oppositori di legami con il terrorismo, ha chiesto l’annullamento delle schede non timbrate ed ha minacciato il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) di cui la Turchia è membro con il giudice Isil Karakas.
Se la Germania ha mantenuto un atteggiamento prudente, l’Austria è tornata a chiedere lo stop ai processi di adesione della Turchia all’Unione Europea, peraltro contemplati dall’accordo sui migranti: il ministro degli Esteri, Sebastian Kurz, ha chiesto l’interruzione delle trattative affermando che “La Turchia non può essere un membro (dell’Ue). Occorre finalmente sincerità sui rapporti tra la Ue e la Turchia. Il tempo dei tatticismi deve finire”.
Erdogan però non sembra preoccupato: “non è importante purché Bruxelles avvisi Ankara. Anzi, la Turchia potrebbe votare in un referendum la sospensione dei colloqui, se necessario”.