Benin. Lionel Zinsou candidato alla presidenza

di Valentino De Bernardis –

zinsou lionelTanto tuonò che puntualmente piovve sopra i cieli di Porto Novo. Come già anticipato da numerose indiscrezioni nel corso degli ultimi due mesi, e come ampiamente previsto dagli addetti al settore nazionali ed internazionali, giovedì 26 novembre il primo ministro in carica Lionel Zinsou è stato ufficialmente designato dal Forces Cauris pour un Bénin Emergent (FCBE) candidato unico alle elezioni presidenziali del prossimo 28 febbraio 2016. Sebbene attesa, la scelta di puntare su Zinsou apre forzatamente la porta a molteplici riflessioni sia per ciò che concerne la politica interna del Benin, che per quanto concerne il suo ruolo regionale e i rapporti con l’Europa nel prossimo futuro.
Franco-Beninese, banchiere (ha presieduto dal 2009 al 2015 il fondo d’investimento francese PAI Partners), nipote dell’ex presidente Derlin Emile Zinsou che ha guidato il paese per diciassette mesi prima di essere estromesso da un colpo di stato nel 1969 (quando il paese si chiamava ancora Dahomey), l’attuale capo del governo accettando la candidatura da parte del comitato esecutivo del FCBE ha accettato di intraprendere un difficile sentiero disseminato di trappole, che certamente non termineranno qualora dovesse riuscire ad ottenere il favore delle urne l’anno prossimo.
Difatti, il Benin è uscito fortemente diviso dalle elezioni parlamentari dello scorso 26 aprile, con il FCBE del presidente della repubblica Thomas Boni Yayi che, sebbene confermato come primo partito, ha ottenuto una battuta di arresto non riuscendo a raggiungere la maggioranza dei seggi in parlamento (33 seggi su 83). Una vittoria di Pirro che ha significato, tra le altre cose, la fine dei sogni del presidente Yayi di correre ad un terzo mandato presidenziale dopo le vittorie ottenute nel 2006 e nel 2011. Nonostante tale punto sia sempre stato negato dal partito al potere, non era certamente un segreto la speranza di Yayi di riuscire a raggiungere un’ampia maggioranza parlamentare che gli permettesse di modificare l’articolo 42 della Costituzione, per poter ottenere la possibilità di prolungare la sua presenza al vertice delle istituzioni del Benin, come hanno fatto molti suoi omologhi, con alterne fortune, in buona parte dell’africa sub-sahariana.
La prima campagna elettorale che dovrà affrontare sarà all’interno dello stesso FCBE, dove molti quadri del partito sono stati costretti ad accettare a denti stretti la nomina del candidato alla presidenza quasi calata dall’alto, senza un vero dibattito interno, vedendo usurpata la loro fedeltà politica a favore di una personalità che, sebbene abbia ricoperto dal 2006 al 2011 la carica di consigliere speciale del Presidente, per certi versi è estranea non solamente al partito, ma anche alla nazione (difatti Zinsou ha vissuto buona parte della sua vita in Francia). Sarà quindi quasi fisiologica da qui a tre mesi l’uscita di qualche esponente chiave del FCBE in disaccordo con la linea ufficiale del partito.
Conciliazione nazionale e nuovo inizio dovranno quindi essere le parole chiave del messaggio su cui Zinsou dovrà basare la sua corsa alla presidenza, per riuscire ad indossare gli abiti di candidato di unione e non di divisioni. A tal proposito non sembra quindi un caso la visita che egli ha tenuto il 25 novembre presso la residenza dell’ex presidente Nicéphore Dieudonné Soglo nel quartiere Haie Vive di Cotonou, alla ricerca di una avvallo politico.
A favore di Zinsou gioca certamente il fatto di essere un “nuovo venuto” nell’agone politico nazionale, e di poter riuscire ad intercettare una maggiore fetta di voti trasversali, cosa che al momento nessun altro candidato può portare in dote. Inoltre i suoi forti legami personali con il mondo politico-economico francese potrebbero essere necessari ad un paese che sebbene registri tassi di crescita in linea con la media regionale (il Fondo Monetario Internazionale prevedere per il Benin una crescita media del 5,4% nel quadriennio 2015-2018), non è riuscito ancora a dare solide fondamenta alla propria economia, ancora centrata attorno al porto di Cotonou e delle altre città marittime, alla scarsa diversificazione, e sopratutto a dare risposta alle esigenze di una popolazione passata da 150.000 abitanti al momento dell’indipendenza (1960) ai circa 3 milioni di oggi.

Nella foto: Lionel Zinsou.

@debernardisv
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