di Francesco Giappichini –
“Il Brasile è pronto a unire ancora una volta gli sforzi per costruire un pianeta più sano”, ha dichiarato il presidente eletto del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, in occasione della Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici del 2022. Innanzi a una platea composta anche da tanti rappresentanti governativi, ha annunciato che il suo Paese sarà di nuovo protagonista nell’agenda ambientale mondiale, e annullerà ogni lascito negativo del governo Bolsonaro. A seguire si esaminerà il “Plano de ação” sull’Amazzonia (il pacote ambiental, o “pacchetto Amazzonia”), che ha presentato l’Equipe de transição, incaricata di traghettare il gigante sudamericano verso il governo Lula ter. Prima però di passare ai sette punti del Piano, va segnalato che ufficiosamente il documento porta la forma dell’ex governatore dell’Acre, Jorge Viana: questi coordina il gruppo del Partido dos trabalhadores (Pt), all’interno del Settore Ambiente dell’Equipe. Il primo punto è il “Revogaço”. Vi si prevede la revoca di 120 decreti emanati dall’Amministrazione precedente: 25 di questi saranno annullati lo stesso 2 gennaio, a poche ore dall’insediamento. Non solo saranno abrogate le norme che ostacolano l’imposizione di multe e il sequestro dei macchinari impiegati nei reati ambientali; ma sarà anche eliminato il decreto bolsonarista che istituiva il Programa de apoio ao desenvolvimento da mineração artesiana.
Un’iniziativa che, per gli ecologisti, favorisce la ricerca e il commercio illegali di oro. Verranno poi meno le autorizzazioni a centinaia di pesticidi, sotto accusa a livello internazionale: si può quindi immaginare un imminente scontro col mondo dell’agribusiness, di certo rafforzatosi nel corso del governo uscente. Il secondo punto è stato intitolato “Dinheiro internacional”. Si tratta di rivitalizzare, anche per mezzo di nomine, gli organi che gestiscono il Fundo Amazônia e il Fundo clima: tutte strutture incaricate di raccogliere capitali dall’estero, (anche da altri governi). Al contempo sarà eliminato il Conselho da Amazônia: l’ente, composto di militari, avrebbe indebolito il ruolo dell’Ibama (Instituto brasileiro do meio ambiente e dos recursos naturais renováveis). Terzo capitolo, il “Blitz fiscal”: l’obiettivo è rimettere in piedi le squadre degli ispettori ambientali, poiché solo 300 su 1800, sarebbero quelli impiegati sul campo. Quarto punto, il cosiddetto “Embargo remoto”: attraverso due sistemi satellitari (il Deter – Sistema de detecção de desmatamentos em tempo real, e il Prodes – Projeto de monitoramento do desmatamento na Amazônia legal por satélite), saranno identificate le aree disboscate, affinché siano interdetti i proprietari, e bloccate le loro linee di credito. Obiettivo finale, lo stop alla deforestazione: durante l’Amministrazione Bolsonaro il ritmo di disboscamento ha superato del 59%, quello registrato durante il Governo Temer. Il quinto obiettivo è denominato “Soldados verdes”: si tratta di creare una Guarda nacional ambiental, con effettivi ceduti dalle Polizie statali, senza che ciò escluda l’impiego delle Forze armate. Il sesto punto del Piano è indicato come “Big brother na selva”, e consiste nel disporre sistemi di videosorveglianza nei punti-chiave di strade e fiumi, per scoprire le svariate illegalità. Settimo punto, la “Proteção legal”: ossia ricominciare a delimitare le terre indigene e le «área florestal protegida», dopo un quadriennio in cui nessuna nuova superficie è stata delimitata, per essere tutelata.