British Petroleum: l’ad Dudley, ‘il prezzo del petrolio non salirà nel 2016’

di Viviana D’Onofrio –

Il prezzo del petrolio non risalirà nel 2016. E‘ quanto sostenuto dall‘amministratore delegato della BP, Bob Dudley, nel corso di un’intervista alla BBC, durante la quale ha affermato che nel primo trimestre del 2016 il prezzo del petrolio potrebbe toccare il punto più basso, aggiungendo di non aspettarsi una discesa del prezzo del greggio al di sotto dei 30 dollari al barile; tuttavia, questo sarebbe destinato a restare a bassi livelli per i prossimi due anni. Secondo l’amministratore delegato della BP, i prezzi dell’oro nero potrebbero stabilizzarsi verso la fine dell’anno, ma rimarrebbero comunque bassi per il prossimo futuro.
Il prezzo del petrolio è in discesa da circa un anno e mezzo, spinto giù da un forte incremento dell’offerta globale di greggio accompagnato da una domanda piuttosto debole. E’ crollato in particolare, a partire dal 4 dicembre 2015, quando l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) ha deciso di non procedere alla riduzione della propria produzione di petrolio in maniera tale da favorire una risalita del prezzo di quest’ultimo.
La strategia del cartello, i cui membri (in primis l’Arabia Saudita) hanno iniziato a prendere coscienza della sfida rappresentata dalla produzione di shale oil Usa è, ovviamente, finalizzata a fare guerra agli Stati Uniti, con l‘obiettivo di spingere i produttori statunitensi fuori dal mercato petrolifero globale e di recuperare le quote di mercato perse proprio a causa della concorrenza del petrolio estratto dagli Usa.
Il volume della produzione di petrolio negli Stati Uniti è quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni a causa del boom dello shale oil. Secondo le statistiche del Dipartimento dell’Energia Usa, lo scorso dicembre la produzione media giornaliera ha raggiunto il record di 9,4 milioni di barili di petrolio.
Con il greggio ai minimi da 11 anni le aziende statunitensi stanno incontrando grosse difficoltà ed alcune di esse sono state costrette a rivedere i propri piani di investimento.
Il fracking comporta costi superiori rispetto alle altre tecniche di estrazione del petrolio; conseguentemente, affinchè le aziende che lo praticano possano ottenere determinati ricavi, il prezzo del greggio dovrebbe attestarsi ad un certo livello.
L’industria del fracking ha effettuato i propri investimenti sulla base della previsione che il prezzo del petrolio sarebbe rimasto in un range compreso tra i 70 e i 130 dollari al barile ed è ovvio che un crollo dei prezzi quale quello cui si sta assistendo da tempo stia provocando grosse perdite per i frakers.
Mantenendo bassi i prezzi del petrolio, l’Arabia Saudita sta anche perseguendo un altro obiettivo: quello di arginare le conseguenze dell’ingresso, nel mercato petrolifero globale, dell’Iran, che è l’unico Stato dell’area in grado di contrastare l’egemonia di Riad nel Golfo persico.
“La politica saudita di tenere i rubinetti aperti e mantenere la produzione a livelli elevati è, in realtà, dovuta soltanto a ragioni di natura geopolitica, nonostante i danni alla sua economia“, ha affermato Ariel Cohen, senior fellow presso l’Atlantic Council, un think tank statunitense.
Il perseguimento di un simile obiettivo ha spinto l’Arabia Saudita ad incrementare la produzione di petrolio oltre i 10 milioni di barili al giorno a partire dal gennaio 2015.
Una simile strategia sta costando molto ai sauditi, che hanno visto aumentare notevolmente il proprio deficit di bilancio, ma sembra che la monarchia del Golfo sia disposta ad accettare le conseguenze negative della propria politica petrolifera pur di porre un freno all’ascesa dell’Iran.
“Per i sauditi mantenere il prezzo del petrolio a bassi livelli è l’arma migliore. Essi hanno a disposizione sufficienti riserve finanziarie che consentiranno loro di resistere per anni“, ha affermato David Kotok, chief investment officer al Cumberland Advisors.
Di conseguenza, a causa della concomitanza dei fattori poc’anzi menzionati, il riequilibrio tanto sperato del mercato mondiale del petrolio non c’è ancora stato. Ciò significa che l’offerta mondiale di petrolio rimane, e probabilmente resterà ancora per molto tempo, al di sopra della sua domanda.
Alla discesa del prezzo del petrolio ai minimi da 11 anni potrebbe, senza dubbio, non giovare l’intervento del Congresso degli Stati Uniti, che il ​​mese scorso ha abolito il divieto di vendita del petrolio al di fuori dei confini Usa in vigore da quarant’anni.
Il divieto era stato introdotto negli anni settanta in occasione della crisi petrolifera mondiale e per quasi due anni i produttori di petrolio degli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sul Congresso ai fini di una revoca dello stesso. Ora i produttori statunitensi potranno esportare petrolio grezzo e ciò contribuirà ad un ulteriore incremento dell’offerta globale di oro nero.
Altri fattori alla base del crollo del prezzo del petrolio sono il rallentamento della crescita economica della Cina, il maggior consumatore di energia del mondo, ed il già menzionato ritorno sul mercato petrolifero globale dell’Iran, pronto a incrementare le esportazioni di greggio dopo che le sanzioni internazionali saranno revocate, come parte dell‘accordo nucleare raggiunto nella scorsa estate.
Le sanzioni commerciali imposte nel 2011 da parte degli Stati Uniti e dell‘Unione europea hanno determinato una significativa riduzione della produzione petrolifera iraniana ma ora l’Iran si prepara a tornare prepotentemente sul mercato petrolifero globale.
La scorsa estate è stato raggiunto un accordo sul nucleare iraniano. L’Iran ha ottenuto la revoca delle sanzioni internazionali in cambio di importanti limitazioni al suo programma nucleare. La revoca delle sanzioni internazionali avrà un impatto significativo sul mercato mondiale del petrolio, sull‘economia iraniana e sui partners commerciali dell’Iran. Il ritorno di quest’utimo sul mercato petrolifero globale finirà per aggiungere all’offerta mondiale circa un milione di barili di petrolio al giorno, abbassando i prezzi del greggio di US $ 10 al barile nel 2016, secondo quanto stimato dalla World Bank.
L’impatto significativo sul prezzo del petrolio è stato previsto anche dal Fondo Monetario Internazionale. I prezzi del petrolio potrebbero scendere di altri 15 $ al barile nel momento in cui le sanzioni contro l’Iran verranno rimosse.
Ad incrementare l’offerta globale di petrolio ed il conseguente crollo die prezzi ha contribuito anche la Russia, che nel 2015 ha pompato 534 milioni di tonnellate di greggio.
I bassi prezzi del petrolio costituiscono, però, un grosso rischio per il più grande esportatore di oro nero del mondo. La stabilità finanziaria della Russia potrebbe, infatti, essere in pericolo qualora il prezzo del petrolio scendesse al di sotto dei 30 $ al barile, secondo quanto previsto dagli analisti di Bloomberg.
Goldman Sachs ha previsto che il prezzo del petrolio potrebbe scendere a $ 20 al barile se l‘inverno particolarmente caldo di quest’anno portasse ad una riduzione del consumo di carburante. Ciò sarebbe un male per le industrie del Mare del Nord e potrebbe avere effetti catastrofici per i Paesi, tra i quali la Russia, la cui economia si fonda sul petrolio.
“Tutti gli Stati, compresi i Paesi Opec, si sono concentrati sull’aumento della propria produzione per non perdere le proprie quote di mercato, non prendendo atto del fatto che stanno, così, guidando i prezzi verso il basso. Sembra che anche la Russia stia seguendo questo percorso“, ha dichiarato il consulente energetico Mikhail Krutikhin.
Tutti questi elementi, insieme, inducono ad ipotizzare che il prezzo del petrolio sia destinato a restare a bassi livelli ancora per molto tempo. La stessa Goldman Sachs ha previsto che l’eccesso di offerta cui stiamo assistendo da mesi potrebbe mantenere a livelli molto bassi i prezzi del petrolio per i prossimi quindici anni.
Con i prezzi del greggio ai minimi da 11 anni, i produttori di petrolio più grandi del mondo si trovano a dover rivedere i propri piani di investimento, effettuando significativi tagli. La Chevron (CVX.N) e la ConocoPhillips (COP.N) hanno già pubblicato piani per tagliare i propri budget per il 2016.