Conflitto israelo-palestinese: si auspica un accordo internazionale

di Salvatore Caruana

livni tipziLo scorso 25 settembre Israele e Palestina hanno avuto modo di discutere in maniera riservata durante gli incontri della Assemblea generale delle Nazioni Unite. Da questo confronto diretto è stata partorita la comune volontà di continuare le negoziazioni per raggiungere la pace.
Ciò che emerge dalle trattative è che i rapporti tra i due Stati potrebbero subire una svolta epocale: il Segretario di Stato John Kerry aveva anticipato, poco prima dell’incontro tra le rispettive rappresentanze diplomatiche, che lo scopo delle trattative è quello di trovare un accordo definitivo che entri in sostituzione della pletora di intese temporanee stipulate dai due Stati. Per raggiungere l’obiettivo, prosegue Kerry, bisogna intensificare i negoziati di pace e rafforzare il ruolo di mediazione attualmente svolto dagli Stati Uniti.
Secondo Kerry i negoziati potrebbero svolgersi in due modi diversi: o verranno affidati ai capi delegazione dei rispettivi Stati – rispettivamente Tzipi Livni e Ytzhak Molcho per Israele, Saeb Erekat e Mohammed Shtayyeh per la Palestina – , oppure se ne occuperanno personalmente i rispettivi premier Netanyahu e Abbas, assistiti dal presidente americano Obama e dallo stesso John Kerry.
Ma vi è di più. All’interno di questo grande progetto vi sarebbe la volontà di convenire i termini di un accordo economico, con l’obiettivo di guidare il popolo palestinese verso la crescita economica. Il ministro degli Esteri palestinese Shukri Bishara si è dichiarato finora molto soddisfatto dell’esito dei negoziati.
Il clima sembra essere alquanto distensivo anche dalla parte di Israele: Yuval Steinitz, ministro degli Esteri israeliano, ha infatti dichiarato: “noi abbiamo interesse a che la Palestina abbia un’economia forte… una migliore situazione economica può generare un miglior clima politico”. La distensione però non rimane confinata alle dichiarazioni a mezzo stampa, ma pare stia avendo anche dei risvolti pratici: Israele ha annunciato che sta già allentando alcune restrizioni nei confronti della Striscia di Gaza (la zona più povera della Palestina) e del West Bank. Inoltre il ministro degli Esteri israeliano Yuval Steinitz ha dichiarato che verranno rilasciati 5000 nuovi permessi per consentire ai palestinesi di poter lavorare in Israele, potrebbe essere agevolata l’importazione di materiale edilizio nella Striscia di Gaza e potrebbe essere prolungata l’apertura per il passaggio dell’Allenby Bridge per i cittadini palestinesi.
Nonostante gli ultimi risvolti lascino intravedere soluzioni positive nei rapporti fra i due Stati, molto resta ancora da fare: la Palestina rimane ad oggi isolata da Israele e ciò non le permette di svilupparsi liberamente. Da ciò deriva un tessuto economico e sociale molto debole, con ampie fasce di povertà tra la popolazione; una frangia violenta alla stregua del terrorismo islamico che è rappresentata dai miliziani di Hamas ed una finanza pubblica che si regge in massima parte su donazioni internazionali.
Finché Israele deciderà di tener fede alle promesse sopra citate vi sono tutti i presupposti per giungere alle soluzioni auspicate da ambo le parti ma… siamo solo all’inizio.

Nella foto: Tipzi Livni