Coronavirus. Ricerca Unicef sui comportamenti durante il lock down

di C. Alessandro Maceri –

Come stanno vivendo la pandemia i ragazzi, gli adolescenti in tutto il mondo? A porsi questa domanda è stato UNICEF che grazie ad un network globale ha effettuato una ricerca per capire come sono stati vissuti in tutto il mondo pandemia e lock down soprattutto dai giovani. A oltre 5mila giovani e meno giovani di tutto il pianeta sono state poste alcune domande su come hanno affrontato alcuni aspetti durante la pandemia e cosa ne pensano della situazione attuale e del prossimo futuro. Alle domande hanno risposto in prevalenza soggetti di sesso maschile, per oltre la metà giovani o adolescenti in età scolare. Circa il 60% di loro vive in città, i restanti fuori dai centri urbani. E le sorprese non sono mancate.
La prima risposta che dovrebbe far riflettere è quella se gli amici sono stati d’aiuto durante la pandemia: oltre due intervistati su tre hanno risposto positivamente. Questo però non è bastato a farli sentire più sicuri: delle 5.288 persone che hanno risposto alla domanda se si sentivano al sicuro dopo la pandemia, oltre un terzo ha risposto che la situazione è peggiorata, un terzo ha detto che non è cambiato nulla e meno del 26% ha detto che si sente più al sicuro.
Anche sui dispositivi di protezione le sorprese non sono mancate. L’uso delle mascherine protettive è ritenuto obbligatorio per il 74% dei casi. Per contro il 10 % delle persone che hanno partecipato al sondaggio non è stato costretto ad indossarle e il 16% le ha indossate di rado. Al di là degli obblighi, tra le motivazioni addotte per non indossare le mascherine la prima è stata la mancanza di fiducia nelle misure imposte dai governi, la seconda (20%) l’elevato costo delle mascherine seguito dalla difficoltà di trovarle e venirne in possesso (14%) o dal fatto che erano “scomode” (18%). Interessante il dato di quanti non hanno indossato questa protezione perché si vergognavano (6%) o perché i propri familiari non l’hanno mai usata (5%).
Nonostante ciò praticamente tutti gli intervistati hanno risposto di essere convinti dell’importanza di indossarle: solo l’1% ha dichiarato che secondo loro non era importante farlo. Allo stesso modo solo il 2% ha dichiarato che non era importante che fossero gli altri ad indossarla (al contrario per l’82% era molto importante). Metà (46%) di quanti hanno indossato la mascherina si sono sentiti più protetti facendolo, pur essendo scomoda per un terzo delle persone che hanno risposto a questa domanda in tutto il pianeta.
Un aspetto interessante relativo a questi dispositivi di protezione è l’origine: le mascherine più utilizzate (51%) sono state quelle fatte in casa, proprio quelle che in teoria non garantirebbero alcuna reale protezione al contagio. Ciononostante il 64% degli intervistati ha dichiarato di indossare sempre la mascherina in pubblico (il 25% il più delle volte); al contrario, solo il 2% ha detto di non utilizzarla anche in pubblico.
Essere stati costretti a rimanere chiusi in casa ha avuto anche altri effetti collaterali (prevedibili): quasi la metà dei soggetti intervistati ha dichiarato di aver avuto esperienze negative online durante la pandemia (ma il loro numero potrebbe essere molto maggiore: circa un terzo di loro ha detto di “non sapere”). Diversi gli ambiti in cui si sono verificati i problemi in rete. Primo fra tutti il cyberbullismo, seguito dalla pubblicazione di contenuti inappropriati e da attacchi ingiuriosi (hate speech).
Interessante il modo in cui sono stati seguiti i consigli ricevuti (dalle autorità o dai media): oltre il 95% degli intervistati ha risposto di tenerne conto.
Il dato che ha sorpreso più di tutti però è stato quello relativo al futuro: l’85% delle persone intervistate hanno dichiarato di essere preoccupate per il futuro.