Croazia. L’enigma del Banski dvori

di Valentino De Berardis –

Banski dvoriTra annunci e smentite e accuse incrociate, la maggioranza di governo che sostiene il primo ministro Tihomir Oreskovic sembra essere sull’orlo della definitiva implosione. Una situazione di incertezza figlia dei risultati elettorali usciti fuori dalle urne lo scorso novembre, senza vincitori e vinti. La svolta in positivo raggiunta con la formazione del nuovo esecutivo nato dal connubio HDZ-Most (con l’appoggio esterno del partito Milan Bandic 365) si è dimostrato con il trascorrere del tempo un fuoco di paglia, incapace di tirare fuori il paese da un preoccupante immobilismo dell’attività legislativa. Una maggioranza risicata in parlamento ed agende politiche per certi aspetti inconciliabili, sommate ad un primo ministro impegnato a ritagliarsi sempre più ampi margini di manovra per non rimanere impaludato da veti incrociati dei due partiti di coalizione hanno contribuito a rendere la maggioranza traballante, o almeno non granitica come dovrebbe essere per poter supportare adeguatamente l’esecutivo nel suo processo riformista.
Il rompicapo croato è andato maggiormente ad ingarbugliarsi nell’ultimo periodo con le voci di un rimpasto di governo, o persino la nascita di maggioranze alternative, che hanno preso sempre più consistenza, tra “cambi di casacca” di alcuni parlamentari, scandali politici e una ripresa dell’economia che stenta a decollare.
Una prima forte fibrillazione è stata registrata il 13 maggio, quando per il terzo venerdì consecutivo in parlamento è mancato il numero legale per l’approvazione degli ordini del giorno (con la conta fermatasi a 75 deputati presenti, ad uno solo dal quorum necessario). Aprendo la porta ad un ventaglio infinito di illazioni che si trattasse di un messaggio in codice all’esecutivo per non intraprendere alcune riforme, oppure a prove generali per la creazione di una diversa maggioranza, o ancora per forzare la mano alla presidenza della repubblica e spingerla ad indire elezioni anticipate. In questa fase sembra essere vero tutto e il contrario di tutto, con l’unica conferma che in linea con le previsioni della quasi totalità degli analisti, che il gabinetto Oreskovic nato per superare uno stallo politico temporaneo del parlamento, fosse per sua natura impossibilitato a giungere al termine naturale del suo mandato.
Se Atene piange, Sparta non ride. Il centrosinistra riunito attorno al SDP appare incapace di dare vita ad una reale e credibile alternativa di governo. La corsa alla leadership del partito, Socialdemocratico terminata ad aprile 2016 con la riconferma di Milanovic su Komadina, ha lasciato a terra cocci di un vaso difficile da rimettere assieme. La vittoria dell’ex primo ministro ha polarizzato le distanze non solo all’interno del partito stesso, ma anche con alcune anime del centrosinistra che vedevano in Komadina un elemento aggregatore su cui costruire un chiaro progetto politico, dote che invece non viene riconosciuta a Milanovic. Non ultimo lo scontro questi e il sindaco di Spalato Baldasar (che ad aprile aveva sostenuto apertamente Komadina), a cui è seguito l’azzeramento del SDP locale e la fuoriuscita di Baldanza e i suoi accoliti dal partito, per annunciare a stretto giro la creazione di un nuovo soggetto politico che certamente andrà a drenare ulteriori voti ai Socialdemocratici, e allungare la strada per tornare al Banski dvori.
Nonostante i molteplici mal di pancia, il SDP provano a fare il loro lavoro di opposizione per dare la spallata decisiva al governo. Facendo leva sulla tempesta mediatica che ha travolto il primo vicepremier Karamarko (o sarebbe più esatto ire la moglie di quest’ultimo), circa un presunto legame d’affari con un personaggio vicino alla compagnia petrolifera MOL (la medesima compagnia coinvolta da accuse di corruzione che hanno portato alla condanna dell’ex primo ministro croato Sanader a oltre otto anni di detenzione), i Socialdemocratici hanno presentato una mozione di sfiducia contro Karamarko, che ha letteralmente spaccato in due l’esecutivo. Riunito in sessione lo scorso 27 maggio, il consiglio dei ministri ha respinto la mozione di sfiducia contro il vicepremier con 16 voti contro 7, con HDZ e Most su posizioni diametralmente opposte. Resta da capire quali potranno essere le possibili mosse prima che la mozioni arrivi in parlamento (presumibilmente metà giugno). Un passo indietro di Karamarko sembra da escludersi a priori, molto già probabile che ci cercherò di dividere il fronte del Most in parlamento e convincere qualche deputato a non rispettare la linea del partito a votare contro il primo vicepremier. Una strada ardua ma al momento l’unica percorribile per poter arrivare alla fatidica quota 76 parlamentari. Qualora questo obiettivo dovesse essere mancato, ci sarebbero tutti i presupposti per l’apertura di una crisi di governo al buio, e tutte le strade sarebbero percorribili: nuova maggioranza politica, governo di minoranza, grande coalizione, elezioni anticipate o governo tecnico. Tutte ipotesi mai verificatesi nei quasi trent’anni di storia del paese, a dimostrazione di quanto la situazione sia eccezionale e di difficile gestione.
Un rompicapo con sulla sfonda la Croazia e i molti problemi economico-sociali ancora irrisolti, dalla privatizzazione delle aziende pubbliche, alla riforma del sistema sanitario nazionale, alla riforma del sistema pensionistico, solo per citarne alcuni.

@debernardisv
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