G7. Nucleare iraniano: Merkel spinge per il riavvio del Jpcoa

di Enrico Oliari

La riattivazione del Jpcoa, l’accordo sul nucleare iraniano sottoscritto dal “5+1” nel 2015 e poi di fatto sospeso con il ritiro degli Usa nel 2019, è uno degli argomenti centrali del G7 virtuale guidato dalla Germania. Nonostante l’Aiea, l’Agenzia atomica dell’Onu, avesse certificato il rispetto pedissequo degli iraniani del Jpcoa, l’amministrazione di Donald Trump si era ritirata evidentemente per compiacere Israele, aveva reintrodotto le sanzioni alla Repubblica Islamica ed aveva imposto agli alleati, pena ritorsioni, di fare altrettanto. Un’iniziativa che ha inflitto all’Iran importanti danni economici, ma che si era tradotta con l’aumento dell’arricchimento dell’uranio necessario ai fini atomici, per quanto l’Iran avesse sempre dichiarato la non intenzione a costruire testate nucleari. La crisi si era accentuata ai primi di gennaio, quando in un attacco con droni su Baghdad gli statunitensi avevano ucciso il noto generale dei Pasdaran Qassem Soleimani ed esponenti delle milizie sciite irachene: Teheran aveva annunciato l’uscita dall’accordo sul nucleare e soprattutto la ripresa dell’arricchimento dell’uranio “senza restrizioni, in base alle nostre esigenze tecniche”.
L’atteggiamento prudente degli altri firmatari dell’accordo (Cina, Russia, Francia + Germania – Ue) è stato ripagato con la salita alla Casa Bianca di Joe Biden, e già la cancelliera tedesca Angela Merkel, la quale da subito ha affermato il suo impegno “per portare nuovo slancio nelle trattative”, ha sentito il presidente iraniano Hassan Rohani ponendosi come intermediaria con Biden.
“Adesso dobbiamo fare attenzione a che non sorgano problematiche su chi fa il primo passo”, ha dichiarato Merkel, sottolineando comunque che “Tutti concordano sul fatto che questo accordo dovrebbe avere un’altra chance”.
Biden, per il quale “L’era dell’America First è finita. L’America è tornata e l’alleanza transatlantica è tornata” e “Gli Stati Uniti non vogliono una nuova Guerra Fredda”, ha detto al G7 che gli Usa sono per il dialogo e la diplomazia, “ma bisogna rispondere alle azioni destabilizzanti dell’Iran”.
Contrario al dialogo l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, per il quale “L’ayatollah capisce solo la forza. Io ho guidato una risposta alla minaccia iraniana che aveva come obiettivo quello di proteggere gli americani e sostenere Israele”, ma è un dato di fatto che la politica dell’amministrazione Trump si è dimostrata controproducente, proprio con l’aumento della capacità nucleare degli iraniani.
Più logico concludere che Trump, certo della sua rielezione, avesse cercato il casus belli, dal momento che gli Usa sono militarmente presenti dal Marocco al Kirghizistan secondo una linea orizzontale, e fino a poco fa erano cinque i paesi che non avevano militari americani sul proprio territorio, cioè Iraq (guerra), Afghanistan (guerra), Libia (guerra), Siria (guerra, ma lì si è messa di traverso la Russia) e appunto Iran, paese popoloso e complesso sotto ogni profilo.