Georgia. Le manovre di Bruxelles per passare dall’associazione all’annessione

E a Tbilisi noi europei paghiamo persino gli avvocati a chiunque.

di Dario Rivolta * –

Quanti cittadini europei sanno cosa fa e quanto spende l’Europa di Bruxelles in Georgia? Quanti sanno che la NATO sta ancora spingendo per ottenere il suo ingresso nell’organizzazione? Quanti politici italiani, nel governo o nel Parlamento, approvano queste operazioni e vi hanno dato il loro assenso?
Ho sempre provato simpatia per i georgiani (salvo uno di loro che si trasferì a Mosca circa un secolo fa) e apprezzo la loro cucina ricca di sapori come la nostra mediterranea. Forse c’entra anche il fatto che il monte Ararat, così significativo per la nostra mitologia, stia dalle loro parti. Oppure che la definizione che gli anglosassoni danno a tutti noi europei è di essere “tipi caucasici”. Oppure ancora, più semplicemente, mi piace credere quel che si dice in merito alla bellezza arcana delle loro donne. Il risultato è che se avessi un qualche pregiudizio nei confronti di quel Paese sarebbe solo molto favorevole.
Tuttavia una cosa sono i sentimenti individuali e un’altra la politica che uno Stato vuole o deve seguire. E non sempre le cose coincidono. A volte, mi è capitato di leggere qualche notiziola che riguardava conflitti politici interni al Paese ma meglio ricordo quando il presidente Usa George Bush voleva inserire di forza la Georgia e l’Ucraina nella NATO. La cosa non si concluse perché Germania e Francia ritennero si trattasse di una inutile provocazione verso la Russia e non vedevano alcun motivo strategico per procedere su quella strada. Per di più, poco dopo, gli elettori georgiani scaricarono brutalmente il presidente Shakasvili, quello che aveva voluto lanciare una guerra contro la Russia sperando in un intervento americano a sostegno. Pensai, allora, che la questione fosse chiusa e che il buon senso avesse trionfato: la Georgia non è un paese europeo né atlantico, il Caucaso è l’unica barriera naturale che protegge la Russia dal sud e, una volta che ci fosse garantito il transito sul suo territorio del gas azero diretto in Europa, noi non avevamo più alcun interesse a intrometterci da quelle parti. Inoltre c’è la questione dell’Abkhazia e dell’Ossetia, grana da cui ci converrebbe stare lontani.
Purtroppo mi sbagliavo. Nonostante le smentite ufficiali, negli USA e in Europa c’è ancora qualcuno che coltiva l’idea che la Russia vada “contenuta”, costi quel che costi. Il fatto che in America ci siano tuttora tanti nostalgici della Guerra Fredda non è una novità, ma che anche Bruxelles si accodi a strategie scritte altrove e soprattutto discordanti con i nostri veri interessi mi indigna.
Eppure è proprio quello che la Commissione sta facendo. Passi il Trade Agreement entrato in vigore nel luglio 2016. Passi anche l’accordo del marzo 2017 che consente a tutti i cittadini georgiani di entrare nei Paesi dell’Unione senza bisogno di alcun Visto. Ciò che comincia a essere meno comprensibile sono i soldi investiti per garantire dal novembre 2017 un supporto legale gratuito per ogni georgiano che lo desidera. Da quella data ben 90mila cittadini di quel Paese sono stati assistiti a nostre spese nei loro tribunali e 140mila hanno avuto consulti altrettanto gratuiti (lo cita la georgiana Tinatin Tsertsvadze in un articolo per il nostro ISPI). Perché non lo facciamo anche per tutti quegli italiani che devono rinunciare a rivolgersi alla giustizia poiché non possono affrontarne i costi?
La cosa peggiore è che da Bruxelles si continua a trattare la Georgia come un Paese, per ora semplice “Associato”, destinato ad essere “integrato” nell’Unione.
Chi lo ha deciso? Chi fa la politica estera dell’Unione? A chi rispondono politici e funzionari di Bruxelles quando si incamminano su strade come questa? Chi mi sa spiegare quale logica e quali interessi possano spingere verso una nuova membership per uno Stato di cui possiamo e vogliamo tranquillamente fare a meno? Non abbiamo già tratto sufficiente esperienza con Paesi come la Polonia che si prendono un sacco dei nostri soldi e poi fanno soltanto ciò che piace loro?
Una cosa è cercare di avere buoni rapporti con tutti. Un’altra è intrometterci, intralciandoli, negli interessi e nel desiderio di sicurezza di Paesi che, invece, potrebbero costituire un nostro vero interesse economico e strategico ben più importante.
Che quanto stia accadendo con la Georgia non è frutto del caso, né una semplice superficialità di comportamento, è provato da altre azioni che la Commissione sta conducendo. Sempre nel Caucaso una delegazione europea si è permessa di intromettersi nella politica interna dell’Armenia poche settimane or sono. I solerti inviati da Bruxelles hanno voluto sottolineare che era loro intenzione rimanere “neutrali” tra le varie fazioni politiche del Paese però hanno rilasciato commenti sui disordini che avevano funestato Erevan poco prima. Hanno anche sottolineato il loro auspicio che “si continuasse nei progressi democratici” e che si realizzasse una riforma elettorale. Cosa ciò significhi e perché lo si sia fatto lo si vede con chiarezza leggendo una testata d’opinione di Washington, The Hill, che spiega apertamente come gli USA trarrebbero vantaggio da una nuova Amministrazione armena che possa trascinare il Paese nell’orbita Occidentale ancora di più di quanto si stia già facendo (ne parla, criticamente, anche il grande politologo americano George Friedman).
Che si stia preparando una nuova “rivoluzione arancione” come quella messa in piedi in Ucraina? Dove si decide e a vantaggio di chi?

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.