Il conflitto israelo-palestinese

di Carmine Stabile

Negli ultimi giorni un forte terremoto geo-internazionale con epicentro in Palestina ha riportato venti di guerra in Medio-Oriente. I confini israelo-palestinesi rispecchiano il problema dell’attuale conflitto. L’etimologia palestinese associata al “mandato britannico”, illustra la Palestina come l’area geografica che comprende: lo Stato d’Israele, la Cisgiordania (West Bank) e la Striscia di Gaza. Mentre per l’etimologia moderna, la Palestina è suddivisa geograficamente in due stati. Da un lato lo “stato ebraico d’Israele” e dall’altro lato lo “stato arabo palestinese” che comprende attualmente la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est (capitale della Palestina) e sede ospitante delle tre maggiori religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islam.
Per comprendere al meglio la dinamica bellica in corso, occorre scomporre i confini geografici delle aree interessate.

Israele.
Lo stato israeliano sotto l’amministrazione del primo ministro Benjamin Netanyahu, confina a nord con il Libano, a nord-est con la Siria, a est con la Giordania e la Cisgiordania (confine palestinese), a sud-ovest con l’Egitto e la striscia di Gaza (confine palestinese), e il Mar Rosso a sud (confine palestinese). Mentre ad ovest, i confini sono bagnati dal Mar Mediterraneo che rendono lo stato ebraico un crocevia triangolare tra Europa, Africa e Asia.

Striscia di Gaza.
È un’exclave del territorio palestinese asserragliato tra l’Israele e l’Egitto, in cui vivono all’incirca 1,4 milioni di palestinesi. L’exclave è un “territorio isolato” dallo Stato al quale appartiene, geograficamente ubicato in uno Stato straniero. Il piano politico è attualmente sotto il controllo di Hamas che ne gestisce la sfera governativa. Hamas è un movimento di resistenza, classificato come “organizzazione politica e paramilitare palestinese” di stampo islamista. In questo caso l’Islam, si associa ad una visione politica che si discosta dai canoni di carattere religioso. Quando si parla di Islam, si fa riferimento alla pluralità. Ne esistono molti e spesso sono in conflitto tra loro, cercando di porre in evidenza il proprio “fondamentalismo islamista”. La visione geopolitica delle potenze globali, resta in conflitto sulla concezione di Hamas. L’UE, l’OAS, gli USA, il Canada e il Giappone la considerano organizzazione terroristica nella sua totalità. Mentre altri Stati quali UK, Australia, Nuova Zelanda e Paraguay considerano di stampo terroristico soltanto la sfera militare e non la sfera politica.

Cisgiordania.
Ricopre la porzione più grande del territorio palestinese. È denominata anche “West Bank” per via della sua posizione sulla riva occidentale del fiume Giordano e si estende fino alla città di Gerusalemme. Il capo di stato cisgiordano è Maḥmūd ʿAbbās anche conosciuto come Abu Mazen.
Le radici del conflitto attraversano secoli di storia. Il punto nevralgico della crisi si evidenziò il 14 maggio del 1948. In tale data, l’allora primo ministro israeliano David Ben Gurion, proclamò ufficialmente la nascita del neo-stato israeliano. La proclamazione dello stato, innescò un meccanismo irrefrenabile di conflitti. Nello stesso giorno rappresaglie siriane, giordane, egiziane ed irachene iniziarono ad assediare Israele. La controffensiva ebraica fu immediata. Gli israeliani iniziarono ad occupare i territori palestinesi. L’assedio israeliano, portò i palestinesi alla costituzione di movimenti politici per la liberazione della Palestina. Infatti nel 1964, fu costituita l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) con lo scopo di dar voce al popolo palestinese.
Il conflitto si avviò sulla scena internazionale negli anni novanta. Nel 1993 il presidente palestinese Yasser Arafat a capo dell’OLP e l’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, firmarono presso la Casa Bianca gli “accordi di Oslo”, sotto la supervisione del capo di stato americano Bill Clinton. Questi accordi determinarono: il diritto di Israele ad esistere, rinunciando all’uso della violenza per la creazione di uno stato palestinese. Il tutto si rivelò fallimentare. Il fallimento degli “accordi di Oslo”, portò alla stipula nel 1995 degli “accordi di Oslo II”. Con tali accordi la West Bank fu suddivisa in tre zone: zona A, zona B e zona C. La zona A sotto il controllo palestinese; la zona B sotto il controllo congiunto israelo-palestinese e la zona C sotto il controllo israeliano. In sintesi, gli “accordi di Oslo II” si rivelarono strategici per Israele, al quale fu affidato il controllo delle principali via d’accesso alla regione.
In conclusione, si può constatare che i conflitti in atto nelle zone instabili del globo, evidenziano lo stesso grado di criticità: “la rivendicazione dello stesso territorio da parte di due popoli”. La stessa criticità la si può riscontrare nell’attuale conflitto russo-ucraino.