Il ruolo dell’intelligece economica nell’ampliato panorama geostrategico del 2022

di Massimo Ortolani

La storia delle recenti recessioni economiche, dalle due di matrice finanziaria che hanno connotato i primi quindici anni di questo secolo, a quella attuale di origine sanitaria, e ben più profonda delle precedenti, testimoniano di come l’uscita dal contesto recessivo sia dipesa più dagli oculati interventi dei regolatori e dei policy maker che da attesi riequilibri di mercato. Tuttavia sono le modalità di uscita dalla crisi economica da Covid-19 a fornirci forse i più validi insegnamenti per l’applicazione di criteri di intelligence economica. ​​​​​​​Ovvero che la ripresa economica si sta raggiungendo a fronte di un cambiamento dei paradigmi stessi dei meccanismi di aggiustamento di mercato. Ora resi dai policy maker molto più sensibili e dipendenti dalla variabile ambientale ed interpretati in una ottica protesa anche al bene comune, oltre che al profitto. Ci si è finalmente accorti che i danni ambientali generabili da una globalizzazione senza regole si traducono in diseconomie esterne in grado di ridurre pericolosamente i vantaggi economici della globalizzazione stessa, oltre ad esporci ad un ulteriore e non visibile rischio. ​​​​​​​​​​​​Ha infatti disvelato come, in assenza di politiche industriali animate dalla comprensione dei fattori di strategicità geoeconomica nel medio lungo termine, si possa arrivare anche a dovere fermare linee di produzione per carenza di inputs strategici, la cui diffusione sul mercato risulti sottoponibile a condizionalità geopolitiche di intelligence estere e non governabili nel breve periodo. Questo è forse il più utile insegnamento di Intelligence economica di cui tenere conto. Poiché d’ora innanzi contribuirà certamente ad inserire nei futuri programmi di intervento legislativo su commercio ed investimenti, e tanto a livello unionale che nazionale la considerazione della rilevanza dell’elemento di vulnerabilità strategica nel medio-lungo periodo. E la vulnerabilità strategica, in particolare se esacerbata dalla pandemia, rappresenta un fattore di intelligence da cui non si più prescindere, in particolare quando se ne debbano declinare le applicazioni per l’appunto in una prospettiva di autonomia strategica, come proposto dalla Commissione. ​​​​​​​​​​​​Tale diverso atteggiamento critico, sta per contro comportando l’applicazione di criteri di natura protezionistica che vanno però anch’essi modulati in una ottica di non interferenza con le tendenze di equilibrio dei mercati nel lungo periodo. In relazione, ad esempio, alla legislazione del Golden Power, la difesa da acquisti predatori di aziende italiane potrebbe dotarsi di norme, come già in atto negli USA: CFIUS fornisce tempo aggiuntivo ai paesi per qualificarsi come “Stati esteri esclusi” Lessologia (lexology.com), che consentono un affidamento temporaneo a maggiori gradi di libertà e fiducia, in relazione ad investimenti provenienti da specifici paesi alleati. E che possono rivelarsi anche un potente strumento di diplomazia economica e politica nella misura in cui predeterminano il ricorso a diversi gradi di tutela della sicurezza nazionale da applicarsi in relazione a specifici settori di investimento e a stati esteri degli investitori. ​​​​​​Al fine di non disincentivare l’afflusso di investimenti diretti nel nostro paese, sarebbe inoltre utile predisporre norme secondarie che definiscano i criteri con i quali stabilire se il piano salva-lavoro, che le grandi aziende che intendono chiudere in Italia dovranno obbligatoriamente presentare, si possa definire lacunoso o meno. Mentre sarebbe benefico attendersi norme UE per la definizione di indennizzi tra stati, nei casi di chiusura di stabilimenti in uno stato membro e di contestuale apertura in un altro dell’Unione.​ ​​​​​​​Stanti le esperienze del recente passato, anche per quanto attiene il mondo della finanza è ora necessario assumere un atteggiamento vigile sulle tendenze in atto da parte dei regolatori e dei mercati. E’ già nota infatt, l’autorevole opinione di chi riteine che gli effetti del grande afflusso di liquidità che ha inondato i mercati a seguito della crisi pandemica, ed i livelli di inflazione elevata rispetto al passato, da verificare se temporanea o strutturale, non inibiranno comunque, d’ora in avanti, l’applicazione di interventi alla whatever it takes. E come la prevalenza di fatto di questo contesto regolatorio tenda ormai a generare una sorta di azzardo morale per gli stessi mercati finanziari. Ma in astratto anche per gli stati a maggiore indebitamento relativo, in quanto nel contesto di un sorta di repressione finanziaria, in cui il risparmio genera rendite molto basse e inferiori al tasso di inflazione, e in cui il tasso di interesse reale dei titoli del debito pubblico continua a rimanere negativo, si creano le condizioni per una forma indiretta e non esplicita di riduzione del debito pubblico. ​​​​​​​​​​Questo insieme di circostanze non può che portare ad enfatizzare, quindi, il ruolo della geopolitica economica intesa nelle sue declinazioni di medio-lungo e di breve periodo. Infatti se, in tale ottica ci si riferisce alla politica energetica, non vi è dubbio che, per ridurre i rischi di vulnerabilità, sarebbe stato utile fin da subito, sul piano dell’Intelligence in ambito UE, considerare in tal senso il gas; consentendo anche nuove trivellazioni nazionali, pur se operative tra due anni, come indispensabile strumento di stabilizzazione dei prezzi nel tempo e di riduzione della dipendenza dall’estero; piuttosto che consentirne per peculiari utilizzi a seguito di ripensamenti sul programma Fit for 55. Sul piano dell’Intelligence a questo proposito meriterebbe approfondire la questione dell’impatto che le emozioni hanno sulle aspettative connesse al raggiungimento degli obiettivi sottesi appunto a grandi programmi, come quello energetico di cui sopra. (Ved. Come le emozioni modellano i dibattiti nel Parlamento europeo, EUROPP).​​​​ E’ noto inoltre che nel breve periodo le dolenti note che accompagnano la formale autorizzazione all’operatività del Nord Stream 2 stanno creando potenziali tensioni all’interno del governo della prima potenza economica della UE. Mentre hanno, per converso, consentito al governo statunitense di dimostrarsi diplomaticamente valido alleato sul piano geopolitico. Come tale interessato a rifornirla di GNL con lo scopo non solo di calmierare il prezzo del gas, ma anche e soprattutto di sfidare Mosca sul piano geopolitico. ​​​​​​​Per quanto concerne l’Italia merita accennare infine alle potenzialità di Intelligence economica individuabili nella condivisione, tra stati, di tematiche ed obiettivi di rilevanza strategica. Esempi eclatanti in tal senso appaiono il Trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania e quello del Quirinale tra Italia e Francia. Pur nella loro diversità strutturale, si caratterizzano, all’interno della UE, per gli impegni vincolanti di cooperazione su tematiche comuni ai tre stati e di assoluta rilevanza per l’intelligence economica. ​​​​​​​​In quello tra Francia e Germania all’ambito militare si affiancano clausole di collaborazione e coordinamento in politica estera ed economica, e la visione di uno spazio economico franco-tedesco con regole comuni molto preciso, per rafforzare l’integrazione delle due economie, avvalendosi di un apposito “consiglio di esperti economici” formato da tecnici indipendenti. Un cammino per comportamenti uniformi che traspare anche dal testo del Trattato del Quirinale, allorchè propone forme di cooperazione nell’ambito della sicurezza e della difesa (istituzione del Consiglio Franco-Italiano di Difesa e Sicurezza), e nella creazione di meccanismi regolari, per una consultazione rafforzata a livello politico nell’ambito degli affari esteri, oltre che di scambi diplomatici tra ministeri francese e italiano. ​E’ da tali premesse di condivisione di conoscenze e informazioni che potrebbe allora nascere in nuce una forma e un’area di cooperazione rafforzata in ambito UE, idonea a stabilizzarne politiche estera ed economica (ad es. rendendo strutturale il PNRR), e magari consentendo all’Italia di gestire parte di quel ruolo geopolitico pivotale in precedenza operato da Londra.