Indonesia. Mare di Natuna: dispiegata una nave da guerra che monitora movimenti cinesi

di Alberto Galvi

L’Indonesia ha dispiegato una nave da guerra, un aereo da pattugliamento marittimo e un drone neel Mare di Natuna Settentrionale per monitorare una nave della guardia costiera cinese che è stata attiva in un’area marittima ricca di risorse che entrambi i paesi rivendicano.
La nave della guardia costiera cinese CCG 5901 sta navigando dal 30 dicembre nel Mare di Natuna, in particolare vicino al giacimento di gas Tuna Block dell’Indonesia e al giacimento di petrolio e gas Chim Sao del Vietnam.
L’Indonesia ha ribattezzato nel 2017 la parte settentrionale della sua ZEE (Zona Economica Esclusiva) come Mare di Natuna Settentrionale. Ciò faceva parte di una risposta alle ambizioni e alle rivendicazioni marittime della Cina nel Mar Cinese Meridionale.
L’Indonesia sostiene che sotto l’UNCLOS (Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare) l’estremità a sud del Mar Cinese Meridionale, ribattezzato appunto Mare di Natuna Settentrionale, sia la sua ZEE. La UNCLOS conferisce alle navi diritti di navigazione attraverso le ZEE.
Per mesi del 2021 navi dall’Indonesia e dalla Cina si sono seguite a vicenda vicino a una piattaforma petrolifera sommergibile che stava eseguendo buone valutazioni nel blocco Tuna. A quel tempo la Cina ha esortato l’Indonesia a interrompere le trivellazioni, perché le attività si stavano svolgendo nel suo territorio.
La Cina afferma che l’area marittima indonesiana, “Linea a nove trattini” a forma di U, rientra nella sua vasta rivendicazione territoriale del Mar Cinese Meridionale. La Corte permanente di arbitrato dell’Aia ha ritenuto che la Linea a nove trattini a forma di U non avesse nel 2016 alcuna base giuridica.
La presenza della CCG 5901 potrebbe segnalare una crescente assertività cinese e arriva dopo che il Vietnam e l’Indonesia hanno concluso un accordo sui confini delle loro ZEE nell’area. L’Indonesia ha anche recentemente approvato un piano di sviluppo per il giacimento di gas di Tuna nel Mare di Natuna, che per iniziare la produzione prevede un investimento stimato di oltre 3 miliardi di dollari.