a cura di Gianluca Vivacqua –
‘Il presidente populista non ha retto al ritorno del presidente del popolo.
Da Bolsonaro a Lula: esattamente un anno fa, il risultato delle elezioni presidenziali brasiliane ripeteva quello delle presidenziali statunitensi di due anni prima. Bolsonaro, destabilizzante e pericoloso per la democrazia come Trump, riceveva il benservito dai cittadini ed era così costretto a lasciare il posto al ritorno della prudentia politica (nel caso di Lula, nello specifico, si trattava di un ritorno in scena vero e proprio; non così era stato per Biden, canuto debuttante alla Casa Bianca). Come Trump Bolsonaro non la prese bene ma c’è una differenza fondamentale tra i due: diversamente da Trump negli Usa, Bolsonaro sembra davvero una parentesi nella storia politica del suo Paese. Vediamo se è d’accordo con noi il professor Rafael Ioris, docente di storia latino-americana all’università di Denver.
– Professor Ioris, Bolsonaro ha vinto grazie ai pasticci della Rousseff, Lula invece grazie al suo mito?
“Bolsonaro è uscito da una crisi istituzionale che ha travolto l’intero sistema politico brasiliano. Non direttamente legato a ciò che Dilma aveva fatto, ma ad un movimento di opposizione organizzato che si coalizzava contro il PT e la sinistra in generale. Bolsonaro è servito da collante per molti nel respingere l’establishment. Lula è riuscito a tornare grazie al suo stesso appeal e perché Bolsonaro alla fine è stato respinto dai settori medi, in gran parte a causa della sua cattiva gestione della crisi Covid-19”.
– Nella storia del Brasile democratico si può dire che Lula sia al primo posto nella classifica dei presidenti più progressisti? Oppure Cardoso e Sarney sono più avanti di lui?
“Assolutamente. Cardoso fu importante per riformare molte strutture dello Stato e modernizzare (in modi controversi) l’economia. Sarney ha rappresentato il primo presidente non militare dopo 21 anni di governo militare, sebbene fosse stato membro del regime militare al Congresso. Lula è il primo vero presidente popolare (dei settori popolari) e quello con l’agenda più progressista per l’inclusione sociale”.
– Non c’è davvero nulla da salvare dal mandato di Bolsonaro che non è stato certo il primo presidente conservatore dalla restaurazione della democrazia, bensì il primo populista di destra?
“Niente di buono, di sicuro! Ha rappresentato la difesa del regime militare, dei valori autoritari, della cattiva gestione del governo e dell’approfondimento delle nozioni neoliberiste”.
– Com’è stato il passaggio da Bolsonaro a Lula?
“Lula (solo per un pelo) l’ha spuntata contro Bolsonaro perché è riuscito a mettere insieme un ampio fronte per la democrazia contro le visioni autoritarie di Bolsonaro e dei suoi sostenitori. La transizione è avvenuta, ma molti di questi sostenitori, compresi i membri più alti delle forze armate, hanno sostenuto un tentativo di colpo di stato l’8 gennaio. Quindi Lula è al potere nonostante Bolsonaro, non perché Bolsonaro abbia condotto una transizione pacifica”.
– Chi e cosa sarà il Lula del futuro?
“Questo sarà da vedere, dipenderà da cosa riuscirà a fare nei prossimi 3 anni. Ma finora le cose sono state difficili, ma è riuscito ad avviare il processo di ricostruzione della democrazia in Brasile, ricostruendo i programmi sociali, le politiche ambientali e, cosa molto importante, l’immagine diplomatica del Brasile all’estero”.
– Che valutazione si può fare di Bolsonaro?
“Come ho detto prima, Bolsonaro è servito a unire sentimenti e valori autoritari di altri tempi di persone che rimpiangono la dittatura e/o credono in un governo autoritario e che sono contrarie a politiche più inclusive per i poveri ma anche per le minoranze. Oltre a ciò, Bolsonaro ha contribuito a erodere la cultura e le istituzioni democratiche che erano state ricostruite a partire dagli anni ’80, creando nuove sfide per il Brasile”.