Je suis Lahore? Le reazioni dei “Socialnauti”

di Damiano Greco

computerViviamo in un tempo dove gli schemi dell’informazione si sono rivoluzionati: se in passato le “Breaking News” restavano un argomento esclusivo dei telegiornali e magari confinato successivamente ai programmi di approfondimento, oggi grazie alle nuove tecnologie tutto ciò si mescola inesorabilmente, divenendo attraverso i nuovi strumenti social una fonte viva di notizie. L’innovazione caratterizzata dalla accelerazione è parte integrante della società virtuale che inesorabilmente produce uno spazio di partecipazione, dimostrando di possedere virtù persuasive in grado di attrarre il pubblico attraverso nuove forme di narrazione che innescano meccanismi di identificazione a favore degli utenti. Il tutto con un linguaggio nuovo, un mix eterogeneo di immagini, musica e vocalità.
Le abitudini mediatiche degli utenti si sono ulteriormente diversificate, la consapevolezza da parte di quest’ultimi di poter divenire attori attivi, ha incoraggiato un nuovo fenomeno. Quello della partecipazione, che si lega con il senso di appartenenza ed alla primitiva necessità da parte dell’individuo di identificarsi e rassicurarsi con un gruppo sociale, che si esprime oggi attraverso i moderni mezzi di comunicazione, in una sorta di interdipendenza attraverso il conoscimento di una comune base ideologica che può essere legata a vere e proprie filosofie di vita, credenze religiose, idee politiche. Un filo conduttore che apre a nuovi percorsi di cui è difficile prevedere il luogo di arrivo. Ma come stiamo avendo modo di vedere lo sviluppo tecnologico non costituisce necessariamente un progresso verso alti livelli di qualità democratica. Talvolta si creano degli scenari disarmonici favorendo il depotenziamento del meccanismo democratico stesso.
La reazione del mondo social davanti ad una tragedia non è sempre immediata e nemmeno univoca, la linea che demarca una “tendenza social” ad un reale avvicinamento (seppur virtuale) è estremamente sottile. Si sfruttano determinati avvenimenti caricando uno status con relativi “hastag” per attrarre like o addirittura le nuove “emoticons” introdotte recentemente da Facebook, in una sorta di competizione alla condivisione o al commento più sensibile, per poi ritornare alla propria routine social caricando foto o link demenziali in una sorta di cinico carosello virtuale.
Mentre stiamo fissando lo schermo del nostro smartphone o tablet le notizie ci arrivano in tempo reale, magari nel momento in cui stiamo guardando una GIF (Graphics Interchange Format), oppure mentre stiamo sbirciando le foto appena caricate da un amico, ci ritroviamo davanti ad una notizia che interrompe il nostro “quieto scorrere digitale”, anche attraverso le testimonianze dirette di chi si trova nel luogo dove sta avvenendo il fatto. I “Socialnauti” facilmente volubili e influenzabili si ritrovano dunque esposti ad una pluralità di eventi, incapaci ad effettuare autonomamente una scrematura si affidano al trend del momento per esporre il proprio pensiero.
Se ciò è avvenuto con una forza dirompente attraverso una valanga di like, condivisioni e foto profilo modificate ad hoc con le bandiere dei paesi europei colpiti dagli attenti terroristici, non possiamo dire lo stesso per Ankara e soprattutto per Lahore dove le oltre 70 vittime e circa 320 feriti ad opera di kamikaze sono state in maggioranza donne e bambini di fede cristiana, che celebravano la Pasqua. Difficilmente aprendo Facebook oggi si potrà vedere un profilo con i colori della bandiera pakistana. Un paese che viene nuovamente colpito dal terrorismo attraverso un atto codardo che non ha nulla da “invidiare” a quelli che hanno insanguinato Parigi o Bruxelles.