Kenya. Lo sviluppo delle ferrovie come elemento pacificatore regionale

di Valentino De Bernardis

Kenya cina accordi ccccCon la conclusione del sesto Forum di Cooperazione Sino-Africano (FOCAC), tenutosi a Johannesburg a inizio dicembre, si rafforza l’impegno del governo di Pechino nei mega progetti infrastrutturali dell’africa sub-sahariana. Un interesse che, nonostante le analisi negative dei detrattori occidentali, ormai sembra riduttivo limitarlo alla voracità cinese delle materie prime africane, ma che andrebbe più correttamente inserito all’interno di un macro disegno della diplomazia cinese a ridisegnare i rapporti di forza, e le alleanze strategiche, a livello globale.
Tra i molti accordi conclusi durante il FOCAC, un particolare focus va certamente dedicato a quello firmato tra Kenya e Cina, attraverso il quale il paese africano otterrà un prestito di $1,5 miliardi per l’estensione della Standard Gauge Railway (SGR) da Nairobi a Naivasha, nel cuore della Rift Valley (a circa 80 km dalla capitale), in quello che dovrebbe diventare uno dei maggiori poli industriali del paese. Il nuovo impegno assunto da Pechino nello specifico andrà a coprire l’85% del finanziamento dell’opera, mentre il restante sarà a carico delle istituzioni keniote.
L’ammodernamento della rete ferroviaria keniota è parte di un più ampio programma infrastrutturale sub-regionale, denominato appunto SGR, a seguito dell’accordo firmato da Kenya, Uganda, Ruanda e Sud Sudan per un costo totale di circa $10 miliardi per un totale di di 2900 km. Il progetto prevede difatti il collegamento di Mombasa a Malaba (con una diramazione a Kisumu), per arrivare a Kampala, Kigali (con diramazione a Kasese) e Juba (con una diramazione per Pakwach).
Nella prima parte della realizzazione del SGR, cioè il tratto di 450 km che dividono Mombasa, Kilifi, Kwale, Taita-Taveta, Makueni, Kajiado, Machakos e Nairobi (costo stimato di $3,8 miliardi già cofinanziato al 90% dalla China Exim Bank), la nuova linea ferroviaria andrà a sostituire quella esistente di eredità coloniale, inadatta alle esigenze di un paese che mira a diventare il primo snodo commerciale della regione, dimezzando i tempi di percorrenza per merci e persone.
Difatti, in linea con la tabella di marcia, a margine del FOCAC, l’operatore nazionale Kenya Railways e il gruppo costruzioni pubbliche China Communications Construction Company Ltd (CCCC) hanno anche firmato un accordo per studiare la fattibilità della seconda fase del progetto, circa il possibile prolungamento della rete ferroviaria fino alla città di Malaba al confine con l’Uganda.
Per quanto concerne il Kenya la realizzazione del SGR nei tempi prestabiliti rientra all’interno del programma di sviluppo nazionale denominato Vision 2030, lanciato nel giugno 2008 dal presidente Mwai Kibaki, e continuato da Uhuru Muigai Kenyatta, per trasformare il paese in una economia a medio reddito entro il 2030 e semplificare il commercio transfrontaliero all’interno di una maggiore cooperazione regionale.
Per quanto concerne la Cina, nonostante tassi di crescita per la prima volta in flessione (la stima del Fondo Monetario Internazionale prevede una riduzione costante dal 7,3% del 2014 al 6% del 2017), con il rinnovato impegno nella realizzazione della SGR, sembra sempre più indirizzata a gettare le basi in quella che potrebbe essere definita una nuova via della seta. All’interno di un tale quadro il Kenya rappresenterebbe la principale via di accesso, data la sua posizione strategica, a territori con un ampio potenziale produttivo (non è difatti un segreto che il completamento della SGR un domani possa aiutare a raggiungere le regioni del nord-est della Repubblica Democratica del Congo ricca di risorse minerarie). Stati africani che inoltre potranno altresì fungere da valvola di sfogo ai prodotti dell’industria cinese, in un periodo storico in cui i maggiori partner commerciali cinesi (in particolare europei) sono ancora attanagliati da una perdurante crisi economica da cui fanno fatica ad uscire. In ultimo, attraverso tale nuova forma di diplomazia commerciale, fatta di imponenti investimenti e prestiti, Pechino mira a costruire una fitta rete di buoni rapporti bilaterali con il più ampio numero di stati africani, per avere alleati fidati all’interno dei consessi internazionali su cui applicare quella moral suasion necessaria per portare avanti le proprie istanze. Una teoria dei giochi win-win in cui tutti sembrano vincere, anche se qualcuno vince più degli altri.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.