La posizione politica contraddittoria (ed alquanto confusa) dell’Iran nei confronti della Siria

di Ehsan Soltani –

Il 29 agosto scorso la Reuters ha pubblicato la notizia (vedi) dell’avvertimento dato dall’Iran alla Nato del rischio di ritrovarsi in una palude in caso di intervento militare in Siria e quindi che essa si sarebbe resa responsabile delle tensioni in tutta l’area. Nel contempo lo stesso governo iraniano faceva sapere la propria solidarietà politico-militare a Damasco: si tratta di notizie che non sono state diffuse nei media ufficiali iraniani e gli stessi alti funzionari di Teheran non hanno dato segnali di reazione.
Mentre veniva pubblicata la notizia della Reuters, Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero per gli Affari Esteri, intervistato da un sito vicino ad Ali Larijani, presidente del Parlamento, ha dichiarato che “il governo di al-Assad deve rispettare il volere del proprio popolo ed avere un atteggiamento moderato nei confronti dei manifestanti dell’opposizione”.
Ancora Seyyed Ahmad Avaee, membro della commissione parlamentare per la Sicurezza nazionale, mercoledì scorso, rispondendo ai giornalisti, aveva detto che “il nostro appoggio assoluto nei confronti della Siria in realtà è sbagliato dal momento che i manifestanti sono fedeli musulmani e l’ondata di protesta è partita dal popolo”.
Dopo le posizioni di diversi esponenti del governo di Teheran per una politica morbida iraniana nei confronti delle proteste in Siria, il giornale ‘Sobhe Sadegh’, vicino ai Guardiani della Rivoluzione, riportava un articolo dal titolo ‘La posizione seria dell’Iran di fronte agli eventi in Siria’ in cui veniva spiegato che se le autorità turche avessero persistito nel sostegno ai manifestanti, il governo di Ankara avrebbe causato maggiori tensioni nell’area e quindi costretto l’Iran  a dover prendere per forza una posizione o da una parte o dall’altra e cioè, com’è logico in base alla convenienza ed agli aspetti ideologici, l’appoggio ad al-Assad; nell’articolo viene quindi espresso un invito alla Turchia a valutare bene il futuro e quindi a bloccare l’inevitabile scelta dell’Iran. L’autore dell’articolo scrive che tutto il mondo è al corrente dei rapporti che intercorrono fra Damasco ed Teheran e quindi che l’Iran non ha necessità di nasconderli proprio perché quanto accade in Siria è di primario interesse per l’Iran: “in base alla visione iraniana, il governo di al-Assad è impegnato nella risoluzione dei problemi del proprio paese e di certo se terminano le intromissioni straniere c’è la possibilità di riprendere ad operare in questo senso”. Non solo, “se la Turchia – ha continuato Sobhe Sadegh – vedesse in modo realistico la situazione siriana, appoggerebbe il governo di al-Assad e l’interazione fra l’Iran e la Turchia potrebbe portare risultati positivi”.
Contemporaneamente all’uscita dell’articolo del ‘Sobhe Sadegh’, sul sito Khabar online, vicino al presidente del Parlamento, appariva un articolo importante intitolato “In lutto del mio figlio giovane al-Assad”, in cui veniva espressa la delusione per la permanenza al potere del presidente siriano: “Nonostante le concessioni fatte ai manifestanti – ha riportato l’articolo – al-Assad non poteva controllare la crisi interna per via dei molteplici motivi dovuti agli appoggi dati all’opposizione da parte dei governi stranieri, interessi ben più forti della capacità di azione del governo siriano. Inoltre al-Assad poteva contare sull’appoggio di meno della metà della popolazione libanese, come pure l’esercito militare siriano si sta portando gradualmente verso un crollo. Quest’ultimo infatti è formato sostanzialmente da due tribù, gli alawiti, ai vertici della gerarchia militare, ed i sunniti, che sono la maggioranza e che ne rappresentano la base, impegnati frontalmente nella repressione delle manifestazioni. Il divario crescente fra alawiti e sunniti ha portato ad una situazione difficile per al-Assad, poiché prima era un elemento unitario di garanzia per il presidente siriano. Inoltre l’Arabia Saudita ed il gruppo libanese ‘XIV Marzo’ stanno incoraggiando in modo non del tutto nascosto i soldati sunniti al sostegno dei manifestanti. Dall’insieme di queste realtà si può evincere che lo stesso al-Assad non può uscire, nonostante le promesse di riforme, dalla difficile situazione creatasi.
Secondo l’autore dell’articolo il fallimento della politica del presidente siriano è assoluto e per il rovesciamento di al-Assad servono sanzioni economiche, il blocco dei beni all’estero, l’espulsione degli ambasciatori dai vari paesi, l’interdizione dei voli fino all’impegno di alcuni paesi nella partecipazione ad un attacco.
Secondo l’articolo riportato sul sito vicino al presidente del Parlamento iraniano, al-Assad sarebbe cosciente dell’imminente suo crollo e quindi potrebbe espandere la crisi a tutta l’area ricercando l’unità islamica in un attacco contro Israele. ‘E’ un bene quindi che al-Assad cada – è scritto nel pezzo -, ma è difficile che consegni agli aggressori le chiavi d’oro del Medioriente’.
Quest’ultima parte dell’articolo fa capire che gli analisti politici iraniani sono certi della caduta di al-Assad, ed ‘il crollo del giovane presidente della Siria rappresenterebbe una ferita di difficile guarigione per gli sciiti alawiti della zona”.
Guardando le posizioni più o meno ufficiali sopra riportate si capisce che l’Iran non ha una linea chiara in materia di Siria, bensì alcuni esponenti ritengono che anche in occasione di un’azione importante, come un attacco alla Siria, l’Iran rimarrà in silenzio e, semmai, opererà per una destabilizzazione in modo segreto.