Lamorgese in Tunisia per sbarchi e emergenza sanitaria. Ma restano insufficienti (se non impossibili) i rimpatri

di Guido Keller

Sono quasi 13mila i migranti sbarcati in Italia da gennaio, ed anche in questi giorni è un continuo arrivo di barche e barchini stracarichi di disperati e di gente in cerca in una sorte migliore e di sicurezza. A guadagnarci sono innanzitutto passanti e scafisti, ma è inutile nascondere che per gli stessi paesi di provenienza dei migranti il togliersi poveri e a lungo termine il far entrare le rimesse, cioè i soldi che vengono inviati a casa, rappresenti un vantaggio. Tant’è che l’Italia negli anni è riuscita a scucire accordi di rimpatrio con pochissimi governi e per un numero limitato di migranti: lo scorso anno il governo ha dichiarato “sicuri” 13 paesi, per cui gli extracomunitari da lì provenienti non hanno diritto all’asilo se non dimostrando essi stessi una situazione di pericolo, tuttavia quel poco che è scritto sulla carta è insufficiente se non impraticabile. Basti pensare che l’intesa con la Tunisia prevede che l’Italia invii due charter da 40 persone alla settimana a fronte delle migliaia di arrivi, il Marocco non vuole charter e pretende che ogni migrante sia accompagnato da due poliziotti su voli di linea a costi esorbitanti, un po’ meglio vanno le cose con Egitto, Gambia e Niger. Ma per il resto spedire a casa clandestini e irregolari è praticamente impossibile, e poco o nulla hanno fatto i governi di centrodestra e quelli di centrosinistra. Anche perché incidere, ad esempio, sulle relazioni commerciali significherebbe avviare azione simmetriche e colpire export e progetti nei vari paesi.
Intanto l’Italia si trova a gestire crisi su crisi, con migranti che fuggono dalle quarantene, centri stracolmi e disagio nelle città per una microcriminalità spesso indotta dalla clandestinità.
Per cercare di far fronte ai continui arrivi dalla vicina Tunisia e soprattutto per scongiurare la diffusione del Covid-19 la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, si recata in questi giorni a Tunisi dove ha incontrato il presidente della Repubblica Kais Saied e il ministro dell’Interno, Hichem Mechichi. Lamorgese ha fatto notare che specialmente con il perdurare della pandemia questi flussi incontrollati creano seri problemi legati alla sicurezza sanitaria nazionale, che si riverberano inevitabilmente sulle comunità locali interessate dai centri di accoglienza, dai quali, tra l’altro, i migranti tunisini in particolare cercano di allontanarsi in ogni modo prima del termine del periodo di quarantena obbligatorio.
Il ministro ha riconosciuto che “in Tunisia assistiamo a una crisi economica molto grave, senza precedenti. Una crisi che riguarda da vicino anche l’Italia perché ha effetti di ricaduta immediata con flussi eccezionali di sbarchi di migranti”, ed ha spiegato che “Gestire i flussi migratori di questa entità è difficile in tempi normali, ma ora con le problematiche legate alla diffusione del Covid-19 la situazione è diventata davvero molto complessa”. Per cui a Tunisi ha proposto di intensificare la collaborazione aumentando i controlli sia sul territorio tunisino che lungo le frontiere marittime, offrendo la possibilità di far addestrare poliziotti e militari dalle forze italiane, procurando radar e motori fuoribordo per i controlli e garantendo la manutenzione delle motovedette, anche di quelle non donate direttamente dall’Italia. Lamorgese si è inoltre impegnata per chiedere aiuti economici in Europa, dal momento che “la crisi tunisina rischia di avere conseguenze gravissime per tutti”. Ha poi riferito alla stampa che da Tunisi “ho ricevuto rassicurazioni sulla volontà di affrontare insieme la crisi”. Ma per ora di implementare i rimpatri non se ne è parlato.
Intanto dalla Libia giunge la triste notizia di tre migranti sudanesi uccisi e cinque rimasti feriti dopo che erano stati intercettati in mare ed erano stati fatti sbarcare sulla terra ferma dalla Guardia costiera: i militari hanno sparato loro mentre tentavano la fuga. A seguito dell’incidente Federico Soda, capo missione Oim in Libia, l’Organizzazione Onu per i migranti, ha ribadito che “Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili”, e che è necessario “affinché si agisca con urgenza per fermare i ritorni in Libia di persone vulnerabili”. “Inoltre – ha continuato – bisogna mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri. È altresì necessario che ci sia una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e gli Stati mediterranei che si trovano in prima linea”.