Le opere olandesi trafugare in Ucraina. E il riscatto, con la copertura delle autorità

di Dario Rivolta *

Westrief museum hoornA volte, confrontando la stampa straniera con la nostra, viene da domandarsi perché certe notiziesono pubblicate in tanti Paesi e, pur avendo potenziale interesse anche per i nostri lettori, i giornali italiani nemmeno ne fanno cenno. Può succedere che scrivano molto, e per più giorni, della stessa cosa, magari ripetendosi, e tacciono invece su altro pur altrettanto significativo. Un esempio? Tutti parlano dei reperti storici trafugati in Siria dall’Isis e poi rivenduti sul mercato nero e la nostra indignazione ne viene giustamente alimentata. Al contrario, nessuno ha riferito del tentativo di ricatto perpetrato da politici ucraini ai danni di un museo olandese e riguardante opere d’arte già oggetto di furto nello stesso museo.
E’ vero che i Jihadisti sono il nemico pubblico numero uno e che i partiti ucraini stanno dalla “nostra” parte, ma in entrambi i casi si tratta di delinquenti che attentano al nostro patrimonio culturale e la riprovazione generale dovrebbe riguardare entrambi. Perché di uno si parla e dell’altro non si fa cenno? Forse perché solo dei nemici si devono riportare tutte le malefatte e gli “amici” devono, al contrario, apparire solo “buoni” e “democratici”?
Eppure la notizia non solo è ghiotta, ma ci tocca da vicino se è vero che le opere d’arte rubate e oggetto di riciclaggio avrebbero potuto anche essere le nostre.
Per arrivare a conoscere quanto accaduto, ci occorre quindi leggere la stampa francese, britannica o comunque straniera. Parliamo di testate importanti come il Dailymail, il Guardian, la France24, il DeTelegraaf, il NLTimes. Tutti questi e altri ancora (ma non si può leggerli tutti) infatti hanno correttamente riferito che gruppi nazionalisti ucraini (il Partito della Libertà-Svoboda e il Partito Settore Destro-Prava), con la complicità dei servizi segreti ucraini (Sbu), stanno cercando di vendere sul mercato parallelo i dipinti rubati in Olanda.
Ma andiamo con ordine.
Una decina d’anni orsono, nel gennaio 2005, dal museo Westfries di Hoorn, una cittadina a circa 50 km da Amsterdam, spariscono ventiquattro quadri di vari autori olandesi, tutti del XVII secolo. Con loro scompaiono pure una settantina di manufatti in argento.
Per anni non se ne è saputo nulla ma, nello scorso luglio, due uomini che si presentano come inviati dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, contattano l’Ambasciata d’Olanda a Kiev affermando di potere restituire tutti i ventiquattro dipinti. Degli argenti però non si parla. A sostegno della loro sincerità, mostrano una fotografia di uno dei dipinti con a fianco un quotidiano locale del giorno precedente. In cambio della loro “generosità” chiedono cinquanta milioni di euro.
L’ambasciata informa subito il museo che, sentita l’amministrazione cittadina, decide di tentare la negoziazione per riportare a casa le opere giudicate particolarmente espressive per la cultura e la storia locale.
È inviato a Kiev un esperto d’arte, da sempre impegnato nel recupero di opere scomparse, lo storico Arthur Brand. Costui comunica immediatamente ai “venditori” che la cifra richiesta è molto superiore al valore della merce, stimata al momento della scomparsa per circa dieci milioni incluso le argenterie. I malfattori propongono allora di chiudere la questione per cinque milioni ma in cambio di sole dodici pitture. Brand, esaminata la fotografia e conscio che l’opera è stata danneggiata, come, probabilmente, anche le altre, offre allora 500mila euro non come riscatto, bensì a titolo di “premio per il ritrovamento”.
A questo punto le trattative s’interrompono e gli offerenti scompaiono.
“Sono spariti dopo due incontri” dichiara lo storico. E aggiunge di non poter sapere come le opere siano arrivate in Ucraina e che “Io non posso rivelare tutto, ma membri dello SBU sono implicati”.
Il direttore del museo tiene allora una Conferenza Stampa con Brand e con il sindaco della città olandese e, dopo aver comunicato di aver chiesto l’aiuto alle autorità ucraine senza alcun esito, è ancora più duro: “La nostra collezione è nelle mani di gente corrotta, che sta nel cuore profondo dell’elite politica ucraina”.
Non conosciamo personalmente questo direttore, ma o è un pazzo o un uomo veramente coraggioso, perché continua sostenendo di aver cercato di coinvolgere l’Interpol ma anche con loro senza successo: ”Entrambi, sia i ladri sia i venditori, sono così ben fortemente protetti che l’Interpol ha rifiutato di essere coinvolta”.
Dopo questi fallimenti, la trattativa interrotta, la latitanza delle autorità ucraine e dell’Interpol, il museo ha sentito l’esigenza di rendere pubblica tutta la questione poiché si teme che la merce rubata scompaia una seconda volta e sia magari venduta a ricettatori, in buona o in mala fede.
Anche da noi in Italia, Paese ricco di opere d’arte, molte sono quelle scomparse da musei pubblici o privati e gli ultimi furti risalgono a pochi giorni fa. Non è che anche da noi si debba attendere qualche “offerta” da qualche “democratico” ucraino? E, per avere la collaborazione del governo locale, basteranno i soldi che noi e l’Europa stiamo già riversando nelle sue casse?

Nella foto: il museo Westfries di Hoorn.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.