di Federica Luise * –
Con i giacimenti energetici in declino e la popolazione in aumento, nella primavera del 2015 l’Egitto cominciò ad importare gas e petrolio vista la sua incapacità di autosufficienza energetica. Pochi mesi dopo, la società energetica italiana ENI annunciò la scoperta dell’enorme giacimento di gas Zohr, che venne immediatamente definita la più grande scoperta nel Mar Mediterraneo degli ultimi venti anni.
Il giacimento Zohr rappresenta per l’Egitto l’opportunità di sviluppare il proprio settore energetico, con il merito della collaborazione tra ENI e la Egyptian General Petroleum Corporation EGPC, che prende il nome di Petrobel.
Il giacimento offshore si trova a circa 200 km da Port Said, ossia la punta dell’Egitto che guarda verso oriente, ed è in grado di soddisfare oltre il 60% del consumo energetico del Paese, così da trasformarsi da importatore ad esportatore e contribuire, senza alcun dubbio, alla stabilità energetica nazionale e regionale. Infatti, l’idea del presidente Al-Sisi era proprio quella di rendere l’Egitto un hub regionale di gas, aumentandone la prosperità economica grazie all’esportazione delle risorse naturali provenienti dal giacimento.
Le alte temperature che hanno caratterizzato questa estate sono state registrate anche in Egitto, incrementando la domanda di energia elettrica per il raffreddamento. Così, alla fine di luglio il presidente Al-Sisi ha adottato un nuovo programma di black-out della corrente elettrica da attuare nelle principali città egiziane per alcune ore, allo scopo di diminuire l’alto consumo energetico.
A ciò fanno da cornice la situazione di crisi economica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina e il conseguente bisogno di liquidità finanziaria e di moneta estera del Paese, proveniente principalmente dall’esportazione di gas naturale. Il programma di black-out permetterebbe quindi di ridurre il consumo nazionale di energia per salvaguardarne maggiormente l’utilizzo per l’esportazione. La popolazione egiziana ha ovviamente risposto negativamente all’interruzione di corrente, vedendosi intrappolata nel caldo torrido di agosto, ha denunciato le proprie condizioni all’Human Rights Watch, che ha dato cartellino giallo al Governo egiziano.
Pertanto, tutto ciò mostra la rovina del sogno egiziano di diventare un hub regionale di gas in grado di esportare energia in Europa, in Africa e in Medio Oriente, anche grazie al supporto di Israele nella vendita di gas. Infatti, con il rischio di una fallace sicurezza energetica nel Paese, il ministro dell’Energia israeliano, Israel Katz, e il governo di Al-Sisi hanno rafforzato le relazioni diplomatiche e la cooperazione energetica, concedendo nuove esportazioni di gas da Israele, che sembrerebbero però a solo uso domestico.
Il presidente egiziano Al-Sisi ha comunque stretto anche altri accordi energetici per la realizzazione di nuovi progetti rinnovabili, come le centrali elettriche Siemens o i parchi eolici e, allo stesso tempo, ha incontrato l’amministratore delegato di BP British Petroleum, Bernard Looney, per discutere della perforazione di quattro nuovi pozzi di gas naturale in Egitto, sempre guidati dalla joint venture con la Pharaonic Petroleum Company e Petrobel nel Paese.
Recentemente, il ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie dell’Egitto, Tarek El-Molla, ha dichiarato un’ambiziosa espansione della produzione di gas e petrolio del giacimento Zohr, prevista per il 2024-2025. La partnership tra Petrobel e l’ENI ha rappresentato un modello di successo per il settore energetico egiziano, contribuendo all’aumento della produzione energetica e allo sviluppo di tecnologie all’avanguardia.
Quindi, il progetto di intensificazione delle attività offshore ha molteplici obiettivi: in primo luogo, il Governo di Al-Sisi intende aumentare la produzione di energia per soddisfare la crescente domanda interna e, in tal modo, immagazzinare una maggiore quantità di gas da esportare all’estero; in secondo luogo, l’Egitto si sta avviando verso una transizione energetica a partire dall’estrazione di risorse in maniera sostenibile ed economica, grazie ad attrezzature avanzate.
Infine, il piano prevede uno sviluppo della ricerca e dell’esplorazione attraverso nuove risorse e finanziamenti che permetteranno un maggiore impegno del Governo nell’ottimizzazione del proprio settore energetico.
L’Egitto prevede, quindi, di scavare 35 nuovi pozzi di gas naturale nel Mediterraneo e nel Delta del Nilo entro il 2025 con 1,8 miliardi di dollari di investimenti. Tra questi pozzi, 21 saranno completati tra quest’anno e il prossimo, mentre 14 verranno esplorati nel 2024/2025 per compensare il calo dell’offerta di gas e la crescente domanda interna. Rimangono tuttavia dei sospetti sulla gravità dei danni ambientali che potrebbero essere causati dall’ampliamento del giacimento.
* Autrice per l’area Ambiente e Sviluppo – Mondo Internazionale Post.
Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.