L’estremo “pacto” di Rajoy

di Lorenzo Nicolao –

rajoy con riveraBARCELLONA. 252 giorni dalle elezioni del 20 dicembre, quelle che hanno aperto la crisi di governo in Spagna, non sono bastati per trovare una maggioranza solida alla Moncloa di Madrid. Da allora, dopo due elezioni e mille negoziati falliti, sono sempre gli stessi quattro partiti e i soliti protagonisti a dover decidere le sorti di un Paese congelato, politicamente quanto economicamente.
Mariano Rajoy sta proseguendo il suo mandato ad interim, ma senza poter realizzare, per limiti costituzionali, le politiche più importanti che si era prefisso prima del 20 dicembre scorso. Il parlamento si è ricostituito due volte, ma senza condizionare la raggiungibilità di un esecutivo stabile, nemmeno dopo le seconde elezioni dello 24 giugno scorso.
A questo punto, però, la Spagna sembra essere davvero agli sgoccioli, e, al di là di ogni opposizione di Podemos, delle sinistre indipendentiste e dei partiti nazionalisti, Albert Rivera, Pedro Sánchez e Mariano Rajoy stanno lavorando senza sosta a un pacchetto di riforme accettabile per tutti, con l’intento di giungere a un governo di larghe intese.
In questi giorni specifici, dopo che nelle passate settimane un patto tra Rivera, leader di Ciudadanos, e Sánchez, vertice del PSOE, non aveva ottenuto il numero minimo di seggi a favore in parlamento per la maggioranza, ora sono Rajoy e i Populares a riproporlo, ma con 50 articoli in più, rispetto ai 100 originali.
La strategia del PP è molto chiara: continuare a governare riconquistando la maggioranza, sommando i propri voti a quelli di Ciudadanos e garantendosi l’astensione dei socialisti con riforme che questi in passato avevano accettato. Un estremo tentativo di Rajoy per rendere appetibile perfino la sua candidatura per il prossimo mandato di governo, dato che il suo nome, ancora corrotto per il PSOE, è rifiutato da gran parte della sinistra.
Tempo fino al 31 ottobre per sciogliere il bandolo della matassa. Rajoy in questa settimana inizierà il suo discorso per la “investidura” di fronte ai deputati, per raccogliere magari qualche altra preferenza volta a superare lo stallo di governo.
L’iniziativa è estrema quanto appetibile, almeno prima di giudicare le votazioni parlamentari dei prossimi giorni.
rajoy  preoccupato grandeEl País parla ancora di tanta sfiducia tra le diverse forze politiche, e di enorme diffidenza, eppure sembra davvero l’ultima boa prima di piombare nuovamente a ulteriori elezioni, che sarebbero per giunta inutili, ma solo se re Felipe VI non proponesse in tal caso nomi alternativi.
Le principali misure del patto sono molto chiare. Economia, lavoro, infrastrutture e riforme. Non sempre espresse chiaramente, a volte soggette a differenti interpretazioni, ma certamente essenziali per far ripartire il Paese. Fra tutte l’abbassamento dell’IRPF, l’italiana IRPEF, la semplificazione dei contratti di lavoro e una maggiore armonia economica con il patto di stabilità dell’Unione Europea, con cui la Spagna da sempre fa difficilmente i conti.
In merito alle diffidenze reciproche però basta e avanza, il dettaglio non poco importante che ha portato i portavoce dei partiti Rafael Hernando (PP) e Juan Carlos Girauta (Ciudadanos), e non i leader Rajoy e Rivera, a firmare il patto.
“Giusto perché noi non saremo plateali come Sánchez nel firmare carte che non portino risultati politici effettivi.” ha detto il leader del PP.
Allo stesso tempo però Rajoy è il primo scettico, definendo il patto con Rivera estremamente fragile, “ma certamente il maggior risultato in termini di numeri parlamentari che poteva essere ottenuto dato lo stato attuale delle cose…”.

Twitter: @LolloNicolao