Libia. Continuano i raid Usa sull’Isis a Sirte. Attentato di Ansar al-Sharia ai miliziani di Haftar

di Enrico Oliari –

Haftar khalifaIl presidente degli Stati Uniti Barak Obama è intervenuto sul tema del bombardamento delle posizioni dell’Isis a Sirte, in Libia, a sostegno dei militari e delle milizie che rispondono al governo di unità nazionale a guida Fayez al-Serraj: i raid, che devono essere “mirati e chirurgici” e che avvengono su richiesta del governo di Tripoli, dureranno per tutto agosto.
L’iniziativa Usa ha fatto infuriare Mosca, con l’ambasciatore russo in Libia Ivan Molotkov il quale ha affermato che “dal punto di vista della legittimità probabilmente gli americani non avevano questo diritto”, e soprattutto il generale Khalifa Haftar, che parimenti dei regolari è appostato attorno a Sirte con la milizie del governo non riconosciuto “di Tobruk”.
Tuttavia, più che quanto sta accadendo a Sirte, a preoccupare oggi è un attacco suicida condotto con un’autobomba alle milizie di Haftar a Bengasi, nel distretto di Gawarsha: l’attentato, che ha provocato almeno 28 morti e una settantina di feriti, è stato rivendicato da Ansar al-Sharia, espressione libica di al-Qaeda e parte del governo di unità nazionale, in guerra con Haftar fin da quando il governo scaturito dalle mediazioni Onu non esisteva e ad essere riconosciuto dalla comunità internazionale era quello di Tobruk, frutto delle elezioni del giugno 2014, guidato da Abdullah al-Thinni e rifugiatosi nella parte orientale del paese a seguito della conquista di Tripoli da parte delle milizie islamiste e di quelle della tribù di Misurata.
Conoscere il ruolo e la storia di Haftar fa capire il livello di caos che regna in Libia, paese oggi esistente solo sulla carta e dove le 132 tribù sono in realtà delle micro-nazioni in lotta oggi per sopravvivere e domani per controllare le risorse naturali.
Haftar è accusato soprattutto dagli islamisti di essere stato al soldo di Washington in quanto, fatto prigioniero nel 1987 dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, è stato poi prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011 per ricomparire in Libia a comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.
Gli ultimi anni di guerra in Libia hanno visto il governo “di Tripoli”, guidato prima da Omar al-Hassi e poi da Khalifa al-Gweil, essere in lotta con quello “di Tobruk”, quindi nascere la diramazione libica dello Stato Islamico a Sirte e a Derna e la comunità nazionale prima tentare un accordo tra le due parti riconoscendo come legittimo il governo “di Tobruk”, poi costituire un governo di unità nazionale a guida di Faye al-Serraj, ora insediatosi a Tripoli ma non riconosciuto da Tobruk.
Haftar avrebbe voluto essere il ministro della Difesa del governo di unità nazionale, ma la cosa non è stata possibile per la forte ostruzione esercitata dalle milizie islamiste: il generale, che ha tentato di strappare senza successo Sirte all’Isis, forte delle forniture militari giuntegli dall’asse emiratino-egiziano, al fine di contare nelle trattative di adesione di Tobruk al governo di unità nazionale, è stato messo in un angolo.
L’attacco di oggi di Ansar al-Sharia contro le milizie di Haftar (a dire il vero non il primo del genere), è caduto in un momento scelto con molta precisione: il generale, ormai isolato dagli Usa e dalla comunità internazionale, il 28 giugno si è recato a Mosca dove ha incontrato il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev, il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov al fine di ottenere quelle forniture di armi che non è riuscito ad avere dall’Italia e dai paesi occidentali e soprattutto un improbabile appoggio politico, che non andrà molto al di là delle parole di oggi dell’ambasciatore russo in Libia Ivan Molotkov.
Ansar al-Sharia, cioè al-Qaeda e comunque non distante dal governo di unità nazionale, ha così voluto dimostrare all’opinione pubblica internazionale che gli Usa hanno ormai tolto l’appoggio ad Haftar, che bombardano l’Isis a Sirte in appoggio del governo di unità nazionale, cioè dove Haftar avrebbe voluto essere lui a intervenire per rafforzare il proprio ruolo e ricostruire il proprio credito, e far vedere che il gruppo islamista continua ad essere forte e determinato nel composito panorama politico libico.