L’Islam come nemico

di Giovanni Caprara –

isilIl bigottismo religioso appartiene a tutti i credo, pertanto la discriminante fra una lettura buonista ed una fondamentalista degli scritti sacri, è ristretta alla sfera caratteriale del singolo.
Un esempio esaustivo, accaduto recentemente in Yemen, racconta di tre religiosi uccisi a seguito dell’accusa di praticare la stregoneria. In realtà applicavano legalmente quanto descritto nel Corano: curavano delle persone recitando versetti sacri per alleviare i loro disturbi, un metodo conosciuto come “al-ruqyah al-Sharia”.
L’uccisione dei religiosi ha una lettura precisa: ingenerare paura nei moderati ed un avvertimento ai nemici. Ed accaduti come questo hanno reso l’Islam il nemico delle Democrazie occidentali. La violenza non ha logica e non deve essere giustificata in alcun modo, e questo vale soprattutto se tali atti vengono falsamente giustificati con la religione, perché non hanno nulla in comune con la sacralità della fede.
Il fondamentalismo religioso è il prodotto di una gestione settaria e dei paradossi dei governi in carica in alcune aeree geopolitiche del pianeta, ed in parte, delle missioni di peacekeeping occidentali.
L’affermazione dell’Isil, è traducibile nel non corretto corso democratico della Siria e dell’Iraq, rei di non essere stati in grado di creare il necessario equilibrio fra le etnie indigene. Questo ha ingenerato una forma atipica del tessuto sociale, dove non tutta la popolazione è rappresentata nella gerarchia di potenza e nelle dinamiche economiche. Questo è il terreno di coltura di attori non statuali e transnazionali, dove il malcontento e la discriminazione si autoalimentano producendo formazioni estremistiche.
Una tecnica di raccolta dei consensi, adottata da attori statuali del Vicino Oriente, è quella di tendere a governare con la maggioranza, senza apertura alle etnie di minoranza od anche il contrario, dove un esecutivo di minoranza etnica sceglie di rafforzare il potere escludendo le maggioranze. Una competizione politica regionale che si oppone ai settori sociali non rappresentati nel governo, ma maggiormente presenti sul territorio con una identità decisa.
Gli interventi Occidentali a supporto dei popoli oppressi, sono ugualmente responsabili di un generico malcontento nell’area geopolitica del Vicino Oriente, dove lo sconfitto, inneggiando a dettami religiosi magistralmente interpretati a suo esclusivo favore, ed alimentando il malcontento fra la popolazione vinta, si eleva ad attore non statuale, tramutandosi in collante di agglomerati eterogenei composti da etnie diverse, ma con la stessa finalità: contrapporsi all’autorità costituita e contestare l’Occidente.
La genesi di formazioni paramilitari che si oppongono al governo in carica, alimenta un nuovo tipo di economia, fondata sulla violenza e su azioni criminali, organizzata in una rete di interrelazioni clandestine, le quali si sovrappongono e si amalgamano tra loro.
Il denaro viene reperito attraverso rapine, traffico di stupefacenti, gestione della immigrazione clandestina.
Queste forme di sovvenzione, possono essere valutate come la sorgente principale di una dinamica economica criminale transnazionale che incarna il lato oscuro della globalizzazione. Una economia che alimenta il traffico di armi, i cui ricavati, a loro volta sovvenzionano gruppi estremistici in altre aeree destabilizzate del pianeta. Centri di potere e di organizzazioni intergovernative che interagiscono tra loro con regolarità, alimentano i conflitti a livello locale e regionale, ridefinendo il modello sistemico: ossia il declino di un attore statuale, crea un nuovo centro di potere, l’isil, che declassa il ruolo fondamentale del governo centrale. Il nuovo attore dominante inizia ad interagire con le Nazioni confinanti, creando un sistema di interdipendenza tra Stati, pertanto allarga il suo campo di azione.
Su questo principio si fonda la dichiarazione del califfato tra Iraq e Siria, agevolato da un’interpretazione ultraradicale della sharia. Ma altro non è che un movimento di contrapposizione ai paesi maggiormente industrializzati. L’Isil, è infatti un’emanazione di al-Qaeda, dalla quale si è distaccato dopo che la catena di comando era stata spezzata, diventando più crudele e violenta della progenitrice.
Le armi in dotazione alla formazione terroristica, con molta probabilità, provengono dalle forniture statunitensi ai ribelli siriani, questi poi si sono uniti alle forze dell’Isil portandole in dote. Non è escluso, che le capacità militari siano frutto dell’addestramento del Mossad agli stessi movimenti che si opponevano ad Assad.
L’Unione Europea, ha finalmente abbandonato la sua scelta di moderato, e dopo le efferatezze del delirante capo dei terroristi dell’Isil, ha deciso di unirsi agli Stati Uniti per tentare di arginare l’espansione di un movimento che si è reso reo di atti contrari ai basilari diritti umani, e che intende ridisegnare la mappa geopolitica del Grande Medio Oriente.
L’Europa fornirà le armi ai peshmerga curdi, i quali necessitano principalmente di armi leggere, munizioni e lanciatori spalleggiabili. Tecnicamente potrebbero avere dei problemi, in quanto non hanno mai usato prodotti occidentali, ma a ciò forse rimedierà l’Italia che ha deliberato gli aiuti ai Curdi: da molti anni, la Difesa possiede un arsenale dell’ex Unione Sovietica, sequestrato ad una nave da carico intercettata mentre si dirigeva verso Spalato nel 1994. Dovrebbe trattarsi di un quantitativo pari a 2.000 tonnellate, e composto da kalashnikov, missili Fagot, razzi Katiuscia ed anticarro, e moltissime munizioni. Il tutto conservato alla Maddalena. Ma la scelta non è dettata solo dalla recrudescenza delle operazioni paramilitari dell’Isil, quanto dal nuovo governo iracheno, il quale sembra essere più credibile del precedente.
È necessario formare una classe dirigente di ampie intese, un’unione estemporanea dei rappresentanti delle diverse etnie, che conseguentemente diverranno parte della loro Nazione e non avranno necessità di combatterla. Il nuovo Presidente, sembra possedere le capacità per raggiungere questo obiettivo.
La sconfitta militare dell’Isil, appare scontata quanto necessaria, ma non sarà risolutiva. È d’obbligo una efficacie mediazione fra le parti, ma soprattutto le governance del Vicino Oriente dovranno essere in grado di amalgamare le diverse etnie, oppure di inserirle nel tessuto politico e sociale, al fine di ottenere i maggiori consensi possibili.
L’Occidente dovrà sostenere le nuove democrazie ma senza ingerenze, altrimenti dopo l’Isil si formerà un nuovo e forse più crudele gruppo terroristico.