Lukashenko e l’Europa

di Dario Rivolta

Tutti i politici devono fare i conti con le pubbliche opinioni e questa non è una novità nata dopo l’esplosione dei social, o nemmeno da quando apparve la prima stampa di informazione.
Già Giulio Cesare per motivare i suoi soldati e non avere ostacoli da Roma era riuscito a far passare l’idea che i Galli contro cui combatteva erano dei barbari incivili, semianalfabeti e colpevoli delle più atroci turpitudini. Non era vero, e lo hanno dimostrato gli storici di alcuni secoli dopo: si trattava di società già evolute e localmente ben strutturate. Basta ricordare che già commerciavano beni al di fuori dei loro territori, e che ad esempio chi poteva permetterselo comprava vino facendoselo arrivare dalla lontana Etruria (i meno abbienti lo compravano dall’attuale Provenza).
In tempi più recenti la necessità per i politici di ottenere l’approvazione delle masse manipolando le informazioni è andata perfino crescendo, e non è mistero che alla fine degli anni Novanta la guerra contro la Serbia ottenne consenso in occidente poiché si fece credere che i serbi stessero conducendo un genocidio contro i “poveri” kosovari. Tanti giornali pubblicarono, prima dell’inizio dei bombardamenti, foto satellitari che sembravano mostrare l’esistenza di “fosse comuni” ai loro danni, salvo che in seguito gli inviati del Tribunale Penale Internazionali scoprirono trattarsi di semplici movimenti di terra creati apposta per ingannare i creduloni in buona fede. Lo stesso si può dire della “fola” in merito al possesso di “armi di distruzione di massa” da parte di Saddam Hussein. Falsità, eppure l’opinione pubblica di tutta l’Europa ne fu convinta e giustificò le relative guerre.
Anche Alexander Lukashenko, il presidente della Bielorussia definito in occidente (e anche in Russia) “l’ultimo dittatore del continente”, pensò a un certo punto di aver bisogno di intervenire sulle opinioni pubbliche per migliorare la sua immagine nel mondo e poter continuare nella sua particolare tattica politica. Lui ha sempre saputo di dipendere totalmente dall’economia russa, ma per alzare il prezzo e ottenere maggiori concessioni da Mosca ha cercato frequentemente di far credere di essere pronto ad abbandonare i legami storici con il potente vicino e rivolgersi verso il mondo occidentale. Era solo un bluff e i suoi continui ricatti non erano certo graditi al Cremlino, ma trovavano sempre in Europa qualcuno pronto a credergli. Il presidente russo Vladimir Putin non lo ha mai amato e tuttavia le ragioni geopolitiche lo costringevano a non interrompere il dialogo con lui. Anche oggi, quando la popolarità locale del dittatore bielorusso sta scemando vertiginosamente, il russo si trova costretto a dichiarare di volerlo aiutare mentre spera tuttavia di riuscire a convincerlo a farsi da parte con l’auspicio di trovare un qualunque suo sostituto, purché fedele a Mosca e magari digeribile dall’occidente. Per ora lo sosterrà fino a che sarà possibile e ha appoggiato al proposta che possa essere scritta una nuova Costituzione.
Pochi anni fa, ed esattamente nel 2008, Lukashenko stava tentando una delle sue finte giravolte, ma la sua immagine in Europa era fortemente negativa e il bluff faticava a rendersi credibile. A un certo punto, sul consiglio dell’oligarca russo Boris Berezovski, decise di rivolgersi ad una grande società britannica di pubblica relazione affinché migliorasse i sentimenti delle opinioni pubbliche occidentali nei suoi confronti.
Berezovski aveva da tempo rotto con Putin (che lo aveva obbligato all’esilio con l’intento di riaffermare il potere della politica su quello pervasivo degli oligarchi) e portare, o almeno cercare di farlo, la Bielorussia lontana da Mosca era per l’ex oligarca il modo per vendicarsi di Putin indebolendolo sul piano interno e internazionale. Pensava che la cosa gli avrebbe così consentito di poter recuperare un qualche importante ruolo a Mosca e nello stesso tempo di ingraziarsi il despota bielorusso. La proposta a Lukashenko riguardava i servizi della Bell Pottinger, guidata dal suo proprietario Lord Timothy Bell. Si trattava di chi aveva contribuito in maniera fondamentale all’immagine e alle vittorie politiche di Margaret Thatcher, che per riconoscenza gli aveva fatto attribuire il titolo nobiliare. Con quelle referenze Bell era riuscito ad imporsi nel panorama mondiale tra le società di relazioni pubbliche politiche più capaci ed efficaci e aveva accumulato una lunga lista di clienti illustri. Berezovski era uno di costoro e pagava alla Bell un fee mensile per la cura della propria immagine in occidente. All’inizio del 2008 Lord Bell fu presentato a Lukashenko che lo ingaggiò immediatamente. L’intento era di riuscire a far passare in Europa l’immagine di un dittatore suo malgrado, un uomo che in realtà aveva l’intenzione netta di aprire gradualmente a pratiche più democratiche e soprattutto staccarsi da Mosca in cambio di possibili sostegni economici europei. A Minsk si giudicava indispensabile poter uscire dall’isolamento internazionale, far cancellare le sanzioni in corso e allacciare contatti con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.
La Bell Pottinger presentò un progetto che prevedeva la riscrittura su Wikipedia di tutto ciò che riguardasse la Bielorussia ed il suo dittatore, un intervento che garantisse l’ordine dei risultati di ricerca su Google e la contemporanea, seppur graduale, eliminazione delle voci che parlassero di violazione di diritti umani nel Paese. Si prevedeva inoltre di invitare a Minsk un certo numero di giornalisti e opinionisti di varie testate europee per dare inizio a una continuata serie di articoli favorevoli, così da invertire la narrazione negativa manifestatasi fino a quel momento.
Sembra che il compenso pattuito per l’operazione arrivasse alla non insignificante cifra di 1 miliardo e 300 milioni di dollari l’anno. La campagna cominciò verso la metà del 2008 e uno staff della Bell Pottinger fu inviato stabilmente nella capitale dove furono loro assegnati appartamenti dotati di tutti gli optional necessari al loro lavoro. Non è chiaro se la società britannica sia stata regolarmente pagata con i fondi bielorussi o se se ne fosse fatto carico lo stesso Berezovski. D’altronde costui era anche particolarmente interessato a mettere le mani sulle ricchezze minerarie bielorusse. In seguito Berezovski confidò di aver sentito il dittatore dire “Io non sono diverso da Shakasvili (allora presidente della Georgia, ndr). Lui sta facendo esattamente quello che faccio io, eppure per qualche motivo lui è amico dell’occidente e considerato un campione di democrazia mentre io sono l’ultimo dittatore d’Europa. Non è giusto. Shakasvili ha messo in galera molta più gente di quanto abbia fatto io stesso”.
Nonostante le vantate capacità relazionali di Lord Bell, i giornalisti che accettarono l’invito a recarsi a Minsk furono molti ma gli articoli che scrissero al loro ritorno non corrisposero esattamente alle aspettative dello sponsor. In particolare successe che qualcuno riuscisse a intervistare di soppiatto anche rappresentanti dell’opposizione e che nell’articolo fosse confermata la sussistenza di metodi repressivi ben lontani dagli standard occidentali.
Abituato ad avere una stampa molto “disciplinata”, Lukashenko non si rendeva conto che fosse possibile per alcuni giornalisti godere di una libertà di pensiero per lui inimmaginabile e accusò la Bell Pottinger di non essere all’altezza delle promesse. Il risultato fu che dopo nemmeno sei mesi di lavoro il contratto fu scisso e la società britannica non riuscì ad incassare nemmeno il completo valore delle spese fin lì sostenute. Forse quella non fu la sola debacle di Lord Bell, tanto è vero che pochi anni dopo la sua società di pubbliche relazioni fallì.
Da allora, nonostante i continui tentativi di giri di valzer con Bruxelles appoggiati da polacchi e lituani (sempre e soltanto per cercare di ricattare i russi), l’immagine del dittatore di Minsk in Europa non è affatto migliorata, e probabilmente gli avvenimenti accaduti dopo questa ultima elezione potrebbero aver messo i chiodi sul coperchio della sua bara politica.

Aleksander Lukashenko.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.