Montenegro. La legge sui diritti religiosi in chiave anti-serba

di Albero Galvi

Nei giorni scorsi il parlamento del Montenegro ha adottato una controversa legge sui diritti religiosi. Il voto è seguito a una giornata di proteste a livello nazionale da parte dei sostenitori della Chiesa ortodossa serba, la quale è la più grande del paese con 620mila fedeli.
Con l’approvazione di questa legge le comunità religiose dovranno fornire prove chiare della proprietà al fine di conservarla. La Chiesa serba accusa il governo montenegrino di aver approvato quella legge per consentirgli di privarla delle sue proprietà e delle sue reliquie, anche se l’esecutivo nega tutto ciò. Tra gli oltre 200 emendamenti alla legge, l’opposizione ha presentato anche quelli della Chiesa serba, ma sono stati tutti respinti dalla maggioranza.
A favore della legge hanno votato il partito di maggioranza del DPS (Democratic Party of Socialists), gli SD (Social Democrats), i partiti di minoranza etnica albanese, bosniaca e croata come l’AD (Albanians Decisively), l’AA (Albanian Alternative), il BP (Bosniak Party), l’HGI (Croatian Civic Initiative). I voti contrari sono stati quelli del DF (Democratic Front), della coalizione KC (Key Coalition) composta dal DA (Democratic Alliance), il SNP (Socialist People’s Party) e l’URA (United Reform Action). Un altro partito di opposizione è il DM (Democratic Montenegro).
L’approvazione di questa legge ha fatto scatenare le proteste dei sostenitori della Chiesa ortodossa serba, i quali nel tentativo di boicottarla si sono precipitati davanti al Parlamento, provocando le reazioni delle forze dell’ordine, che hanno arrestato 24 persone, tra cui 18 deputati dell’opposizione. Gli arrestati sono stati rilasciati tutti, tranne i leader dell’opposizione Milan Knezevic, Andrija Mandic e un altro parlamentare accusati di aver aggredito un ufficiale di polizia.
Le proteste nei confronti di questa legge sono dovute principalmente ai delicati equilibri che si sono creati da quando il Montenegro ha formalmente dichiarato l’indipendenza dal suo ex partner federale serbo nel 2006. Circa il 30% della popolazione montenegrina si identifica come serba, il che rende difficili le relazioni tra i 2 paesi.
La Chiesa ortodossa serba ha circa 12 milioni di seguaci, principalmente in Serbia, Bosnia Erzegovina e Montenegro. La Chiesa ortodossa montenegrina è invece meno numerosa rispetto alle altre chiese ortodosse e da loro non viene riconosciuta.
Il presidente del Montenegro Milo Djukanovic ha accusato la Chiesa ortodossa serba di aver tentato di minare il paese con una scissione. Le comunità religiose con questa nuova legge dovrebbero dimostrare le loro proprietà prima del 1918, attraverso un registro di tutti gli oggetti e i siti religiosi.
Successivamente il Montenegro fece parte del regno serbo, croato e sloveno dominato dai serbi e dagli sloveni, in seguito ribattezzato Jugoslavia. Adesso Serbia e Montenegro sono entrambi candidati all’adesione nella UE come altre nazioni dei Balcani. Il Montenegro dovrebbe entrare nella UE già nel 2025.
A differenza della Serbia, il Montenegro è membro della NATO dal 2017. Il presidente Djukanovic vuole rafforzare una nazione balcanica prevalentemente ortodossa, nella quale la scelta per Bruxelles è cruciale per il suo sviluppo, anche se una parte del paese ha forti simpatie filo-russe.
La legge sui diritti religiosi fa parte di un piano più ampio del governo Djukanovic per riuscire a costruire nelle nuove generazioni un’identità puramente montenegrina, attraverso una anti-serba. 
Questo processo richiederà tempo e verrà attuato principalmente attraverso la pressione economica sulla minoranza serba, provocandone la totale assimilazione a quella maggioritaria montenegrina.