Musk, ambizioso Rocket Man

Ma l’obiettivo di colonizzare Marte è ancora lontano. Ne parliamo con Giorgio Di Bernardo.

a cura di Gianluca Vivacqua

“Turisti della storia” era un’espressione coniata (o comunque ripresa) qualche tempo fa da un politico italiano in senso dispregiativo, per non dire ingiurioso. Ma i quattro civili che il 16 settembre scorso a bordo dello SpaceX Falcon 9 sono partiti per un viaggio tra le stelle, solo per provarne l’emozione e senza avere alcuna esperienza di navigazione spaziale alle spalle, decisamente rivalutano il significato di quell’espressione: loro sono turisti che rimarranno nella storia. E il merito è di Elon Musk, l’uomo delle macchine e dei viaggi del futuro, che di quella gita fuori-pianeta è stato l’organizzatore con la sua agenzia di trasporti siderali. È vero: se parliamo di storia, forse la storia dirà che i primi turisti spaziali in assoluto non sono loro, ma Richard Branson e Jeff Bezos, però… bisogna anche dire che il viaggio privato dei due magnati è stato niente di più che una passeggiata, un’oretta abbondante quella del fondatore del Virgin Group (90 minuti, l’11 luglio), decisamente una boccata d’aria cosmica quella del papà di Amazon (11 minuti scarsi, il 20 luglio). I clienti di SpaceX, invece, in giro per lo spazio ci sono rimasti ben tre giorni: questo perché Musk aveva cominciato a lavorare sul terreno assai prima degli altri, e perché guardava più lontano. E continua a farlo: ora con i suoi investimenti si sta già muovendo sul fronte della colonizzazione spaziale. Pioniere? Visionario? Pioniere-visionario? Ne parliamo con Giorgio Di Bernardo, giornalista scientifico esperto di storia della conquista dello spazio, materia a cui ha dedicato diversi libri, tra cui Nella nebbia in attesa del sole, unica biografia esistente del padre dell’astronautica italiana del quale ricorrono quest’anno i 120 anni dalla nascita.

– Di Bernardo, chi è Elon Musk? È più un Davy Crockett o uno Steve Jobs delle stelle?
”Per me è un visionario e un grandissimo stratega del marketing. Un imprenditore, innanzitutto, ma con una potente visione innovativa del futuro. Poi, certo, come tutti i grandi visionari mossi da idee e ideali avveniristici, talvolta rischia di inseguire obiettivi irrealizzabili, almeno allo stato attuale. Tra questi metto anche la colonizzazione di Marte, per alcuni aspetti” .

– Lo spazio è ormai da tempo l’ultima e forse definitiva frontiera dell’espansionismo umano: ragionevolmente quanto tempo ci vorrà (anche tenendo conto dei primi esperimenti “turistici” proprio di Musk) perché la conquista dello spazio passi dalla fase 1 (la semplice esplorazione scientifica) alla fase 2 (la colonizzazione fisica effettiva, con insediamenti che abbiano carattere permanente e non abbiano nulla a che fare con le mansiones orbitanti per astronauti)?
“Ritengo che per passare dalla fase 1 alla fase 2 ci voglia una fase intermedia di perfezionamento tecnologico dei mezzi di navigazione spaziale e di approdo su suolo extraterrestre, fase che è già in corso e in cui Musk sta già profondendo un impegno tecnologico significativo. Ma non determinante: mi riferisco, innanzitutto, al discorso della riutilizzabilità dei razzi. Pensiamo alle automobili: in fondo quelle del 1920 hanno lo stesso motore a combustione interna di quelle di oggi. Magari quelle di oggi sono più belle, più performanti, hanno più elettronica e perfino un motore ibrido, ma di fatto dentro al loro cofano si trova ancora quel motore a combustione interna che è lo stesso di 100 anni fa. Per i razzi è quasi la stessa cosa: Musk sta apportando molte interessanti innovazioni ma su una struttura, quella del razzo chimico, che è sempre quella dall’inizio della ricerca scientifico-tecnologica applicata alla conquista dello spazio. Con i razzi a propellente chimico, realisticamente, non possiamo pensare di colonizzare il sistema solare (intendo prevalentemente Marte e la Luna, in questo momento, ma possiamo allargare l’orizzonte anche alle lune di Giove). Il razzo chimico è vincolato a delle traiettorie, poiché sprigiona tutta la sua energia in una fascia di tempo limitata. Una volta immessi la capsula o il veicolo spaziale sulla traiettoria non si può fare più nulla: è come un treno lanciato su un binario. Il necessario balzo in avanti sarebbe la propulsione nucleare: questa, ionizzando dei gas (cioè portandoli ad altissime temperature), consentirebbe di produrre una spinta molto più prolungata. E anche molto più gestibile: permetterebbe ad esempio di ridurre un viaggio su Marte da sei mesi a qualche settimana. Inoltre eviterebbe di dover attendere un anno e mezzo per poter rientrare sulla Terra, e dunque di non essere vincolati all’allineamento tra i due pianeti” .

– Dal chimico al nucleare, dunque: sarebbe questa la svolta.
”Penso che bisognerà attendere ancora altri 10-20 anni perché questo passaggio possa dirsi perfezionato con compiutezza. Un passaggio necessario, se l’obiettivo è “insediarsi” su Marte; se parliamo della Luna, invece, forse la propulsione chimica potrebbe ancora fare il suo dovere. Ma la Luna è vicina, in fondo, mentre l’ambizione dell’uomo, comè prevedibile, è andare anche oltre Marte”.