Palestina. Anticipato da un quotidiano il piano di Trump per la “Nuova Palestina”

di Enrico Oliari

Se fosse davvero com’è scritto sulla carta, il piano di pace per la Palestina di Donald Trump sarebbe quantomeno da prendere in considerazione. Il quotidiano israeliano Israelhayom ha pubblicato oggi un articolo rifacendosi ad un documento “filtrato” dal ministero degli Esteri di Tel Aviv in cui vengono descritti i passaggi per arrivare alla tanto desiderata pace tra israeliani e palestinesi, abitanti di Gaza compresi. Stando al quotidiano il documento di Trump dovrebbe divenire ufficiale entro un mese, e prevede una rosa di iniziative e di compromessi a cominciare dal nome dello Stato sovrano dei palestinesi, la “Nuova Palestina”, il cui territorio cisgiordano e di Gaza verrebbero collegati da un lungo ponte autostradale alto 30 metri. I confini con Israele verrebbero ad essere aperti.
Gerusalemme diverrebbe una “città condivisa”, fra i due Stati, gli abitanti arabi verrebbero trasferiti nel territorio della “Nuova Palestina” per essere lì cittadini e non di Israele; il comune di Gerusalemme amministrerà la cosa pubblica locale ad esclusione dell’istruzione, che sarà a carico della Nuova Palestina, e riscuoterà dai palestinesi lì residenti una “tassa per l’Aqua e dell’Arnuna” in sostituzione di quella che già pagano. Il giornale ha riportato che la proposta di Trump prevederà anche che “sarà vietato agli ebrei di comprare case arabe ed agli arabi di acquistare case di ebrei; inoltre saranno aggiunti nuovi territori a Gerusalemme, mentre gli attuali luoghi santi rimarranno così come sono oggi”.
Gli insediamenti israeliani nei Territori occupati resteranno ad Israele e saranno collegati da strisce delimitate, ma i palestinesi riceveranno in donazione dall’Egitto un territorio utile per la costruzione di un aeroporto, di un centro commerciale e per la coltivazione di generi agroalimentari, per quanto sarà loro interdetta la residenza. Fino alla costruzioni di un aeroporto palestinese, previsto entro 5 anni dall’entrata in vigore dell’accordo, gli abitanti della Nuova Palestina si serviranno liberamente degli scali israeliani.
La Nuova Palestina non avrà un proprio esercito e non potrà detenere armi pesanti, mentre le armi leggere saranno in dotazione solo alla polizia; in compenso sarà Israele a dover garantire la difesa del nuovo Stato, alla quale i palestinesi contribuiranno economicamente con l’aiuto dei paesi arabi.
I detenuti palestinesi nelle carceri israeliane “verrebbero rilasciati ad un anno dall’entrata in vigore dell’accordo, entro un periodo di tre anni”.
Terminerà l’embargo a Gaza, ma contestualmente tutte le armi, anche quelle in dotazione ai leader di Hamas, dovranno essere consegnate (la sicurezza verrà garantita dalla polizia della “Nuova Palestina”); verranno riaperti i commerci internazionali da e per Gaza, attraverso Israele, l’Egitto o via mare attraverso la Cisgiordania.
L’accordo porterà la firma di Israele, dell’Olp e di Hamas, mentre i finanziamenti (30 miliardi di dollari in 5 anni) per attuare i progetti arriveranno dagli Usa (20%), dall’Ue (10%) e dalle monarchie del Golfo (70%).