Polonia. Giustizia: l’Ue ha avviato la procedura d’infrazione

di Enrico Oliari

Lo scorso 11 novembre nel corso di un dibattito in Plenaria con il capo della politica estera dell’Ue Josep Borrell, il Parlamento europeo ha affermato che il Tribunale costituzionale istituito dalla Polonia manca di validità giuridica e che è privo di qualifiche per interpretare la Costituzione del paese. Gli eurodeputati hanno chiesto con 502 voti favorevoli, 153 contrari e 16 astensioni che il denaro dei contribuenti europei non venga concesso ai governi che “in modo flagrante, mirato e sistematico” minano i valori europei.
Oggi la Commissione europea ha fatto sue le rimostranze del Parlamento e ha deciso di aprire una procedura d’infrazione contro la Polonia per l’iniziativa della Corte costituzionale polacca: il commissario Ue per l’economia Paolo Gentiloni ha spiegato le “gravi preoccupazioni” di Bruxelles, dal momento che “la Corte costituzionale polacca non risponde più ai requisiti di un tribunale indipendente e imparziale sancito dal diritto, come richiesto dal Trattato europeo”. “L’Unione Europea – ha aggiunto Gentiloni – è una comunità di valori fondata sul diritto: i diritti degli europei devono essere protetti a prescindere da dove vivano”.
La controversa riforma della Giustizia voluta dal Partito Diritto e Giustizia (PiS) al potere è stata varata tre anni fa, e nel settembre 2018 la Polonia è stata deferita alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per un impianto legislativo che attribuisce tra l’altro la scelta dei giudici della Corte suprema al Parlamento (e quindi della maggioranza al potere), al ministro della Giustizia (e quindi al governo) una forte influenza sulla Corte suprema e la nomina dei presidenti dei tribunali ordinari al ministro della Giustizia (e quindi al governo). Prevede inoltre un organo di controllo sulla magistratura, cosa che non garantisce la libertà e l’indipendenza dei giudici, come pure la possibilità di sottoporli a processo penale o a tagliarne gli stipendi.
Ad insistere per l’attuazione della norma era stato l’euroscettico Jaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e Giustizia e soprattutto uomo forte di cui l’allora premier Beata Szydlo era solo un prestanome. Un’iniziativa che aveva scatenato e scatena ancora oggi corpose proteste di piazza, ma anche il presidente della Repubblica Andrzej Duda, proveniente dallo stesso partito, aveva sul momento posto il veto alla riforma rispedendola al Parlamento.
In Polonia qualcuno ha urlato nazionalisticamente alla “Polexit”: sono gli euroscettici di un paese che da Bruxelles prende soldi a palanche (dal 2015 e il 2019 49,5 miliardi di euro netti, senza contare le somme previste per il Next Generation Eu di 58,7 miliardi di euro), ma di certo l’Europa non è à la carte.
“Ora la Polonia avrà due mesi per rispondere alla notifica” e di uniformarsi al diritto dell’Unione Europea, ha affermato oggi Gentiloni.