Poveri girasoli!

di Anceo Agostini

Mi riferisco alle meravigliose, sterminate distese di girasoli immortalate da Vittorio De Sica nel film “I girasoli” (1970) con due protagonisti d’eccezione, Sofia Loren nelle vesti di Giovanna e Marcello Mastroianni nelle vesti di Antonio. Si trattava di una delle prime collaborazioni cinematografiche tra l’ URSS e due grandi Paesi Europei, Italia e Francia. Per girare le scene agresti e i campi di girasoli era stata scelta la regione di Poltava, nella parte centro-orientale dell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, regione che in tempi normali produceva circa 1 milione di tonnellate di semi di girasole all’anno. Non era la prima volta che per le riprese di pellicole “occidentali” veniva scelto il villaggio di Chernechij Jar: alcuni anni prima la stessa sorte era capitata al regista Giuseppe De Santis per girare le scene di guerra del film “Italiani brava gente”. Forse i sovietici volevano limitare l’area esposta a superflui sguardi curiosi e contenere in un ambiente già “edotto” gli inevitabili contatti tra la troupe cinematografica straniera e la popolazione locale. Qualunque sia stata la motivazione della scelta, un qualche fascino il posto doveva pur averlo se anche il giovane Gogol’ l’aveva prescelto per ambientare i suoi simpatici racconti della raccolta “Serate in una fattoria vicino a Dikanka”.
Ingenuamente saremmo portati a pensare che il pericolo principale che minaccia i girasoli e le altre coltivazioni in Ucraina siano i programmi di biotecnologia di Bayer-Monsanto, Cargill e DuPont, da tempo presenti nel Paese, ma che solo dopo la detronizzazione del presidente Yanukovich sono entrate in forza a biocolonizzare le terre nere ucraine e, grazie all’accordo di Associazione Unione Europea – Ucraina, hanno ottenuto il via libera per le OGM.
Dobbiamo ricrederci. Il pericolo è ben più grave e di tutt’altra natura. In una intervista (viene sottolineato che “è stata anche la prima intervista esclusiva per un media asiatico in oltre due anni e mezzo di mandato) concessa il 7 gennaio a By Jo Sung-heum e Lee Haye-ah, corrispondenti dell’ agenzia di stampa semigovernativa sudcoreana “Yonhap” e pubblicata il giorno successivo, “il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha dichiarato che la Russia ha creato il più grande campo minato del mondo nel suo Paese”. L’intervista, probabilmente anche per la portata della dichiarazione di Shmyhal, ha assolutamente declassato l’altra incredibile notizia del giorno concernente il compleanno dell’imprevedibile condomino settentrionale della penisola di Corea: “North Korea’s state-controlled media made no mention of leader Kim Jong-un’s birthday Sunday”.
Il primo ministro ucraino ha esordito “Secondo il piano del governo, siamo interessati a costruire un impianto per la produzione di auto elettriche in Ucraina e vorremmo farlo in collaborazione con la Corea del Sud. Gli ucraini vogliono acquistare auto elettriche di alta qualità e noi cerchiamo di soddisfare questa crescente domanda”, un auspicio che puntualmente collima con gli indirizzi verdi euroatlantici, ma pone dei dubbi sulle priorità considerato “che il 50% delle reti elettriche del Paese è stato danneggiato” e che “non c’è una sola centrale elettrica che non sia stata colpita da missili o droni russi”. L’articolo prosegue con la notizia chiave: “Il primo ministro ha detto che la guerra ha portato alla creazione di un campo minato di 250.000 chilometri quadrati in Ucraina”.
“Attualmente è il più grande campo minato del mondo”, ha aggiunto. “Non solo rende difficili gli spostamenti, ma causa anche gravi interruzioni nell’agricoltura, che è una delle nostre principali industrie”.
“L’estensione del campo minato è più grande non solo dell’intera penisola coreana (circa 221.000 chilometri quadrati), ma anche del Laos, della Romania (ciascuno circa 238.000 chilometri quadrati) e della Gran Bretagna (circa 244.000 chilometri quadrati)”, precisano a scopo illustrativo i giornalisti sudcoreani.
Personalmente preferisco fare qualche conteggio restando sul territorio dello Stato ucraino.
Avendo sottomano alcune cifre, se sottraiamo dalla superficie totale dell’Ucraina che ammonta a 603.628 kmq, la Crimea con 26.081 kmq, la regione di Lugansk con 26.684kmq, quella di Doneck con 26.517 kmq otterremmo la superficie del territorio attualmente controllato da Kiev, 524.346 kmq, in tal caso la cifra riportata dal primo ministro corrisponderebbe a poco meno della metà della superficie controllata.
Il risultato resta comunque estremamente incerto per alcuni motivi: 1. le superfici delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e di Lugansk (oggi annesse alla Russia) sono inferiori alle originarie regioni (oblast’) ucraine; 2. purtroppo il primo ministro non ha precisato se nei 250.000 kmq citati ha compreso anche le mine ucraine vaganti nelle acque territoriali del Paese che si sono sganciate dagli ormeggi; 3. considerato il comportamento quanto meno bizzarro dei russi, già dimostrato nell’aver fatto esplodere i propri gasdotti Nord Stream 1 e 2, non è escluso che abbiano minato la Crimea e i territori da loro occupati. A questo punto l’unica certezza che ci resta sono la cifra del primo ministro ucraino che nell’intervista si è anche augurato “di ricevere un grande aiuto dalla Corea del Sud, con la sua ricca esperienza, le sue competenze e le sue attrezzature nel lavoro di sminamento”. Per questo specifico problema gli consiglierei vivamente di rivolgersi al Vietnam, che in oltre mezzo secolo ha accumulato un’esperienza unica nella decontaminazione della giungla e delle risaie dalle mine antiuomo seminate dalla provvidenza americana.
Quanto a noi, nel frattempo, non ci resta che ammirare i girasoli nelle tele di Van Gogh, sempre che gli attivisti di “Just Stop Oil” ce lo consentano
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