Putin e la nuova Costituzione

di Dario Rivolta *

Si può sostenere, a ragione, che la Russia non sia una democrazia liberale mentre noi sosteniamo che tale debba essere una vera democrazia. Si può anche affermare, senza tema di smentita, che Vladimir Putin sia un leader autoritario. Ciò che tuttavia nessuno potrà negare è che quando l’uomo dell’ex KGB arrivò al potere trovò una Russia in disfacimento ed una popolazione povera e sfiduciata. Su quel Paese erano puntati gli occhi avidi di tante multinazionali e di alcuni Stati che già pregustavano il suo dissolvimento e la conquista a buon mercato delle sue immense risorse. In quegli anni a livello internazionale solo i più lungimiranti intravedevano la travolgente crescita della Cina e gli USA rimanevano l’unica potenza dominante che dettasse le regole della convivenza mondiale. A distanza di vent’anni il panorama è molto cambiato: l’egemonia americana sembra sempre più ripiegarsi su se stessa, la Cina è oramai una grande potenza mondiale che non finisce di stupire (o di spaventare) tutti gli osservatori. Anche la Russia ha ritrovato un proprio ruolo internazionale al di fuori dei propri confini e i cittadini russi hanno recuperato orgoglio nazionale e fiducia in se stessi.
Il merito di questa evoluzione nella terra dell’”Orso” va indubbiamente ascritto a Putin che, sia nei suoi quattro mandati da presidente sia nei quattro anni da primo ministro, è stato determinante per consentire a Mosca di non essere più una preda di voraci ambizioni altrui e tornare invece a essere uno dei protagonisti della politica internazionale.
La Costituzione russa prevede che un presidente possa svolgere non più di due mandati consecutivi ed è per questo che dopo i primi due Putin ha lasciato il posto ad un fedele Medvedev, per poi riprendersi la posizione di leader assoluto allo scadere del primo mandato di costui. Ripetere la stessa operazione alla fine del suo quarto mandato presidenziale (che scadrà nel 2024) è da considerarsi alquanto improbabile. Di per sé non sarebbe impossibile, ma tutto lascia pensare che non accadrà.
Nel suo annuale messaggio alla nazione dello scorso 15 gennaio, Putin ha lanciato la proposta di una modifica costituzionale che cambierà tutte le carte in tavola, trasformando lo Stato da Repubblica presidenziale, come è attualmente, in una Repubblica, almeno formalmente, parlamentare. Nei suoi intendimenti, che è improbabile siano smentiti, il primo ministro e tutto il governo saranno eletti dal Parlamento e al presidente rimarrà solo il potere di rifiutare la nomina.
Ne consegue che i poteri del nuovo presidente (cui resterebbero comunque le competenze sulla politica estera e la difesa) saranno sensibilmente ridotti ed è inimmaginabile che Putin stia pensando di riservare per sé un ruolo di primo ministro che resti in balia del Parlamento e nemmeno sia determinante nella scelta dei suoi compagni di governo. Ci si interroga allora su quale possa essere il ruolo che intenderà ricoprire nel futuro.
Uno dei cambiamenti costituzionali annunciati riguarda un’estensione dei poteri dei governatori delle regioni che compongono la Federazione Russa e questo spinge molti esperti ad ipotizzare che il prossimo presidente possa emergere proprio da uno di loro. Una delle condizioni per essere eleggibile è di aver vissuto in Russia continuamente per almeno gli ultimi 25 anni e di avere soltanto la nazionalità russa. Ciò escluderebbe personaggi che sono stati per lunghi anni all’estero e magari sono in possesso di doppio passaporto. È il caso di Alexei Navalny che ha compiuto i suoi studi negli USA e che con quel Paese sembra continuare ad avere stretti contatti.
Un’altra modifica costituzionale potrebbe riguardare il Consiglio di Stato, attualmente ente puramente consultivo ma i cui poteri sarebbero ampliati. Tuttavia su questo aspetto il discorso di Putin non ha dato molti elementi e la sua funzione resta nel vago.
La novità più importante riguarda piuttosto il Consiglio di sicurezza del Cremlino, cui sarà affidato il compito di arbitro tra tutte le altre Istituzioni e quello di elaborare ogni decisione di carattere strategico. Dalle parole usate dall’attuale leader sembra che questo organo possa diventare un po’ ciò che nell’Unione Sovietica fu il Politbureau, cioè l’organo politico più importante che dettava la linea allo Stato.
Se questa interpretazione si dimostrerà corretta non è un caso che Medvedev, dimessosi da primo ministro, sia stato immediatamente nominato vice presidente proprio di questo Consiglio. Attualmente, il posto di Presidente del Consiglio di Sicurezza spetta al Presidente della Repubblica ma, con la modifica costituzionale, le due posizioni potrebbero non più coincidere consentendo così ad un Putin non più Capo dello Stato di rimanerlo di fatto, continuando a dettare la linea pur da un’altra posizione.
I critici e i nemici viscerali della Russia grideranno all’escamotage e sosterranno di trovarsi di fronte alla violazione delle vere regole democratiche, ma i realisti e chi teme una potenza atomica preda dell’anarchia o di incessanti lotte intestine si sentiranno rassicurati: la sicurezza nella continuità!
Da qualunque parte stiano, coloro che in buona fede osservano con attenzione la politica internazionale si sono posti frequentemente la domanda di chi avrebbe potuto diventare il nuovo leader russo. Anche chi non lo ama, sa bene che Putin è un politico razionale, capace e che il suo “pugno di ferro” è in qualche modo indispensabile per governare il Paese più esteso al mondo e con una così bassa densità di popolazione. Un uomo meno abile o con minor carisma potrebbe non riuscire a mantenere quella stabilità interna che è essenziale per aiutare anche quella internazionale.
La soluzione che la nuova Costituzione sembra lasciare intravvedere è, in qualche modo, rassicurante. Prima o poi ci sarà un dopo-Putin, ma la sua presenza in una posizione più defilata, ma sempre molto forte, per un altro certo numero di anni è garanzia che la successione avrà tutto il tempo di essere preparata con calma e senza traumi.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.