Razzi e missili: non si fermano gli scontri tra israeliani e palestinesi. La diplomazia internazionale non riesce ad arrivare alla de-escalation

di Enrico Oliari

La diplomazia internazionale non sta riuscendo a sciogliere la riacutizzazione del conflitto israelo-palestinese, e domenica al Consiglio di sicurezza dell’Onu le varie rappresentanze non sono state capaci di trovare la quadra per una risoluzione dopo l’opposizione degli Usa, che hanno diritto di veto, apertamente schierati con il governo di Benjamin Netanyahu.
Intanto i missili e i raid continuano ad infiammare i cieli e a distruggere la vita e le speranze di due popoli: sono almeno 3.500 i razzi sparati dalle milizie al-Qassam, braccio armato di Hamas, sulle città israeliane, e di ritorno i raid israeliani che continuano a mietere vittime, spesso innocenti. Il bilancio in una settimana di scontri è di 212 morti nella Striscia, e stando a quanto ha riportato il portavoce militare israeliano Hidai Zilberman, ”più di 120 esponenti di Hamas e oltre 25 della Jihad islamica palestinese sono stati uccisi”.
Le autorità sanitarie di Gaza riportano invece di parecchie vittime fra i civili, “61 bambini, 36 donne e 16 anziani”, un dato che si aggiunge ai 1.400 feriti.
I sistemi missilistici da difesa Iron Dome avrebbero abbattuto secondo l’esercito il 90% dei razzi, ma la cifra appare come eccessiva se si considera che almeno 500 sono caduti entro i confini della Striscia e che di vittime ve ne sono anche da parte israeliana, almeno una decina nonostante i continui avvisi ed inviti a rimanere nei rifugi.
Da quanto si è appreso l’aviazione è riuscita a distruggere 15 chilometri di tunnel sotterranei usati dagli abitanti di Gaza per il contrabbando e da Hamas per far circolare le armi, ma la storia insegna che presto verranno ricostruiti per garantire la sopravvivenza di un territorio sigillato su tutti i lati.
Netanyahu ha denunciato che “Hamas sta conducendo un doppio crimine di guerra: lancia razzi sulla popolazione civile e usa i suoi cittadini come scudi umani”, per cui quando vengon colpiti gli edifici con gli obiettivi gli aerei e i cannoni israeliani non vanno troppo per il sottile uccidendo intere famiglie di innocenti.
Il Dipartimento di stato Usa ha inviato a mediare Hady Amr, che ha incontrato Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen: il primo gli ha risposto che le operazioni militari continueranno fino a che sarà necessario, il secondo ha chiesto “di intervenire per mettere fine alle aggressioni di Israele contro il popolo palestinese, di fermare quella escalation e di avviare sforzi per raggiungere una soluzione politica basata sulla legittimità internazionale”.
Il capo di stato maggiore Usa Mark Milley ha detto ai giornalisti che il conflitto in corso sta creando instabilità nella regione e che “non è nell’interesse di nessuno continuare a combattere”, ma certo che se da una parte si spera in una pioggia di soldi dai paesi arabi, dai donatori privati e persino dall’Ue, dall’altra la tensione torna utile ad un premier perennemente costretto alla crisi politica, con ben 4 governi succedutisi senza un maggioranza sicura, vuoi per le incriminazioni di corruzione.
Di certo sembra essere finito in un cassetto il “piano del secolo” Kushner sulla nascita della “Nuova Palestina”, anche perché già il giorno dopo Benjamin Netanyahu, che deve rispondere alla lobby dei palazzina che lo sostiene, parlava già di annessione della Valle del Giordano.
L’imperativo resta comunque quello di arrivare quanto prima ad una de-escalation, e dopo il rifiuto di Tel Aviv ad una mediazione egiziana, il presidente francese Emmanuel Macron e quello egiziano Abdel Fatah al-Sisi si sono incontrati a Parigi per rilanciare un’iniziativa comune, ”uno degli elementi – ha spiegato il capo dell’Eliseo – che permetterebbe di accompagnare un cessate-il-fuoco, chiave per consentire la riunificazione delle componenti palestinesi e garantire il non ricorso alla violenza”. “ Noi appoggiamo – ha continuato – l’idea di una mediazione egiziana, perché gli egiziani come i giordani parlano con tutti nella regione”.
Intanto a Bruxelles il pesc Josep Borrell ha convocato un Consiglio straordinario dei ministri degli Esteri Ue per discutere sulla grave situazione in cui si sta avvitando il conflitto israelo-palestinese.