Reportage. Non chiamatela Transnistria!

di Massimiliano Lettieri –

A dar retta ad uno scrittore di gialli è solo un covo di spie e trafficanti. Per un addetto alla sicurezza è il luogo in cui si concentrano tutti i traffici illegali d’Europa. Per un viaggiatore è il posto dove il tempo si è fermato e il vecchio impero sovietico non ha mai smesso di esistere.
Ma che cosa è davvero la Transnistria, anzi, la Pridnestrovia? Perché nessun cittadino chiamerebbe mai la sua terra con il nome con cui è conosciuta pressoché da tutti (o meglio, da coloro che sono a conoscenza della sua esistenza) nel resto del mondo.
Con questi quesiti e con innumerevoli tentativi, mai pienamente riusciti, di pronunciare correttamente in lingua russa “Pridnestrovia”, mi sono apprestato a varcare il confine dello Stato (che “non esiste”) più misterioso e quasi leggendario d’Europa. Una striscia di terra al di là del fiume Nistro, il cui il nome “oltre il Nistro” già lascia supporre un “oltre” che non è definito.
Ufficialmente indipendente dal 1992, pur se di una ufficialità non riconosciuta che da se stessa e da pochi altri rappresentanti politici al mondo, dopo un’aspra rivoluzione e lotta contro lo Stato della Repubblica della Moldavia, la Repubblica Moldava della Pridnestrovia (P.M.R.) non si può dire che indipendente non lo sia ma stata prima di allora.
Già la sua posizione geografica, oltre il fiume Nistro che per secoli ha separato l’Europa cristiana dalle “orde barbariche” dell’est del mondo, la colloca a debita distanza fisica e culturale dalla amministrazione moldava, isolandola de facto da essa.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Arrivare a Tiraspol, la capitale della P.M.R., è davvero fare un viaggio nel tempo? E quale tempo? Se è vero che la Pridnestrovia è una nazione che sulla carta tende all’isolamento (ho scritto “tende”, perché vivendola seppur per poco, ho constatato che isolata non lo è affatto), qui il tempo non si è fermato, come molti visitatori descrivono. Certo, la falce e martello impressi sulla bandiera catapultano la mente ad un passato che consideriamo remoto o vicino a seconda dell’idea che abbiamo della Storia, così come i busti e le statue di Lenin disseminati in ogni dove sul territorio, i nomi delle vie che rievocano la storia e cultura della vecchia Unione Sovietica e altri piccoli particolari presenti in ogni angolo del Paese. Ma questi cimeli non hanno affatto bloccato lo sviluppo della P.M.R., lo hanno “solo” collegato ad un passato che questo Stato e anche il suo popolo non vuole rinnegare. E così il tempo qui è scorso e scorre nell’unica direzione che la fisica gli permette, e cioè in avanti.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Dopo un inizio di indipendenza burrascoso, sfociato in una vera e propria guerra lampo, in quei lunghi anni ’90 in cui il territorio era terreno fertile per trafficanti che si avvantaggiavano dell’instabilità politica per portare avanti continui traffici soprattutto di armi, il tempo e lo strutturarsi della politica hanno permesso alla situazione di normalizzarsi. Le organizzazioni criminali non hanno più mantenuto il controllo dello Stato e la sicurezza è rientrata nei parametri della sostenibilità, tanto che oggi viaggiare in Pridnestrovia non è diverso che viaggiare in qualsiasi altro Stato europeo. Certo, le voci sono dure a morire e l’eredità lasciata da questo burrascoso e recente passato continua a sopravvivere nell’immaginario, tanto che lo stesso Ministero degli Esteri italiano sconsiglia i viaggi in Pridnestrovia e avverte che in caso di problemi le possibilità di azione della Farnesina sono estremamente limitate, non potendoci essere sul posto nè ambasciata nè diplomatici italiani. In effetti l’unica ambasciata presente nello “Stato che non c’è” è quella Russa.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Parlare di Pridnestrovia significa parlare obbligatoriamente di diplomazia, di rapporti che si tendono e distendono come un elastico a seconda dell’andamento della politica internazionale. La Pridnestrovia ha tre lingue ufficiali, il russo l’ucraino e il moldavo e molti suoi cittadini possiedono, oltre ad un passaporto che a poco potrebbe servire all’estero, anche quello russo, moldavo o ucraino e se i rapporti tra cittadini non manifestano tensioni evidenti, questo non si può sempre dire che accada con gli stati confinanti. E’ inevitabile pensare immediatamente a quelli con la più che vicina Repubblica della Moldavia, rapporti che ultimamente, con la nuova amministrazione moldava, si sono fatti più tesi e meno stabili. Tensione che si manifesta a livello politico amministrativo con dazi sui prodotti d’esportazione, ma molto meno tra la popolazione delle rispettive repubbliche che vive la vicinanza con una sostanziale tranquillità e con buoni rapporti di vicinato.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Anche con la confinante Ucraina, storico partner commerciale, le relazioni non sono più ottimali da quando nel 2014 è iniziata la guerra nella regione del Donbass, tanto che anche Kiev, sulla linea del governo moldavo, ha inasprito i controlli doganali.
Quello dell’economia è un discorso ovviamente complesso. La P.M.R. conta poco più di cinquecentomila abitanti e il deficit dello Stato non permette il finanziamento di grandi progetti sociali. L’economia dello Stato è basata sull’export. La principali fonti economiche sono la produzione di energia elettrica, venduta alla Repubblica della Moldavia, e la lavorazione dei metalli con la costruzione di pezzi per macchinari destinati all’estrazione del petrolio, il cui mercato è quello della Federazione Russa. Altre fonti di reddito sono la lavorazione di tessuti e scarpe e l’agricoltura. Nella sostanza il 30% della produzione interna è destinata al mercato europeo, mentre solo l’8% prende la via della Federazione Russa. Con l’introduzione di sanzioni da parte di Chisinau l’economia ha subito un rallentamento. A causa dei non sempre facili rapporti con la vicina Repubblica della Moldavia e per la mancanza di un riconoscimento politico ufficiale, cose entrambe che rendono incerto anche l’immediato futuro, gli investitori esteri hanno manifestato timore ad affacciarsi nel mercato pridnestroviano. Il governo, nel tentativo di attirare capitale, ha così promulgato una legge che esonera gli investitori dal pagamento delle tasse per dieci anni. Provvedimento che sta iniziando a dare i risultati sperati.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Il fatto poi che l’economia sia nei fatti gestita da un solo gruppo industriale, che controlla mezzi di informazione, imprese edili, supermercati, distribuzione di carburante e finanche lo stadio e la squadra di calcio, a sentire i residenti non rappresenterebbe un grosso problema, garantendo tutto ciò occupazione.
Ma non si può pronunciare la parola Pridnestrovia o Transnistria senza parlare della Russia. Qui la Russia è ovunque e non solo nella lingua parlata anche dai cittadini di etnia ucraina o moldava. La si trova sotto forma di seconda bandiera ufficiale di Stato, differente solo nelle proporzioni, che sventola su ogni edificio governativo a fianco di quella pridnestroviana, la si trova nei circa centocinquanta mila cittadini russi che qui sono nati, la si trova nell’esercito russo che ancora si trova sul territorio ed è una presenza fissa (e sostanzialmente discreta) atta a mantenere duratura la pace assecondando il detto latino “si vis pacem, para bellum”, ma la si trova soprattutto “nel sangue” della gente. E se l’impressione è che nessuno voglia o, meglio, conservi la speranza di poter avere un giorno Vladimir Putin (mister Putin, come dicono qui) come presidente, come è accaduto recentemente alla non lontana Crimea, è altrettanto evidente che forma mentis e cultura sono quelle russe. Tutto ciò è talmente forte che, riportando le parole di un giornalista con il quale ho intrattenuto una piacevole chiacchierata, “la Russia è nel nostro sangue e noi crediamo nella Russia più dei russi che nascono lì. Negli anni ’90, quando è caduta l’Urss ed è iniziato il declino economico, culturale e sociale, noi abbiamo ricordato alla Russia chi era. Ci ha compresi e ha inviato le forze di pace. Credo che nel nome della Pridnestrovia, sia iniziata una nuova speranza per la civiltà russa”. Ora, se le parole siano rappresentative della realtà, questo non sono in grado di stabilirlo, ma ciò che ho sempre avvertito nella popolazione, è un grande orgoglio per ciò che sono, per le proprie radici e la propria storia.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

Il caso Crimea apre il capitolo del riconoscimento della Pridnestrovia in quanto Stato. Un riconoscimento che sarebbe solo formale, in quanto i rapporti internazionali sono frequenti e vivaci. Con le sue università statali e qualcuna privata, è numerosa la presenza di docenti stranieri provenienti da ogni parte del mondo (Italia compresa), con gli edifici in costruzione, con le chiese ben conservate e ristrutturate, con la banca e la propria moneta, la rete telefonica nazionale e lo stadio che ospita la squadra di calcio dello Sheriff Tiraspol, la più titolata del campionato moldavo, la P.M.R. è una nazione completa a tutti gli effetti che guarda e si dirige verso il futuro, orgogliosa del suo passato.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).

E’ evidente che non esista cittadino che non aneli ad un riconoscimento ufficiale del proprio Stato, e questo non tanto per poter uscire da un isolamento che nella vita quotidiana di fatto non esiste, ma per rivendicare la propria appartenenza. Un riconoscimento ufficiale della Pridnestrovia potrebbe portare forse ad una distensione dei rapporti esistenti oggi tra Europa e Federazione Russa anche se, per contro, apparirebbe come un riconoscimento dei movimenti indipendentisti che sempre più forte fanno sentire la propria voce in Europa. Pare che questo piccolo Stato incastonato tra la Moldova e l’Ucraina possa ancora condizionare nel bene e nel male politica e equilibri sempre più fragili in Europa.

(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).
(Foto: Notizie Geopolitiche / Massimiliano Lettieri).