Ripercorrendo Putin: la “Terza espansione russa”

di Francesco Cirillo

Diversi analisti militari teorizzano che tra il 2015 e il 2016 la nuova politica estera del Cremlino punterà alla creazione di uno spazio di influenza russo e di azione diplomatica volti a togliere agli Stati Uniti il ruolo di unica superpotenza militare.
Il crollo del muro di Berlino nel 1989 e il successivo scioglimento dell’Unione Sovietica ha portato al totale smembramento di quello che era l’impero sovietico e del Patto di Varsavia. La Federazione Russa, nata dalle ceneri dell’URSS, ha tentato di stabilizzarsi durante la presidenza di Boris Eltsin, ma lo scoppio della prima guerra cecena, terminata con l’assedio e la successiva occupazione della città di Grozny, hanno consegnato al mondo un’immagine repressiva della Russia. Mentre il presidente era impegnato a risollevare un paese in forte recessione economica, i paesi ex sovietici si stavano avvicinando all’occidente. Inoltre nei Balcani, precisamente nella ex-Jugoslavia, la fine del blocco sovietico ha comportato lo smembramento della Federazione Jugoslavia di Milosevic, isolato dalla comunità internazionale. Milosevic sperava nell’aiuto del Cremlino, ma quest’ultimo era impantanato nel risolvere la stagnazione economica. Durante la presidenza di Eltsin si fece strada un “giovane” aspirante politico, Vladimir Putin.
Nel 1999 Putin, a quel tempo primo ministro, venne designato come successore di Eltsin alla presidenza Russa. La carriera di Putin va dai servizi segreti sovietici (Kgb) dove lavorava nella sede di Dresda e dove aveva assistito alla fine dell’era sovietica.
Tornato a Mosca due anni dopo venne nominato direttore del Fsb (servizi segreti russi) e nel 1999 Eltsin lo fece diventare prima premier e poi presidente.
Allora la Russia era un paese arretrato e governato di fatto dagli oligarchi.
L’Invio dell’esercito russo per reprimere la ribellione cecena venne attuato dallo stesso Putin in veste di primo ministro, ma nel contempo vi fu un suo primo tentativo di contrastare il potere degli oligarchi, mettendo a segno un parziale riordino del sistema politico con lo scopo di riconsegnare alla Russia il ruolo di primo piano che aveva.
Dal 2004 al 2012 Putin ha potenziato l’apparato militare russo, migliorato l’economia del paese e cercato di modernizzare l’apparato statale russo, attuando in alcuni casi clamorose epurazioni dirette soprattutto verso gli oligarchi, prontamente allontanati dai ruoli di governo.
Nel 2000, con la sua elezione a ha attuato una riforma radicale dell’apparato statale, suddividendo la Russia in 89 soggetti federali inglobati in 7 distretti federali, le cui nomine di governatori venivano e vengono ancora oggi stabilite direttamente dal Cremlino.
Nel 2008, impossibilitato a candidarsi per un terzo mandato consecutivo, ha favorito l’ascesa alla presidenza del premier Dmitri Medvedev, che a sua volta lo ha nominato primo ministro, garantendo così il prosieguo della sua strategia politica, fino ad essere rieletto, con il 60 per cento dei consensi, nuovamente presidente della Federazione.
Dal 2013 al 2016 Putin ha modificato radicalmente la propria politica estera ed interna. Mosca ha inizia ad intensificare le esercitazioni militari e potenziato il proprio arsenale militare sia convenzionale sia nucleare. Il riarmo russo ha allarma l’occidente e Washington. I primi segni di rottura tra il Cremlino e la Casa Bianca si sono avuti in occasioen della crisi siriana, quando nel 2013gli Usa hanno accusato il presidente Bashar al-Assad di aver utilizzato l’arsenale chimico contro obiettivi dei ribelli causando numerosi morti e feriti tra i civili. La minaccia di Barak Obama, con l’ultimatum ad al-Assad di abbandonare il paese per evitare l’attacco militare statunitense, ha portato all’entrata in scena della Russia, con Putin che si è fatto mediatore portando un accordo che prevedeva lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano.
Da lì a poco, era il 2014, le proteste filo-europee di Maidan, in Ucraina, hanno costretto il premier Victor Yanukovich a fuggire dalla capitale e dal paese. Putin non ha riconosciuto il nuovo governo, affermando che il nuovo regime di Kiev sarebbe stato un “governo fascista finanziato dal Dipartimento di stato americano”.
E così tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo truppe non identificate (in realtà russe) hanno occupato rapidamente i punti strategici e le città della Crimea, dove già Mosca aveva a Sebastopoli la base della Flotta del Mar Nero. La Crimea venne annessa in seguito ad un referendum preparato con una legge ad hoc, cosa che comportò le condanne degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. L’amministrazione Obama e Bruxelles decisero di attuare contro Mosca sanzioni economiche volte ad indebolire l’economia russa e tentare di bloccare le aspirazioni “imperiali” di Putin, ma questo non fermò il presidente russo, il quale, bloccato nei giochi ad occidente, iniziò a guardare a oriente, precisamente in Cina e in Asia Centrale. Mentre firmava importanti accordi commerciali (e militari) con Pechino, rafforzò la presenza militare russa nei paesi dell’Asia centrale quali il Tagikistan e il Kazakistan. Le sanzioni economiche indebolivano solo superficialmente l’apparato economico, il quale resse, seppur con difficoltà, anche al crollo del prezzo del petrolio.
Putin attuò un forte piano di riorganizzazione delle forze armate. Le esercitazioni militari vennero raddoppiate nei distretti occidentali e meridionali, e nel settembre del 2015 Putin decise di intervenire in Siria.
Il 30 settembre del 2015 Putin, con l’approvazione della Duma, inviò un’imponente forza militare aereo-navale per supportare le forze di Damasco, cosa che ha riportato l’ago della bilancia del conflitto in favore di Damasco. I raid russi hanno colpito sia le forze ribelli sia le milizie jihadiste di al-Qaeda e dello Stato Islamico, causando però l’acuirsi della tensione con la Turchia di Recep Tayyp Erdogan.
Nel novembre 2015 due caccia turchi abbatterono un jet russo che, per Ankara, aveva oltrepassato il confine aereo, per cui Mosca chiuse i rapporti diplomatici ed attuò sanzioni economiche nei confronti della Turchia.
Le operazioni militari russe supportarono le truppe di al-Assad che avanzarono verso la città di Aleppo e la Palmira, la quale venne riconquistata nel marzo 2016.
Putin, nel clima di successo, decise di ridurre l’impegno militare, ma nel contempo riscosse importanti successi diplomatici ricucendo i rapporti con la Turchia, la quale a seguito del fallito golpe del 15 luglio aveva rivisto le relazioni con gli Stati Uniti, accusati di essere dietro il tentato colpo di Stato e comunque di non aver estradato l’accusato numero uno, il ricco imam Fethullah Gulen.
Nell’agosto del 2016 Mosca ha intensificato i raid aerei contro le postazioni militari dei ribelli e di Jabat Fatah al-Sham, diramazione siriana di al-Qaeda, oltre che contro lo Stato Islamico, ed è stato proprio grazie all’appoggio russo se l’esercito regolare siriano ha potuto mettere sotto assedio la parte orientale di Aleppo, controllata dai ribelli e dai loro alleati jihadisti. Contestualmente Putin ha ordinato l’intensificazione delle esercitazioni militari in tutti i distretti della Federazione Russa, ha invia reggimenti di forze speciali e unità meccanizzate in Crimea e rafforzato le truppe russe di stanza in Transnistria.
Queste azioni hanno allarmano i paesi dell’Europa e gli Usa, che hanno inviato nei paesi baltici reparti della Nato.
Nello stesso periodo Mosca è stata accusata, senza un evidente fondamento, di finanziare i partiti euroscettici.
In ottobre il Cremlino ha inviato un’ulteriore task force navale per supportare le truppe di Damasco: il naviglio russo comprendeva, oltre ad unità di supporto, la portaerei Admiral Kuznetsov e l’incrociatore a propulsione nucleare “Pietro il Grande”. Il viaggio da Semermorsk, nalla Russia nord-orientale, alla Siria è terminato nella seconda settimana di novembre e le operazioni aeree del gruppo aereo della Kuznetsov, contro le postazioni ribelli e dei miliziani jihadisti, sono iniziate il 15 novembre.
Le elezioni americane dell’8 novembre hanno segnato la vittoria del candidato repubblicano Donald Trump, il quale si è detto pronto a riaprire i rapporti diplomatici con Mosca e ad abolire le sanzioni economiche.
Negli ultimi mesi Mosca ha mantenuto forti rapporti con la Cina per quanto riguarda operazioni militari congiunte e accordi commerciali, ha firmato trattati commerciali con l’India, ha attuato esercitazioni militari anti-terrorismo con le truppe del Pakistan e ha firmato accordi per arginare la crisi petrolifera con l’Arabia Saudita.
Dove Washington non riusciva a mantenere i rapporti, Mosca si infiltrata prepotentemente.
Il 2017, con presidenza Trump, potrebbe far assistere al disgelo tra Mosc e Washington e alla nascita di un mondo dove Russia e Usa dialoghino come potenze mondiali. Alla pari.