Scontro Mosca – OSCE sulle elezioni parlamentari in Russia

di Giuliano Bifolchi –

Nei giorni scorsi l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha informato i media che non invierà i propri osservatori alle prossime elezioni parlamentari che si svolgeranno nella Federazione Russa tra il 17 e il 19 settembre per eleggere i 450 deputati della Duma.
Secondo quanto riportato dal direttore dell’Ufficio dell’OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODHIR) e dalla sua Assemblea parlamentare (OSCE PA), la decisione è stata presa a seguito delle limitazioni imposte dalle autorità russe sull’osservazione elettorale a causa della situazione sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19.
Sull’accaduto il Cremlino ha fatto notare che ad ogni elezione il governo russo ha sempre invitato gli osservatori internazionali nel proprio paese. Per le prossime votazioni è previsto un numero dieci volte superiore di osservatori internazionali di quelli che sono stati presenti negli Stati Uniti alle scorse elezioni presidenziali.
Dalle fonti locali russe si apprende che la Commissione elettorale centrale della Russia (CEC) e il Rospotrebnadzor (Servizio federale di sorveglianza sulla tutela dei diritti dei consumatori e sul benessere umano) avevano stilato le regole per garantire le condizioni necessarie al soggiorno degli osservatori, avevano spedito gli inviti a quasi tutte le missioni internazionali di osservazione ed erano così pronte a garantire la partecipazione. Allo stesso tempo però l’ODIHR aveva sempre insistito affinché l’osservazione internazionale fosse svolta principalmente dai suoi rappresentanti, eventualità ritenuta impossibile dalle autorità russe.
Occorre evidenziare come l’osservazione internazionale si basa sul rispetto delle regole di accreditamento vigenti nel paese di osservazione e quindi l’ODIHR, intensificando il processo negoziale, ha tentato di divenire il principale (se non l’unico) organismo internazionale per l’osservazione delle elezioni in Russia incontrando però l’opposizione delle autorità locali.
Non è la prima volta che le strutture dell’OSCE si rifiutano di osservare le elezioni in Russia a causa del loro disaccordo con le dimensioni della missione di osservazione proposta dalla parte russa. Questa situazione si era già verificata nelle elezioni del 2007.
All’interno della Federazione Russa si sta diffondendo così l’idea che l’ODIHR abbia già premeditato molto prima la sua rinuncia a prendere parte alle elezioni con un fine prettamente politico e con l’intento di screditare l’operato del governo russo. Questa idea troverebbe riscontro in un rapporto preliminare della missione di valutazione dei bisogni OSCE/ODIHR (redatto dopo che esperti dell’organizzazione avevano valutato la situazione della Federazione Russa con una missione in loco) in cui si obiettava alle autorità russe sull’impossibilità di elezione come deputati della Duma di persone con doppia cittadinanza, divieto esplicitato direttamente nella Costituzione aggiornata.
In merito alla situazione sanitaria, motivo per il quale le autorità russe avevano richiesto una riduzione del numero di osservatori dell’OSCE, la Russia ha più volte confermato il suo impegno a garantire la salute delle persone seguendo una politica di restrizioni applicata già in altri paesi: in questa estate ad esempio diversi tifosi sono stati sottoposti a restrizioni durante il Campionato europeo di calcio (si pensi alla partita Inghilterra-Ucraina che si è svolta allo Stadio Olimpico di Roma oppure alla partita Russia-Danimarca al Parken Stadium) e questo vale anche per gli atleti che in questi giorni prendono parte ai Giochi Olimpici di Tokyo dove oltre l’80% dei residenti del Villaggio Olimpico e dei media accreditati sono stati vaccinati.

(Dario Rivolta).
Sull’accaduto abbiamo richiesto un commento a Dario Rivolta, politico, deputato della Repubblica Italiana dal 1996 al 2008, esperto di politica internazionale. Rivolta ha sottolineato che “sembra evidente che il tutto sia frutto di scelte politiche, ma non solo da parte della stessa OSCE, bensì anche, se non soprattutto, da parte russa. Indipendentemente dall’ipotesi che le elezioni si svolgano in modo più o meno corretto, il Cremlino ha da tempo fatto la scelta di rinunciare ad ottenere a tutti i costi il ‘gradimento’ di un occidente che suppone (non a torto) aprioristicamente prevenuto e vuole rimarcare la sua totale indipendenza da riti e procedure che ha deciso di abbandonare. In altre parole, non è più disposto ad accettare di essere sottoposto a giudizio di ‘democraticità’ da parte di chi non perde occasione per criticare le sue politiche in patria e all’estero. Occorre aggiungere che con molta probabilità gli osservatori OSCE non avrebbero mancato di rimarcare l’assenza alle elezioni del partito di Navalny, Russia del Futuro, escluso dalla competizione in quanto riconosciuto come ‘organizzazione estremista’. A monitorare le lezioni dovrebbero comunque essere presenti sia la CEC sia la Delegazione Russa presso l’OSCE (pure in questo caso, tuttavia, gli osservatori non dovrebbero essere più di 60 complessivamente). Anche a giornalisti stranieri indipendenti è stato concesso il visto per il periodo elettorale e si presume che costoro, una volta rientrati nei loro Paesi d’origine, si sentano liberi di scrivere senza pressioni quanto hanno costatato personalmente. I partiti in gara sono comunque almeno 14. Tuttavia solo per quattro o cinque di loro i sondaggi prevedono di superare lo sbarramento del 5%. Tra costoro potrebbe esserci Yabloko, un partito di opposizione liberale di sinistra che nelle elezioni del 2016 non riuscì a superare la soglia necessaria. Questa volta i sondaggi indipendenti gli attribuiscono un consenso che potrebbe arrivare a superare il 10% e a ciò potrebbe contribuire l’invito rivolto da Navalny ai suoi simpatizzanti di ‘votare intelligentemente’, e cioè di favorire i partiti che siano veri oppositori di Russia Unita, il partito del presidente.