Siria. L’attacco ad Idlib come pressione sulla Turchia in vista del vertice di Tabriz

di Filippo Sardella

Le ragioni che hanno spinto l’offensiva dell’esercito governativo siriano verso la città di Idlib, situata nella Siria nord occidentale, risultano essere strategicamente determinanti non solo per le sorti future del conflitto, ma anche per l’assetto geopolitico dell’intera regione. Non va dimenticato che ad oggi la politica estera siriana (in parte anche quella interna) deve tener conto delle opinioni, cioè delle ingerenze, di Mosca per via del massiccio sostegno innanzitutto contro le forze jiadhiste del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, questo ormai praticamente sconfitto se non per alcune sacche che ancora resistono in zone desertiche.
L’offensiva siriana che ha preso il via ieri ha interessato l’area del paese che si trova tra le città di Jisr ash Shugur, Hama e per l’appunto Idlib; la zona è controllata in parte dal Fronte di liberazione nazionale dichiaratamente sostenuto dalla Turchia, ed in parte dalla formazione ribelle salafita di Hayat Tharir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante), conosciuta pure come al-Qaeda in Siria, formatasi dalla fusione dei qaedisti di Jabat Fatah al-Sham (ex Jabat al-Nusra) con altri gruppi minori come il Fronte Ansar al-Din, Jaysh al-Sunna, Liwa al-Haqq e il Movimento Nour al-Din al-Zenk, che fin dall’inizio dell’agosto scorso ha preso ad arrestare tutti quei civili si proclamavano propensi ad una possibile riconciliazione con il governo.
Non è un caso se il presidente Bashar al-Assad, in accordo coi suoi alleati e sostenitori, cioè il presidente russo Vladimir Putin e quello iraniano Hassan Rohani, abbia deciso di far partire l’operazione per la riconquista del territorio nord-siriano proprio pochi giorni prima del terzo incontro trilaterale russo-turco-iraniano che avrà luogo il prossimo 7 settembre a Tabriz: l’offensiva dovrebbe mettere sotto pressione il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che è appunto una delle parti.
Per comprendere la forza della pressione su Erdogan è necessario rifarsi a quanto avvenuto in occasione dei precedenti meeting, quello di Ankara e quello di Sochi.
L’obiettivo di questi incontri trilaterali tra Russia, Iran e Turchia era ed è tutt’ora quello di agire sul decision making della Siria post-califfato. L’incontro di Ankara ma su tutti quello Sochi è stato il tassello fondamentale di una lunga trattativa diplomatica già avviata da tempo: lì è stata accettata dal presidente Bashar al-Assad la proposta della creazione di un congresso dei popoli siriano volto a dare voce a quella pluralità di fazioni antigovernative che rischiavano di far cadere nuovamente la Siria nel caos. La proposta, ha dichiarato successivamente il presidente Putin durante la riunione annuale del Valdai Club tenutasi a Sochi, “Potrebbe diventare un importante passo sulla via verso una soluzione politica che metta fine ai dissidi interni e che venga accompagnata anche dalla redazione di una nuova Costituzione”, scongiurando così l’ipotesi di una divisione della Siria in zone controllate da diverse forze straniere, tra cui la Turchia nel nord del paese.
Appare così evidente che prima del terzo incontro di Tabriz, la coalizione siriana-russo-iraniana tenti di sbaragliare le rimanenti sacche ribelli presenti al confine turco-siriano e al contempo possa mettere alle strette la stessa Turchia; la quale, mossasi con abilità all’interno del conflitto civile siriano fin dalle prime fasi iniziali, ha cercato da subito di ingaggiare gruppi jihadisti al fine di abbattere il presidente Bashar al-Assad. L’intervento russo però ha permesso ad al-Assad di non capitolare, creando così un nuovo scenario dove il presidente Erdogan, bloccato in una fase di stallo, ha saputo muoversi abilmente, divenendo dopo la ricomposizione dell’incidenre del Su-24 abbattuto dai turchi, interlocutore di Mosca. Il controllo del territorio a nord della Siria, a meno di un repentino stravolgimento, rimane ancora formalmente sotto l’autorità delle fazioni islamiste e quindi saldamente sotto il controllo di Ankara, come preziosa moneta di scambio a un prossimo vertice, probabilmente quello di Tabriz.