di Elisabetta Corsi –
Se le elezioni in Spagna di ieri dovevano sbloccare la situazione politica, non è stato così. Anzi l’hanno ulteriormente complicata.
Dalle urne è uscita infatti una sconfitta per il Partito Socialista (Psoe), che perde seggi a favore del Partito Popolare, il quale passa da 66 a 87 seggi, ma vi è anche stato l’exploit dell’ultradestra di Vox, che da 24 seggi passa a 53.
Il Partito Socialista di Pedro Sanchez, che pensava di rafforzare la sua maggioranza, ha perso tre seggi, per cui sarà ancora più difficile che sarà il premier uscente a formare il governo. A caldo Sanchez ha comunque dichiarato che “Il Psoe ha vinto le elezioni. Il nostro progetto è formare un governo progressista stabile, faccio appello a tutte le forze politiche escluse quelle che predicano l’odio”. Pedro Sanchez vuole fare di tutto pur continuare a governare il paese, e si dimostra aperto a creare una coalizione rivedendo così le sue precedenti posizioni in merito.
Il partito che rimane più sconfitto è Ciudadanos, che passa da 57 seggi a soli 10; dopo questa disfatta il leader Albert Rivera ha annunciato le sue dimissioni dal partito e la sua uscita di scena dalla politica.
Le elezioni di ieri sono state un vero fiasco per la sinistra ed hanno rappresentato una risalita vertiginosa per la destra e soprattutto per l’estrema destra. L’estrema destra xenofoba di Vox deve il suo successo alla crisi catalana e alle violenze che hanno segnato Barcellona a seguito delle pene carcerarie inflitte ai leader indipendentisti.
Il Partito Popolare di Pablo Casado ha ora una responsabilità evidente in quanto primo partito all’opposizione: non è ancora chiaro se appoggerà esternamente il Psoe oppure se protenderà per un’astensione parlamentare, cosa che potrebbe permettere l’investitura di Sanchez ma che rischierebbe di lasciare l’opposizione in mano a Vox.
Ora però è ancora tutto nelle mani di Pedro Sanchez, il quale ancora una volta dovrà decidere come agire per uscire dallo stallo politico in cui si trova da anni la Spagna.
