Sudan. Il premier Hamdok ha nominato un governo con 20 nuovi ministri

di Alberto Galvi

Il primo ministro sudanese ad interim Abdalla Hamdok ha nominato un governo con 20 nuovi ministri, incluso il leader ribelle del Darfur Gibril Ibrahim come ministro delle Finanze. Hamdok ha anche nominato ministro degli Esteri del Sudan Mariam Assadiq al-Mahdi, leader del NUP (National Umma Party) e figlia di un ex primo ministro.
Tra gli altri membri del nuovo gabinetto vi è Khalid Omer del partito SCoP (Sudanese Congress Party), che è stato nominato ministro degli Affari di governo. Hamdok ha mantenuto sei membri del suo precedente gabinetto, tra cui il ministro della Giustizia Nassruddin Abdulbari e il ministro della Difesa Yasin Ibrahim. Inoltre deve essere ancora nominato il ministro dell’Istruzione.
Il governo Hamdok è stato il risultato di un consenso politico ottenuto dopo di un lungo periodo di trattative, mentre nell’ultimo anno e mezzo il suo governo è stato in grado di riformare le leggi sudanesi e ripristinare la libertà in tutto il Paese.
Inoltre il nuovo TLC (Transitional Legislative Council) del Sudan ha firmato un accordo di pace con il SRF (Sudan Revolutionary Front), una coalizione di quattro movimenti politici e di cinque gruppi ribelli, compresi quelli della travagliata regione occidentale del Darfur.
L’accordo di pace con i gruppi armati di opposizione ha reso possibile rimuovere il Sudan dalla lista nera degli Usa dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. Con lo stesso accordo ai ribelli sono state date posizioni all’interno del governo e 75 seggi nel nuovo TLC del Sudan, che svolgerà il ruolo di potere legislativo durante il periodo di transizione fino a quando non si potranno tenere le elezioni nel 2022. Il nuovo governo continuerà a completare gli altri punti dell’accordo di pace, inclusa l’istituzione del TLC entro il 25 febbraio.
L’accordo garantiva l’autogoverno alle province meridionali di Nilo Azzurro, Sud Kordofan e West Kordofan e stabiliva che le forze ribelli sarebbero state integrate nelle forze armate del Sudan. Nonostante l’accordo di pace di ottobre, le violenze continuano nel Darfur. Secondo le Nazioni Unite i combattimenti in Darfur dal 2003 hanno provocato la morte di almeno 300mila persone e 2,5 milioni di sfollati.
Il Paese africano ha revocato i sussidi al carburante in ottobre come parte di un programma di riforme monitorato dall’IMF (International Monetary Fund), provocando forti aumenti delle tariffe di trasporto e dei prezzi dei prodotti di base. Il TLC del Sudan spera che il programma di riforme aprirà le porte ai prestiti per lo sviluppo e agli investimenti esteri diretti.
A dicembre gli Usa hanno dichiarato che avrebbero concesso al Sudan un prestito di 1 miliardo di dollari per aiutare a cancellare i suoi arretrati alla Banca mondiale e all’IMF e spianare la strada affinché il Paese ricevesse una rinnovata assistenza finanziaria.
L’economia del Sudan è stata distrutta da decenni di sanzioni statunitensi, dalla cattiva gestione di al-Bashir e dalla guerra civile, nonché dall’indipendenza nel 2011 del Sud Sudan ricco di petrolio. Con le proteste delle ultime settimane contro il peggioramento dell’economia, rimangono sfide urgenti da affrontare come un fiorente mercato nero, l’inflazione galoppante e la cronica carenza di valuta forte.