Tanzania. Magufuli costretto a mettere mano al governo

di Valentino de Bernardis –

magufuli johnPrimi giri di poltrone all’interno del gabinetto tanzaniano. Sabato 11 giugno il presidente della repubblica John Pombe Joseph Magufuli ha ufficializzato il cambio alla testa di due dicasteri nell’esecutivo da lui guidato. Il primo ha comportato la nomina del ministro dell’agricoltura in carica Mwigulu Lameck Nchemba a nuovo ministro degli affari interni al posto di Charles Muhangwa Kitwanga, sollevato dall’incarico dopo essersi presentato in stato di ubriachezza alla sessione parlamentare lo scorso 20 maggio. Il secondo, direttamente collegato al primo, è l’entrata nella compagine governativa di Charles John Tizeba (già viceministro ai trasporti durante il precedente governo Kikwete), a cui è stata affidata la guida del ministero lasciato libero da Nchemba. Un breve giro di poltrone che dovrebbe riuscire a portare nuova linfa vitale al governo di Dodoma, nella lotta alla criminalità e alla corruzione, fulcro centrale della proposta politica di Magufuli durante la campagna presidenziale tenutasi ad ottobre 2015.
I cambi ampiamente annunciati, ed un rimpasto di governo (se di rimpasto si può parlare) forzato da eventi sfavorevoli più che da un preciso disegno politico del partito al potere. Rapporto causa-effetto da tenere bene a mente in un paese caratterizzato si da una lunga tradizione di stabilità politica (dove il Chama Cha Mapinduzi-CCM è al potere da oltre un ventennio), ma anche da sempre costretta a sedare turbolenze politiche, finanche di veri e propri attacchi terroristici, provenienti dall’arcipelago di Zanzibar, divisa dalla terra ferma non solo dal mare, ma anche da storia, gruppi etnici e religione.
Se queste sono al momento le tematiche chiave in politica interna,di tutt’altra natura le questioni aperte in campo internazionale, dove l’assertività del presidente Magufuli a ritagliare per la Tanzania un ruolo di primo piano anche in ambito continentale, va a cozzare con le medesime aspettative di molti altri paesi, primi fra tutti quelli confinanti costieri come Kenya e Mozambico, alla presa con una difficilissima corsa alla leadership regionale e continentale, senza favoriti alla partenza.
Impegnato in una difficilissima campagna elettorale, il governo keniota si è visto sfilare dalle mani la costruzione dell’oleodotto che dall’Uganda dovrebbe giungere sulle coste dell’oceano indiano per la commercializzazione del petrolio con il sud-est asiatico. Un progetto atteso da anni che potrebbe cambiare la geopolitica dell’area, data l’enorme portata delle riserve naturali scoperte in Uganda (le stime ufficiali si aggirano attorno a 6,5 miliardi di barili). Senza dimenticare il conseguente flusso di capitali nei paesi che prenderanno parte allo sfruttamento delle risorse, che potrebbe rappresentare una boccata di ossigeno vitale a chi vede la propria economia nazionale in affanno e schiacciata dal peso di un debito pubblico in crescita. Partendo da Kabaale, nel distretto di Hoima, il vecchio percorso avrebbe visto difatti il rafforzamento del porto di Lamu in kenya, creando un secondo polo industriale in Kenya, dopo quello di Mombasa. La scelta di un percorso alternativo a favore della Tanzania, intenzionato a puntare sullo sviluppo della città portuale di Tanga, a circa duecento chilometri da Dar es Salaam, ha significato per il governo di Dodoma l’acquisizione non solo di un progetto infrastrutturale di 1400 chilometri, ma anche la capacità di attrarre cita $4 miliardi di investimenti ad esso collegati, e la creazione di circa quindicimila posti di lavoro.
Discorso diverso quello che si potrebbe fare invece in riferimento al Mozambico. Astro nascente dell’africa australe, dalle ampie aspettative sopratutto dopo la scoperta di importanti giacimenti di gas naturali off-shore, ma in perenne ritardo sui vicini a causa di una latente guerra civile, e una preoccupante crisi economica. Ad aggravare il quadro del paese la recente decisione del Fondo Montario Internazionale di sospendere i finanziamenti diretti al paese con l’accusa di aver nascosto un miliardo di dollari del debito pubblico.
Una rara concatenazione di eventi da cui Magufuli potrebbe esserne l’unico beneficiario, se farà giocare bene alla Tanzania le proprie carte.

@debernardisv
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