Thailandia. I giovani da mesi protestano per una nuova costituzione

di Alberto Galvi

La monarchia costituzionale thailandese dal 1932 ad oggi ha aumentato il suo potere grazie ai 13 colpi di Stato messi a segno da parte dell’esercito arcirealista contro i governi eletti.
Negli ultimi mesi però un movimento pro-democrazia ha chiesto che il potere del re Maha Vajiralonkorn fosse chiaramente limitato all’interno della Costituzione.
Questi giovani utilizzando i social media hanno lanciato una sfida senza precedenti alla ricchezza e all’influenza della monarchia thailandese, un tempo intoccabile.
Le modifiche costituzionali proposte includono riforme alla monarchia e la rimozione del primo ministro Prayuth Chan-ocha, che ha preso il potere attraverso il colpo di Stato del 2014.
Le riforme che i manifestanti chiedono potrebbero rendere il re thailandese Maha Vajiralongkorn più responsabile e riformare anche il Senato, dove i membri non sono eletti. La Camera dei rappresentanti e il Senato approvano il Primo ministro che dovrà poi essere nominato dal monarca come stabilito nel provvedimento transitorio della Costituzione del 2017.
Una nuova ondata di proteste era iniziata nel febbraio dello scorso anno dopo che un tribunale aveva ordinato lo scioglimento di un nascente partito di opposizione pro-democrazia.
Le proteste sono state ravvivate a giugno quando l’eminente attivista pro-democrazia Wanchalearm Satsaksit è scomparso in Cambogia, dove era stato esiliato a causa del colpo di Stato militare del 2014.
La situazione è iniziata a precipitare quando i manifestanti hanno iniziato a mettere in discussione i poteri della monarchia.
L’iniziativa ha provocato sgomento in un Paese in cui viene insegnato fin dalla nascita a venerare e amare la monarchia e a temere conseguenze per eventuali critiche. La legge thailandese sulla lesa maestà alla sezione 112 del codice penale ha infatti vietato qualsiasi insulto alla monarchia e prevede dai 3 ai 15 anni di reclusione, che sono tra le pene più severe al mondo.
La norma è rimasta inattiva da quando il re Maha Vajiralongkorn è succeduto a suo padre, il re Bhumibol Adulyadej, morto nel 2016, tuttavia il governo thailandese la sta ora usando per cercare di reprimere le continue proteste che ne chiedono le dimissioni, una nuova Costituzione e la riforma della monarchia. La norma è stata quindi utilizzata in più occasioni come strumento politico per frenare la libertà di parola e le richieste di riforma e cambiamento dell’opposizione.
Le proposte dei movimenti pro democrazia hanno scioccato e indignato gli anziani conservatori realisti, che sono determinati alla tregua nelle turbolente manifestazioni di strada e ad arrestare coloro che guidano le proteste contro la monarchia.
A differenza dei precedenti movimenti di protesta thailandesi, la maggior parte dei manifestanti sono giovani abitanti della classe media cittadina.
Le autorità potrebbero diffidare dall’offuscare l’immagine internazionale della Thailandia com’era avvenuto in occasione della repressione del 2010, quando le Camicie rosse avevano causato la morte di 90 persone a Bangkok.
Negli ultimi giorni le autorità hanno indurito il loro tono minacciando i manifestanti di applicare la legge sulla lesa maestà.
Finora 40 manifestanti, i più giovani dei quali hanno compiuto 16 anni, sono stati accusati di aver violato quella legge, a seguito di denunce generate da proteste, commenti e video sui social media thailandesi.
Il re Maha Vajiralongkorn rimane una figura controversa e non gode dello stesso affetto da parte dei sudditi del suo defunto padre, anche se l’attuale monarca ha rafforzato i suoi poteri rispetto a quelli presi dall’esercito.