Trimarium. la cintura dell’Europa orientale per tenere separate Germania e Russia

di Dario Rivolta *

“L’interesse principale della politica estera americana nell’ultimo secolo, durante la Prima e la Seconda guerra mondiale e durante la Guerra fredda, sta nella relazione tra la Germania e la Russia. In effetti questi due Paesi uniti sono il solo potere che possa minacciarci. Il nostro principale interesse è di assicurarci che questo non accada”. Sono queste le parole di uno stimato politologo americano, George Friedman, pronunciate durante una conferenza sulla politica internazionale tenuta a Chicago il febbraio 2015 davanti agli specialisti del Chicago Council on Global Affairs.
Naturalmente il punto di partenza della sua dissertazione era la situazione ucraina e quanto l’amministrazione americana aveva fatto per favorire il colpo di stato contro il Governo in carica. Dal conflitto interno derivarono, come sappiamo, le sanzioni (e le contro-sanzioni) con la Russia e che vedono tuttora parteciparvi tutti gli Stati europei, Germania compresa.
In realtà Berlino, nonostante sia stata parte in causa nelle manifestazioni che rovesciarono il precedente regime di Kiev, sta giocando una partita su due tavoli: con una mano spinge per il proseguimento delle sanzioni mentre con l’altra continua a investire in Russia attraverso le consociate delle sue aziende residenti in quel Paese. Come non bastasse ha perfino sottoscritto l’accordo che prevede il raddoppio del gasdotto North Stream II che consentirà di dirottare a nord, con un collegamento diretto tra le pipeline russe e la Germania, tutto il gas attualmente transitante attraverso l’Ucraina. Proprio quest’ultimo atto è la più evidente contraddizione con gli intenti di sanzioni che miravano a colpire la Russia, manifestando contemporaneamente la volontà di “proteggere” l’Ucraina nella sua marcia di avvicinamento all’Europa.
Il timore di una qualche alleanza tra Germania e Russia però non è presente solo nelle menti dei politici Usa. Anche i baltici e i polacchi, per motivi differenti da quelli americani, sono pronti a fare di tutto pur di impedire che ciò possa realizzarsi. Per esempio dando vita al “Trimarium”.
E’ questo il patto che raggruppa dodici Paesi che dal mar Baltico arrivano giù fino al mar Nero e, con Croazia e Slovenia, toccano l’Adriatico: i tre mari, appunto. Gli Stati coinvolti sono il Gruppo di Visegrad (Polonia – la principale promotrice di quest’accordo-, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), i tre Stati Baltici, la Bulgaria, la Slovenia, la Romania, poi la Croazia e l’Austria.
Se guardiamo alla cartina geografica, è facile vedere come si tratti di una striscia di territori che separa esattamente in due l’attuale Unione Europea e si frappone tra l’Europa occidentale e la Russia.
Stando ad ascoltare le dichiarazioni ufficiali dei sottoscrittori (ma la Repubblica Ceca, meno ipocritamente, la pensa diversamente), l’unico scopo sarebbe quello economico e mira a costruire nuove infrastrutture logistiche infra-Stati e a rafforzare la loro reciproca cooperazione. Apparentemente non avrebbe alcuna valenza geopolitica. Anche se si parla pure di rafforzamento della “sicurezza”, non è specificato in quale modo quest’aspetto sarà attuato.
Tuttavia di là da ogni affermazione dei soggetti interessati, basta leggere un po’ di storia e pensare alle parole di Friedman per cogliere ben altro significato in questa “alleanza”. Nel 1920 sempre un polacco, il maresciallo Pilsudsky, aveva lanciato l’idea, definita già allora d’importanza strategica, che si dovesse costituire una cintura di Paesi strettamente alleati allo scopo di separare fisicamente la Russia dalla Germania, entrambe percepite come “prepotenti”. Fu chiamata “Intermarium” e la si pensava estendersi dal mar Baltico al mar Nero. In altre parole doveva coinvolgere tutte quelle aree geografiche che nei secoli XV e XVI costituivano il regno degli Jagelloni, una dinastia lituano – polacca che dominò a lungo l’Europa centro-orientale. L’Intermarium fu concepito espressamente come una difesa (o un’offesa?) comune e, anche allora, lo scopo era di impedire ogni possibile avvicinamento tra la Russia e l’Europa occidentale. Anche se i commentatori polacchi si sforzano di negare ogni coincidenza tra i due progetti, quello originario e quello attuale, la somiglianza è sotto gli occhi di tutti. Se il motivo di Trimarium mirasse veramente soltanto allo sviluppo economico degli aderenti, perché non sono state invitate anche la Grecia e l’Albania, altrettanto bisognose di sviluppo? E perché non ha mostrato alcun interesse la Finlandia, nonostante i dodici Paesi membri costituiscano per essa un interessante mercato? I sospetti che le motivazioni economiche siano solo una copertura per un disegno strategico di valenza militare diventano più forti quando si guarda al fatto che pur trattandosi tutti di Paesi membri dell’Unione Europea non si è volutamente fatto ricorso alle procedure di cooperazione rafforzata. Non solo, all’inaugurazione del 6 luglio a Breslavia (Polonia), nessun altro Paese europeo è stato invitato. Si è invece voluta la presenza del presidente degli Stati Uniti Trump e del primo ministro israeliano Netanyahu. Il primo, che ha calorosamente plaudito all’iniziativa dando anche un grande rilievo mediatico, fu invitato perché alleato militare e fornitore di sistemi di arma, il secondo in quanto alleato in Medio Oriente, in contrasto con la politica europea giudicata troppo filo araba.
A completare il quadro potremmo aggiungere che, seppur la nuova organizzazione non comprenda l’Ucraina (almeno per ora), alcuni dei membri sono tra coloro che riforniscono Kiev di armi e d’istruttori e hanno firmato accordi bilaterali con Kiev (ultima la Lituania) per la reciproca “difesa”. I polacchi in modo particolare sono già presenti in tutte le infrastrutture ucraine: forniscono consulenze, addestramento, sistemi logistici e infrastrutture utili alle forze armate e gestiscono direttamente asset strategici. Un tale Slavomir Nowak dirige l’Agenzia per la manutenzione delle strade nazionali e un Wojcech Balczun controlla le ferrovie pubbliche.
Un altro aspetto “strano” di quest’alleanza è che molti dei membri di Trimarium siano gli stessi che rifiutano di adeguarsi alla spartizione dei clandestini che sbarcano in Europa e che la naturale capofila dell’impresa sia proprio la Polonia, quella che non ne vuole “nemmeno uno”.
Quando Intermarium fu immaginato, l’Unione Europea non esisteva ancora e la Germania faceva Stato a sé. Oggi le cose non stanno più in quei termini e organizzarsi per “contenere” la Germania significa fare un atto ostile verso tutta l’Europa. Hanno un bell’arrampicarsi sugli specchi, i polacchi e compagnia, nello smentire ogni loro intenzione geopolitica: i fatti parlano da soli e il Trimarium non solo non è stato concordato con Bruxelles ma costituisce, oggettivamente, un corpo politico estraneo alla strategia dell’Unione. Se non addirittura in contraddizione con essa. Poiché la mancanza di una vera unità politica europea è la più grande debolezza che il nostro Continente si trova a dover gestire, è comprensibile che ognuno faccia ciò che più gli aggrada. Ciò che però è meno accettabile è che un gruppo di Paesi membri compia atti potenzialmente ostili agli altri sfruttando i soldi generosamente attribuiti loro per tutt’altro scopo. I Paesi dell’Europa Centro-Orientale sono quelli che più hanno tratto beneficio (in termini di elargizione dei finanziamenti europei a fondo perduto) dal loro ingresso nell’Unione e sapere che dall’Europa vogliono avere solo gli aiuti mentre si sottraggono a ogni altro impegno comunitario non attira certo la nostra simpatia. Aggiungiamo che polacchi e compagni sono coloro che più si oppongono a ogni “approfondimento” delle Istituzioni Comunitarie e il quadro si completa.
E noi, netti “donatori”, fino a quando dovremo continuare a portare “l’anello al naso”?

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.