di Enrico Oliari –
E’ stato presentato oggi a Washington dal presidente Usa Donald Trump e dal premier israeliano Benyamin Netanyahu il piano che, a loro dire, dovrebbe garantire la pace con i palestinesi. Un piano che nasce claudicante non solo perché l’opinione pubblica del mondo arabo è contraria, come pure importanti cancellerie come quella della giordana (solo Giordania e Egitto riconoscono Israele), ma anche perché prevede l’annessione da parte di Israele della Valle del Giordano, una Gerusalemme “indivisibile” quale capitale dello stato, nonché il riconoscimento Usa degli insediamenti nei Territori occupati nonostante le risoluzioni delle Nazioni Unite. Più che una “volta storica”, come l’ha definita Trump, è in realtà un ultimatum, scaduto il quale Israele si sentirà autorizzato ad usare la mano pesante con i palestinesi erdodendone il territorio loro rimasto.
E’ stato infatti fissato quindi un termine di 4 anni per le trattative, dopodiché, ha detto il presidente Usa, “scadrà l’ultima opportunità per arrivare a una pace in Medio Oriente”.
Il “Piano del Secolo” di Trump prevede la nascita dello stato della Nuova Palestina, e contempla soluzioni curiose, come l’autostrada che, stando ai contenuti, dovrebbe essere costruita dai cinesi e che collegherebbe Gaza alla Cisgiordania attraverso un lungo ponte alto 30 metri. L’idea di Trump, messa insieme dal genero Jared Kushner, indica una rosa di iniziative e di compromessi a cominciare dal nome dello Stato sovrano dei palestinesi, la “Nuova Palestina”, i cui territori cisgiordano e di Gaza verrebbero collegati dal ponte, finanziato da diversi Paesi, soprattutto dalla Cina che lo costruirà e lo pagherà per il 50%. I confini con Israele verranno ad essere aperti.
Gerusalemme diverrà una “città condivisa”, fra i due Stati, capitale di entrambi e non separata in zona est e zona ovest; il comune di Gerusalemme amministrerà la cosa pubblica locale ad esclusione dell’istruzione, che sarà a carico della Nuova Palestina, e riscuoterà dai palestinesi lì residenti una “tassa per l’Aqua e dell’Arnuna” in sostituzione di quella che già pagano. La proposta riporterebbe che “Sarà vietato agli ebrei di comprare case arabe ed agli arabi di acquistare case di ebrei; inoltre saranno aggiunti nuovi territori a Gerusalemme, mentre gli attuali luoghi santi rimarranno così come sono oggi”.
Gli insediamenti israeliani nei Territori occupati resteranno ad Israele e saranno collegati da strisce delimitate, ma i palestinesi riceveranno in donazione dall’Egitto un territorio utile per la costruzione di un aeroporto, di un centro commerciale e per la coltivazione di generi agroalimentari, per quanto sarà loro interdetta la residenza. Fino alla costruzioni di un aeroporto palestinese, previsto entro 5 anni dall’entrata in vigore dell’accordo, gli abitanti della Nuova Palestina si serviranno liberamente degli scali israeliani.
La Nuova Palestina non avrà un proprio esercito e non potrà detenere armi pesanti, mentre le armi leggere saranno in dotazione solo alla polizia. Si tratterebbe di uno dei punti meno graditi alla parte palestinese, in compenso però sarà Israele a dover garantire la difesa del nuovo Stato, alla quale i palestinesi contribuiranno economicamente con l’aiuto dei paesi arabi.
I detenuti palestinesi nelle carceri israeliane “verrebbero rilasciati ad un anno dall’entrata in vigore dell’accordo, entro un periodo di tre anni”.
Terminerà l’embargo a Gaza, ma contestualmente tutte le armi, anche quelle in dotazione ai leader di Hamas, dovranno essere consegnate (la sicurezza verrà garantita dalla polizia della “Nuova Palestina”); verranno riaperti i commerci internazionali da e per Gaza, attraverso Israele, l’Egitto o via mare attraverso la Cisgiordania.
L’accordo porterà la firma di Israele, dell’Olp e di Hamas, mentre i finanziamenti (30 miliardi di dollari in 5 anni) per attuare i progetti arriveranno dagli Usa (20%), dall’Ue (10%) e dalle monarchie del Golfo (70%).