Tunisia. In un nuovo video l’Isis minaccia nuovi attacchi

di Vanessa Tomassini –

TUNISI. Su Instagram e Telgram spunta un nuovo video del sedicente Stato islamico, Daesh in Tunisia. Il filmato, diffuso dal sedicente ufficio media, mostra uomini armati e mascherati giurare fedeltà al leader del gruppo terroristico Abu Bakr al-Baghdadi, che se ancora in vita, avrebbe trovato rifugio in Libia come affermano diversi rapporti del comando degli Stati Uniti in Africa, Africom. Il nuovo video segue un altro girato nel sud della Libia e diffuso la settimana scorsa, rivelando una nuova strategia mediatica di Daesh nel tentativo di riaffermare la propria esistenza dopo la sconfitta in Siria ed in Iraq, nonché di attrarre nuove reclute e ridare speranza ai foreign fighters che hanno visto andare in frantumi la loro causa. La qualità della narrativa sembra anch’essa risentire della sconfitta territoriale, con riprese di vecchi fotogrammi ed un montaggio più semplice che mostra non più minacciosi battaglioni, ma piccoli gruppi di jihadisti. ”I tuoi soldati e i tuoi figli nella terra di Kairouan si stanno comportando bene”, afferma un jihadista che si presenta come Abou Omar al-Tounsi, rivolgendosi ad al-Baghdadi. Kairoun, considerata dai musulmani la città santa nella Tunisia centrale, ospita la più antica moschea del Nordafrica. Successivamente il sedicente Abou Khaled al-Tounsi, invita i fedeli a ”seminare il terrore” in Tunisia. Nel paese nordafricano, alle prese con una crescente crisi economica, vige uno stato di emergenza dal novembre 2015 prorogato l’ultima volta per un altro mese dal presidente Beji Caid Essebsi il 5 luglio scorso, ma mai formalmente sollevato.

Recenti attentati.
La capitale Tunisi è stata sconvolta il 27 giugno scorso da un duplice attentato terroristico, il primo nella centralissima via Charles du Gaulle nei pressi dell’ambasciata francese, ed il secondo nel parcheggio della Direzione antiterrorismo. Pochi giorni dopo almeno altri due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi di posti di blocco della polizia, nella periferia della capitale. Un grande quantitativo di esplosivi è stato trovato dalle forze speciali tunisine all’interno della moschea al-Ghofrane, nella periferia est di Tunisi, Citè Intilaka, non lontano dal luogo dove sarebbe stato neutralizzato, secondo gli inquirenti, l’ultimo elemento ricercato per i due attentati terroristici del 27 giugno per i quali sono state arrestate in tutto oltre 25 persone dopo le perquisizioni negli ambienti estremistici islamici della capitale. Il 29 ottobre 2018 una donna si era fatta esplodere sulla centralissima Avenue Bourguiba, nei pressi dell’Hana Inn e del Teatro, vicino ad una pattuglia della polizia ferendo una ventina di persone. Gli eventi hanno riportato alla memoria i sanguinosi ricordi del 2015, anno in cui Daesh è stato in grado di compiere eterogenei attacchi: al Museo del Bardo, il 18 marzo 2015, 24 persone sono state uccise tra cui 21 turisti; a Sousse, il 26 giugno 2015, 38 persone sono state massacrate in una spiaggia di un resort; a Tunisi il 24 novembre dello stesso anno, 12 soldati della guardia presidenziale sono stati colpiti da un attacco kamikaze mentre si trovavano a bordo di un bus. Non va sottovalutato, infine, quanto accaduto il 7 marzo 2016, quando dozzine di jihadisti hanno varcato il confine tunisino dalla Libia, dove si erano organizzati per attaccare la città di Ben Garden, uccidendo tredici agenti delle forze di sicurezza e sette civili. Almeno 49 jihadisti sono stati neutralizzati, mentre i sopravvissuti si ritiravano definitivamente tre giorni dopo, il 10 marzo.

Obiettivi ed origini del fenomeno Jihadista in Tunisia.
L’organizzazione terroristica ha mirato fin dalla sua comparsa nel 2011 a destabilizzare il processo democratico ed economico del paese, colpendo in particolare il settore turistico. A febbraio 2011, durante la rivoluzione che ha portato alla deposizione del presidente Zine el-Abidine Ben Ali, molti oppositori politici del regime sono stati liberati. Tra questi erano presenti molti jihadisti salafiti che sono stati in grado di organizzarsi piuttosto velocemente. Nell’aprile 2011 viene annunciata da Abu Iyadh la nascita dell’organizzazione terroristica Ansar al-Sharia, movimento della galassia Jihadista connesso ad al-Qaeda, sebbene all’inizio predicasse un’azione non violenta, sfruttando le opere caritatevoli come mezzo per attrarre a sé sempre nuovi seguaci, sostituendo lo Stato nell’intraprendere azioni economiche e sociali ed aiuti per le popolazioni più povere. Nel 2012 dall’Algeria fa il suo arrivo in Tunisia al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) fondata da Katiba Okba Ibn Nafaa e guidata da Lokman Abou Sakhr. I jihadisti si stabiliscono principalmente nella regione meridionale, lungo il confine algerino, in particolare nel Djebel Chambi. Secondo le stime, la Tunisia è il principale Paese di provenienza principale dei combattenti di Daesh in Siria e in Iraq, dopo essersi addestrati nei campi in Libia, quasi sempre arruolatisi per ragioni economiche. È stata anche riportata l’esistenza di vere e proprie organizzazioni umanitarie che reclutavano ed organizzavano viaggi dalla Tunisia. Almeno 1500 jihadisti tunisini avrebbero combattuto in Libia, oltre 6mila tunisini si sono uniti alle file di al-Baghadi in Siria. Di questi la maggior parte sono stati uccisi mentre in molti si trovano nelle prigioni straniere, inclusi i figli e le loro consorti, di cui il governo tunisino non accetta il ritorno. Per via della disoccupazione e l’alto tasso di corruzione nel paese, AQMI, Ansara al-Sharia, da cui Daesh è derivato nel 2014, sono stati in grado di ottenere supporto grazie al denaro, ricevendo beni e servizi, oltre a trarre finanziamento dai traffici illegali interni e con i paesi confinanti, in particolare con la Libia.