Ucraina. Attendendo il voto del 15 novembre…

di Dario Rivolta * –

poroshenk furbo grandeIl 15 novembre si terranno i ballottaggi delle elezioni amministrative in Ucraina nelle città sopra i 90mila abitanti. A Kiev dovrebbe rivincere il sindaco uscente, il noto pugile Vladimir Klitsko, sponsorizzato invano, durante la rivolta di Maidan, dai democristiani tedeschi nella speranza che proprio lui potesse diventare un futuro leader del Paese. Non fu così perché, da altrove, si decise che non dovesse nemmeno correre e si puntò invece su Arseni Yatsenuk e su Petro Poroshenko, oggi rispettivamente primo ministro e pPresidente. A Kiev Klitsko fu eletto senza problemi e la sua popolarità anche in queste elezioni gli ha portato poco meno del 50% dei voti, mentre il secondo classificato non passa il dieci.
Non hanno avuto lo stesso successo, al contrario, i due leader nazionali: il Fronte Popolare di Yatsenuk, dopo aver visto i sondaggi, ha deciso che sarebbe stato meglio nemmeno presentarsi in alcun collegio e il Poroshenko Block ha dovuto optare per alleanze con liste locali per sopperire al suo scarso radicamento territoriale. Anche quest’alleanza però non gli è bastata a uscirne con successo perché le liste con i suoi candidati hanno sì vinto qui e là, ma con risultati molto inferiori a quelli ottenuti durante le elezioni politiche. Uguale risultato molto deludente è toccato al partito di Yulia Timoshenko, MadrePatria.
Le amministrative, si dirà, hanno valenza e dinamiche diverse da quelle politiche e non è possibile fare un confronto diretto. Questa è una logica valida spesso ma, in questo caso, bisogna notare che l’attuale campagna elettorale, sia nelle regioni sia nei comuni, ha avuto un forte accento politico, tant’è che gli argomenti usati da tutti i candidati riguardavano più temi nazionali e di politica internazionale che quelli locali.
L’attuale maggioranza al governo, almeno per ora, non avrà grandi ripercussioni, anche se dopo il ballottaggio è prevedibile qualche rimpasto tra i ministri. La sostituzione di alcuni di loro diventa necessaria perché occorre offrire agli elettori un qualche capro espiatorio per cercare di attutire un malcontento dilagante che vede proprio nel Primo Ministro e nel Presidente le cause delle promesse non mantenute e dei sacrifici sempre maggiori cui la popolazione è chiamata. Così si spiegano il forte astensionismo e la perdita di consensi dei due beniamini dell’occidente. In periodi di crisi è naturale che chi sta al governo perda popolarità e, per di più Yatsenuk è stato e resta l’interlocutore principale del Fondo Monetario Internazionale e dei Governi americano ed Europei. E’ quindi naturale che sia proprio il suo governo a imporre al paese le misure richieste dai creditori per continuare a prestare altri fondi e per far fronte al venir meno dei posti di lavoro e del valore aggiunto in passato garantiti dalle imprese che si trovano nei territori separatisti dell’est del Paese.
Un motivo di altro discredito è dato però dalla corruzione diffusa che, già alta nei tempi di Yanukovich è addirittura aumentata, tradendo così le aspettative di larghi strati della popolazione che la credeva legata solo al regime precedente. Molti ucraini si erano infatti illusi che, eliminato il precedente sistema e con il sostegno dell’Europa e degli USA, gli oligarchi sarebbero stati ridimensionati e l’illegalità sarebbe scomparsa. Purtroppo sia gli uni sia l’altra han trovato nelle nuove classi politica e funzionariale un terreno ancora più fertile.
Che conseguenze trarre da un’analisi del voto?
Innanzitutto si dove constatare che il potere degli oligarchi anche sulla politica non è per niente diminuito, anzi! Nelle città di Mariupol, Krasnoarmiisk e Svatovo la Commissione elettorale ha dovuto addirittura impedire il voto a causa del forte sospetto su schede false stampate proprio da uno dei famosi tycoon del luogo, tale Rinat Akhmetov, e per altre conflittualità non solo di natura politica. In secondo luogo non va dimenticato che nelle regioni zone di guerra e in Crimea le votazioni non hanno avuto luogo per ovvie ragioni e i risultati finali riguardano solo la parte di territorio sotto il controllo di Kiev. Ciò nonostante, anche dove le procedure di voto sono state regolari, la partecipazione media è stata inferiore al 47 per cento, confermando che il momento magico della partecipazione diffusa è già passato.
L’osservazione da farsi più importante (e preoccupante) riguarda però la distribuzione geografica dei consensi. I partiti di governo e quelli filo europei in generale hanno tenuto abbastanza nelle zone ovest e centrali del paese mentre i partiti di opposizione e soprattutto il filo russo Blocco dell’Opposizione hanno ottenuto risultati gratificanti nel sud e nell’est. Se ricordiamo che le regioni ufficialmente supposte filo-russe non sono state luogo di voto, dobbiamo concludere che anche nelle zone formalmente controllate dal Governo di Kiev, una buona parte della popolazione continua, probabilmente a guardare a Mosca più che a Bruxelles. Questo fatto dovrebbe far riflettere tutti coloro che avevano dato per scontato la quasi unanimità degli ucraini verso il cambiamento di alleanze perseguito dall’attuale governo. Ora attenderemo il risultato del ballottaggio nelle grandi città ma, qualunque siano gli esiti, la libera espressione degli elettori, sia con il voto sia con la forte astensione, ha dimostrato che le cose e il futuro dell’Ucraina non saranno così scontati come qualcuno ci aveva voluto far credere.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.