Ucraina. Referendum (farlocco) del Donbass: il 98% vuole l’annessione alla Russia

Zelensky, 'punto di non ritorno per il dialogo'.

di Guido Keller

Come ampiamente prevedibile, il referendum farlocco voluto da Vladimir Putin per l’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina meridionale, cioè Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, si sta traducendo con l’ampia vittoria del “sì”: mano mano che procedono le operazioni di scrutinio, risulta che il 98% dei votanti è per il passaggio alla Russia.
Si ripete quindi lo scenario della Crimea del 2014 con la differenza che c’è una guerra in corso, e con la dichiarazione dei quattro territori come parte integrante della Ferazione Russa il Cremlino si sentirà libero di occuparli e difenderli in quanto tale, anche con il ricorso al massiccio invio di militari e all’impiego di armi più pesanti e sofisticate.
Se tuttavia il voto appare poco serio, anche perché in molti sono scappati dalle zone di conflitto e comunque non sono state date garanzie sufficienti sulla correttezza delle operazioni referendarie, altresì va detto che specialmente Lugansk e Donetsk sono territori a maggioranza russofona, e dal 2014 i cosiddetti “filo russi” combattono contro i vari battaglioni di mercenari e di invasati, come il neonazista Battaglione Azov.
Il protocollo di Minsk-2, supervisionato dall’Osce e sottoscritto da Kiev e da Mosca nel 2015, prevedeva entro l’anno una riforma costituzionale in Ucraina che concedesse l’autonomia alle regioni del Donbass, ma non solo ciò non è avvenuto, bensì in barba al medesimo documento l’amministrazione di Volodymyr Zelensky ha provveduto a chiudere i giornali e le scuole in lingua russa, nonchè a proibire il russo nei pubblici uffici.
Certamente questo non basta a giustificare l’aggressione della Russia all’Ucraina, come pure a procedere con un referendum che infrange il principio di sovranità e di integrità territoriale di un paese, ma tant’è che la questione è uno dei punti messi dal Cremlino alla base dell'”operazione speciale”, insieme all’adesione dell’Ucraina alla Nato stabilità al vertice di Bucarest nel 2008. Una guerra annunciata quindi, e l’impressione è che a occidente non sia stato preventivato lo scenario di oggi.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto sapere di non riconoscere il referendum, ma soprattutto che “sarà un punto di non ritorno, dopo questo non potranno esserci negoziati”. Questo Putin in realtà lo sa, come sa pure che il dialogo con l’occidente è in crisi da ben prima del conflitto, e che ora la controffensiva del già provato esercito ucraino rischia di schiantarsi sul suo vero obiettivo: l’annessione del Donbass.